lunedì 30 marzo 2009

Bambini e politica

Incombono le elezioni a Firenze. Il favorito è Matteo Renzi, uscito vincitore dalle primarie del Pd. Sui muri dei palazzi i primi manifesti. Quelli di Renzi che vedo ogni mattina dall'autobus sono enormi. Soggetto: bambini. Quello che mi colpisce di più è quello di un bel bambino down con il cappellino della fiorentina. Renzi è stato scout. Immagino sia questo quello a cui devo pensare. E tifa Fiorentina! Invece penso: io i bambini non li avrei usati per i manifesti elettorali. Tantomeno down.

Poi penso anche ai grandi manifesti nella vetrina del negozio Guess in centro. Soggetto: bambini. Non sono però semplici fanciulli. Sono modelli. La posa è quella dei modelli. Le espressioni sono quelle dei modelli. Ammiccanti. Una bambina con gli occhi azzurri e il volto candido è una piccola Carol Alt. La posa, la foto, la luce, l'abbigliamento... non hanno nulla di innocente. Il richiamo è chiaramente erotico. Vuole esserlo.

No. Decisamente non dovrebbero usare i bambini, tantomeno in quel modo. Piuttosto mi domando se non si possa introdurre una nuova figura di reato: l'istigazione alla pedofilia. Esagero?

A scuola sono arrivato alla libertà di stampa. Gli ho fatto fare una ricerca su Peppino Impastato, Ilaria Alpi, Roberto Saviano e Anna Politkovskaja. Oggi sono tornato sui primi tre. Dopo aver analizzaro le loro storie, ho fatto rileggere ai ragazzi l'articolo 21 della Costituzione e gli ho chiesto: secondo voi c'è in Italia la libertà di stampa? Hanno detto tutti no. Li ho manipolati? Non credo. Ho fatto loro notare che il diritto è garantito dalla Costituzione e tuttavia la sua realizzazione è molto lontana dall'essere piena. La scorsa volta ho mostrato loro anche la classifica dei reporters sans frontieres che pone l'Italia al quarantesimo posto nel mondo, tra Panama ed El Salvador. La motivazione è esplicitamente il conflitto d'interessi del Premier italiano. Mi sono chiesto se potevo dirlo ai ragazzi senza correre il rischio di manipolarli politicamente. Per completezza dell'informazione non potevo tacerlo. Ho cercato però di esporre entrambe le posizioni: per qualcuno questo è un rischio per la democrazia, per altri (per giunta la maggioranza degli italiani) non è un problema, anzi è segno che il Premier è un uomo capace. Ognuno poi si faccia l'idea che vuole.

Certo non è facile avere che fare con i bambini. Ci vuole un attimo a sbagliare, anche se si parte con le migliori intenzioni. Immagino che Renzi le abbia, però...

La prossima volta parlerò di Anna Politkovskaja. Il punto è che ogni volta che ci penso c'è solo un'immagine che mi tormenta e mi avvilisce e non mi lascia in pace, questa:


Come faro? Aiuto!




sabato 28 marzo 2009

Barzelletta del giorno (da risatefacili.it)

Non resisto, la pubblico:

Un arzillo vecchiettino si presenta all`ingresso di Palazzo Chigi e chiede all`usciere di poter parlare personalmente col Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Gentilmente l`usciere gli risponde:
- Ma come signore, non lo sa? Berlusconi ha perso le elezioni, non è più alla Presidenza del Consiglio, dunque se vuole parlargli deve andare a cercarlo ad Arcore!
Il vecchietto allora se ne va. Il giorno seguente però il vecchietto si ripresenta all`ingresso di Palazzo Chigi chiedendo di parlare col Presidente Silvio Berlusconi. Sempre lo stesso usciere un po` stupito ancora una volta gli risponde:
- Guardi buon uomo che il signor Berlusconi ha perso le elezioni, non è più il Presidente del Consiglio, deve andare a cercarlo ad Arcore!
Il vecchietto torna a casa. La mattina seguente si verifica ancora la stessa scena all`ingresso di Palazzo Chigi, il vecchietto chiede:
- Devo vedere il presidente Berlusconi!
L`usciere, questa volta un po` spazientito risponde:
- Non l`ha ancora capito??? BERLUSCONI HA PERSO LE ELEZIONI!! NON E` PIU` IL PRESIDENTE! Non si trova più a Palazzo Chigi, ma a casa sua ad Arcore!!!
Allora il vecchietto risponde:
- Mi perdoni, sa, certo che l`ho capito, è solo che mi piace così tanto sentirlo dire...

venerdì 20 marzo 2009

giovedì 19 marzo 2009

Cin ciam po sempre

Come si chiama l'ultimo gradino del palazzo reale cinese?
Cianciamposempre

Da Santoro parlano di Prato e delle aziende cinesi...

...e io penso: ma di che parlano? Abbiamo già perso! Non se ne accorgono?

e penso alla via dove abito, e conto...uno, due, tre, quattro, cinque negozi cinesi, di cui tre supermercati (!), Crai, Issimo, e l'altro senza nome...in cento, che dico, cinquanta metri.

e penso al Trenta che prendo per andare a scuola...di quegli autobus lunghi con la fisarmonica al centro...e l'altra volta era pieno...e a un certo punto mi sono girato ed ero solo io italiano...e gli altri cinesi.

e penso alle mie alunne cinesi...a quella dell'anno scorso, che la mamma veniva a prenderla con la bmw serie sette...quanto costerà?...cerco su internet: tra settanta e cento milioni di euro...e il padre le aveva dato la paghetta: cento euro.

abbiamo già perso

e penso al mio zainetto che sta perdendo dei pezzettini di plastica che ogni volta che lo apro semino coriandolini neri e si è rotta la cerniera però ancora tiene...ma va bene, con quello che l'ho pagato!...tre euro...dai cinesi.

e penso...dove l'ho messo?...è un venerdì dell'anno scorso...eccolo qui, sepolto fra le scartoffie...il Venerdì di Repubblica del 4 aprile 2008, titolo: La Cina che ci conquista...Padova. Tutto il mondo delocalizza in Cina. Solo i cinesi riescono a farlo in Italia [...] Rilevando in un sol boccone imprese in difficoltà [...] nel mirino di Pechino è finita ora la Carrozzeria Bertone, nome storico dell'auto che, dopo varie sbandate, ha portato i documenti in tribunale. Tra i possibili salvatori, la Hong Kong Tai He International sarebbe l'unica impresa interessata al pacchetto completo: stabilimenti, impianti e soprattutto tra i 780 e i 1100 degli attuali 1300 dipendenti...La Haier elettrodomestici, cinese ha rilevato la Meneghetti, frigoriferi. [...] Il risultato, nei negozi a maggio, è un frigo che ha già vinto il Red Dot Award, un prestigioso premio per il design [...] Concepito in Cina, disegnato in Germania, ma assolutamente made in Italy...ecc ecc ecc segue articolo sulla Benelli, quella delle moto, comprata dai cinesi.

e penso...ma di che parlano da Santoro? Abbiamo già perso. Non se ne accorgono?!

sabato 7 marzo 2009

Una bella colata di cemento

Ho appena letto questa notizia:
http://www.corriere.it/economia/09_marzo_07/piano_berlusconi_edilizia_b9ae11d6-0ae3-11de-a3df-00144f02aabc.shtml

Non c'è da sorprendersi. Nulla di nuovo sotto il sole. Il problema è che non fa più scandalo che una carica pubblica, una delle più importanti del nostro Paese, sia usata a scopo privato: aumentare il fatturato delle proprie aziende. Non fa più scandalo perché è ormai passata l'atroce mistificazione che gli interessi privati del capo del governo sono anche gli interessi dell'economia nazionale.

Perché è potuta passare questa equazione aberrante? Perché la nostra società è ormai compiutamente individualista. Non esiste più il senso della comunità, del bene comune. Semplicemente non importa più a nessuno. Le giovani generazioni sono allevate con questa forma mentis: consumo, dunque sono.

Così si intitola l'ultimo saggio di Bauman che consiglio a tutti di leggere. Ho potuto leggerne solo degli estratti, ma mi ripropongo di comprarlo quanto prima. Mi è sembrata un'analisi disperata della nostra società, ma è la stessa disperazione che sento anch'io.

Prima stavo per scrivere "il nostro amato Paese". Ho tolto l'aggettivo "amato" perché mi sto sempre più disamorando dell'Italia. Ieri leggevo che in un anno sono aumentate del trenta per cento le richieste di andare a studiare nelle università inglesi. L'Italia è diventato un Paese da cui scappare. Se penso alla Sardegna, poi, mi avvilisco ancora di più: inceneritori, centrali nucleari, cemento a profusione ne faranno la cloaca del Mediterraneo. Già adesso non è più piacevole come un tempo trascorrerci le vacanze. Il turismo di massa ha portato soldi (non certo ai sardi ma agli imprenditori del nord, in primis Berlusconi, e alla mafia) e ha cancellato tutto il resto. Già adesso è più piacevole il soggiorno in Corsica. I sardi si sono venduti l'anima. I corsi (ancora) no. Meglio la Corsica, allora.

giovedì 5 marzo 2009

trentacinque volte io...('74-'09)



Per il trentacinquesimo non ci facciamo mancare niente!...



(youtube)

P.S.

Mr President è il mio soprannome, naturalmante

martedì 3 marzo 2009

The Millionaire - recensione

Ho scritto la recensione del film The Millionaire. Prima di pubblicarla sento la necessità di una premessa. Come spesso mi succede, ho travalicato la cifra stilistica della recensione pura e semplice e ho sconfinato nel mini-saggetto critico. La tesi che ho sostenuto in questo caso è volutamente un po' provocatoria e nella mia fantasia dovrebbe suscitare un dibattito, tipo quello scatenato da Baricco su Repubblica. Ovviamente pecco di immodestia, ma è meglio sognare in grande, no?
Ho fatto leggere la recensione alla mia prof., forse perché parlando di letteratura avevo bisogno del suo conforto. Temevo di aver detto inesattezze. Per fortuna il conforto è arrivato. L'ha giudicata "intelligente e colta". Se lo dice lei! Quindi ora la pubblico con più tranquillità. La prof. mi ha però messo in guardia dai paragoni, sostenendo che la nostra gioventù, nella fattispecie, rimane molto più fortunata di quella indiana. Ha ragione. Io però non volevo fare questo tipo di paragone. Il centro del mio discorso, e della mia polemica, è che l'omologazione televisiva ha ormai raggiunto i luoghi più remoti del pianeta e il suo modello culturale (?!) del successo facile rischia di condizionare anche i più poveri, che potrebbero non cercare più il riscatto reale nella rivendicazione dei diritti loro negati, ma il riscatto virtuale ed effimero del successo televisivo.

Detto questo, ecco la recensione:

LA MISE EN ABYME IN THE MILLIONAIRE

L’ottantunesima edizione degli Academy Awards ha visto come trionfatore il film The Millionaire del regista inglese Danny Boyle (diventato famoso nel 1996 per il discusso film Trainspotting), vincitore di ben otto statuette, fra cui le più importanti, quelle come miglior film e miglior regia.

La storia è ambientata in India, nella baraccopoli di Mumbai e nello studio televisivo di Who Wants to Be a Millionaire?, trasmesso anche in Italia col titolo tradotto in Chi vuol essere milionario? Ha per protagonista Jamal Malik, un ragazzo molto giovane che, cresciuto in mezzo alla strada, partecipa al programma e riesce a vincere venti milioni di rupie (circa 420 mila dollari). Cifra record che desta sospetti sulla regolarità delle sue risposte. Interrogato, e prim’ancora torturato, dalla polizia, Jamal dovrà giustificare ogni risposta, finendo così per raccontare la sua infanzia difficile, fra miseria e dolore, condivisa con gli altri bambini e ragazzi della baraccopoli. In particolare, con Latika, la ragazza di cui Jamal è innamorato e Salim, il fratello maggiore.

Il racconto di Jamal ci descrive un mondo di bambini diversi dai nostri figli, nipotini, fratellini… Bambini, i nostri, cresciuti spesso con quella che Giovanni Paolo II definì la “bambinaia elettronica”, e Popper la cattiva maestra televisione. I bambini della baraccopoli di Mumbai sono allevati ed educati da un’altra bambinaia, la maestra cattiva che è la vita quando si accompagna alla miseria. Cattiveria virtuale da una parte, cattiveria reale dall’altra. Violenza virtuale, violenza reale. C’è differenza?

L’effetto dell’esposizione mediatica a immagini violente è stato oggetto di molti studi. La bibliografia a riguardo negli ultimi vent’anni è sterminata. Premesso che un nesso causa-effetto non è provato scientificamente, proprio la scienza, dopo la scoperta dei neuroni specchio, consente verosimilmente di dare una risposta poco rassicurante. La realtà virtuale, infatti, si “specchia” nella mente. I suoi effetti sono dunque concreti. L’atto del vedere si riflette in azione nel nostro cervello.

Alla luce di questa recente acquisizione delle neuroscienze, il confine tra vita reale e vita virtuale si è molto assottigliato, e il monito di Popper (ma anche di John Condry, che definiva la tv “ladra di tempo, serva infedele”) ritorna di attualità.

L’arte ha sempre giocato sull’equilibrio realtà-finzione, fino a rendere questo gioco esplicito in quella che è stata definita da Andrè Gide mise en abyme. Letteralmente “collocazione nell’abisso”, ovvero nell’infinito interscambio fra vita vissuta e vita raccontata. Una moltiplicazione dei piani della realtà (o livelli, nella terminologia usata da Calvino nel celebre saggio del ’78) ben nota e presente nella storia dell’arte: si pensi, in pittura, al Ritratto degli Arnolfini di Van Eyck del 1434 o al celeberrimo Las Meninas di Velazquez del 1656, fino alle opere grafiche di Escher; in letteratura, a I Falsari di Andrè Gide del 1925, o, guardando all’Italia, al Calvino di Se una notte d’inverno un viaggiatore, del 1979, o al Tabucchi di Sogni di sogni del 1992; nel cinema, infine, si possono citare molti esempi, dalla Nouvelle Vague ad Antonioni, a Woody Allen… In tutti questi casi, e nelle migliaia di altri che si potrebbero citare, la mise en abyme produce di solito un effetto di straniamento. Il lettore o lo spettatore non capisce più dove finisce la realtà e dove comincia la finzione. La sua sospensione dell’incredulità è continuamente interrotta, fino al disorientamento. L’esempio più facilmente comprensibile, sebbene coglie l’aspetto più parossistico e triviale della confusione dei livelli di realtà, è quello dei moderni reality: quella del Grande Fratello è vita vera o virtuale?

In The Millionaire la mise en abyme è totale. Si può dire che è l’aspetto centrale, la chiave di lettura del film. I livelli della realtà sono moltiplicati e mescolati continuamente, al punto da confondersi. Se ne possono individuare almeno tre, semplicemente considerando il protagonista, Jamal: bambino dello slum di Mumbai, personaggio televisivo, personaggio cinematografico. A questi tre livelli se n’è curiosamente aggiunto un altro in questi giorni. La cronaca dei quotidiani di tutto il mondo ha riportato la notizia del piccolo attore che ha interpretato Jamal bambino, Azharuddin Mohammed, picchiato in pubblico dal padre al rientro dalla cerimonia di premiazione degli Oscar.

Se, come ha insegnato McLuhan, il medium è il messaggio, allora il messaggio di The Millionaire è proprio quello di una mise en abyme che da artificio retorico dell’opera d’arte è divenuta l’essere della realtà odierna. L’ontologia del reale. Se prima era un gioco di scatole cinesi, ora non è più un gioco: la mise en abyme è la realtà. Ancora con McLuhan potremmo dire che il Villaggio globale è ormai compiutamente il mondo in cui viviamo.

L’interscambio realtà-finzione in The Millionaire è realizzato con le tecniche che il cinema moderno conosce da tempo: l’esplicitazione delle tracce della ripresa cinematografica e il risalto delle forme commentative accanto a quelle narrative (o, addirittura, il loro prevalere). In questo caso, soprattutto il montaggio di Chris Dickens, che alterna il racconto della puntata di Chi vuol essere milionario? con i flashback della vita di Jamal. Non a caso Chris Dickens ha vinto una delle otto statuette.

La novità della mise en abyme di The Millionaire non sta allora tanto nella forma usata per realizzarla ed esplicitarla. Non sta neanche nel contenuto, nell’intreccio. La novità sta nel fatto che questa mescolanza dei diversi livelli di realtà non produce un effetto di straniamento, bensì, semmai, di riconoscimento.

Popper sosteneva che i cittadini di una società civilizzata non sono il risultato del caso ma il frutto di un processo educativo, e paventava una nefasta influenza in tal senso della cattiva maestra televisione. Quindici anni dopo possiamo dire che aveva ragione. Quindici anni di bombardamento mediatico-pubblicitario hanno reso in noi l’idea di una vita che si riscatta e si realizza nel successo televisivo, nella vincita di una grande somma di denaro (una tantum e senza la fatica del lavoro), nel consumo individuale, un’idea del tutto familiare. Una familiarità inquietante: l’ultima declinazione del perturbante di Freud. La mise en abyme che è il reale ormai completamente estetizzato. Fama = soldi = successo in amore = felicità sono equazioni ben presenti ai nostri neuroni specchio, soprattutto a quelli dei bambini. E il fenomeno ha la portata mondiale del format televisivo venduto in tutto il mondo.

«Guardate un giorno qualunque le situation-comedies americane, che poi vanno in tutto il mondo, o la pubblicità! Guardate l’immagine della vita di una città ricca degli Stati Uniti che esse trasmettono, e pensate che effetto possono fare nelle più remote campagne indiane!» Così Giancarlo Bosetti parlando di Brzezinski nell’introduzione a Cattiva maestra televisione. The Millionaire racconta l’effetto che hanno fatto.





P. S. Nel frattempo mi è giunto il giudizio lusinghiero di Sandro della cineteca di Bologna. Lo ringrazio e mi sento gratificato del suo parere di esperto. Giustamente mi fa notare che l'argomento avrebbe richiesto una trattazione più ampia e uno sviluppo maggiore. Sono d'accordo con lui, infatti l'idea iniziale era quella di un saggio di una decina di pagine, almeno. Ma ho dovuto tenere conto del giornale in cui pubblico, che non è certo una rivista specializzata, e dei lettori a cui mi rivolgo. Entrambi, immagino, lo troveranno invece troppo lungo e noioso...