mercoledì 1 dicembre 2010

La speranza



Non dirò dei film, non dello sguardo acuto sui vizi atavici dell'italiano.
La verità è che sono rimasto turbato dal suo suicidio, come già mi colpì quello di Lucentini.

Non riesco a non pensare alle sue parole sulla speranza. Parole che acquistano una nuova forza dopo il suicidio.

In particolare, quando dice che la speranza è un inganno della Chiesa per tenere buoni i fedeli mi viene in mente Bonhoeffer, il suo concetto di cristianesimo adulto (etsi Deus non daretur) dal quale deriva la sua interpretazione della redenzione, ovvero della speranza cristiana.

Nella lettera a Eberhard Bedhge del 27 giugno 1944, Bonhoeffer scriveva:

«[...] qui [nell'AT] si tratta di una redenzione storica, cioè al di qua del limite della morte, mentre in tutti gli altri casi i miti della redenzione hanno precisamente come obiettivo il superamento del limite della morte. Israele viene redento dall'Egitto perché possa vivere davanti a Dio, sulla terra, come popolo di Dio. I miti della redenzione cercano astoricamente un'eternità posteriore alla morte. [...]
[...] si dice che decisivo nel cristianesimo è il fatto che sia stata annunciata la speranza della risurrezione, e che dunque così è nata un'autentica religione della redenzione. Il baricentro cade allora in ciò che è al di là rispetto al limite della morte. E proprio qui io vedo l'errore e il pericolo. Redenzione significa allora redenzione dalle preoccupazioni, dalle pene, dalle paure e dalle nostalgie, dal peccato e dalla morte, in un aldilà migliore. Ma sarebbe questo il punto essenziale dell'annuncio di Cristo contenuto nei Vangeli e in Paolo? Lo nego. La speranza cristiana della resurrezione si distingue da quelle mitologiche per il fatto che essa rinvia gli uomini alla loro vita sulla terra in modo del tutto nuovo e ancora più forte che nell'Antico Testamento. Il cristiano non ha sempre un'ultima via di fuga dai compiti e dalle difficoltà terrene nell'eterno, come chi crede nei miti della redenzione, ma deve assaporare fino in fondo la vita terrena come ha fatto Cristo («Mio Dio, perché mi hai abbandonato?») e solo così facendo il crocifisso e risorto è con lui ed egli è crocifisso e risorto con Cristo. L'aldiquà non deve essere soppresso prematuramente. In questo, Nuovo e Antico Testamento restano concordi. I miti della redenzione nascono dalle esperienze umane del limite. Cristo invece afferra l'uomo al centro della sua vita.»

C'è un dubbio che mi sorge, accostando le parole di Bonhoeffer a quelle di Monicelli: se Monicelli le avesse conosciute, queste parole, se la Chiesa fosse stata in grado di spiegargli in modo così profondo il significato della speranza cristiana, se avesse avuto modo, da intellettuale quale era, di meditarle...si sarebbe ucciso lo stesso?