Comincia con l’occhio di Dio, che
dall’alto dei cieli vede tutto, domina la città in tutta la sua interezza, ma
può mettere a fuoco chiunque, anche il singolo individuo o la coppia di sposi
che, con un improbabile cocchio trainato da cavalli bianchi muniti di pennacchio,
viaggia sicura verso il primo dei tanti non-luoghi che affollano la nostra
vita: un mega-residence per ricevimenti nuziali. Il punto, però, è che
quell’occhio non è di Dio, è di Enzo, ex concorrente del Grande Fratello, che
arriva con l’elicottero a dare la sua benedizione e il suo unico comandamento: Never give up! Non mollare mai. Insegui
il tuo sogno finché si realizza.
Ha scritto bene Alberto Crespi su
“L’Unità”: dal nuovo film di Matteo Garrone, Reality, «emerge il ritratto di un’Italia post pasoliniana in cui
la tv ha sostituito la fede e la speranza». Già, proprio quell’Italia che
Pasolini aveva profetizzato nell’intervista resa a Enzo Biagi: « - Lei non ha
più speranze? - No. … non ho più quelle speranze che sono alibi. - Ma questa società che lei non ama infondo le
ha dato tutto: le ha dato il successo. - Il successo non è niente, è l’altra
faccia della persecuzione. […] il successo è una cosa brutta per un uomo: può
esaltare al primo momento ma in realtà
poi si capisce che è una cosa brutta.» E la spiegazione di questo giudizio
tranciante veniva immediata, con parole tanto più forti perché pronunciate in
tv: «[…] perché la televisione è un medium di massa e perciò non può che
mercificarci e alienarci.»
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrDw_ovLLqkThqOwheFKeqAH8Rzbiuzx76z60UxmWF-R_I600ncHq8LaYPhNJCf0Geq6mGGRSmFnaG-QHcD0E5IAARG3VDmiNKt8sWhPCgaHJqLrLjxt9uw9OmnpOd2nSrqLCm9a6ekM8/s200/reality+foto-di-scena-garrone-e-cast-reality_03_h_partb.jpg)
Sempre nella celebre intervista
di Biagi, Pasolini sosteneva che «[…] è il medium di massa in sé: nel momento
in cui qualcuno ci ascolta nel video ha verso di noi un rapporto da inferiore a
superiore, che è un rapporto spaventosamente antidemocratico.» Ecco: è questo.
Diventare superiori. Anche solo per un momento. Passare il Rubicone:
dall’inferiorità all’occhio di Dio. L’occhio del Grande Fratello. Questo è
quello che attira il povero Luciano Ciotola. È qualcosa di più che una
questione di soldi: è la bellezza di Lucifero che vola ad ali spiegate sopra la
folla adorante, come fa Enzo sospeso in aria nell’inferno di una discoteca. Non
più guardare, ma essere guardati. Non più ascoltare, ma essere ascoltati.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8rayGEqMc1Wfe3d7DyC7Oy9dSDyoKp-zGi9nlMdJS9QNVCBzTjdqNh-feFdIRUqyncZrNKdDGplHcptXxqAt55-MXsPDh1-bExqfB4BZJecv9wSFcOPUaeOkK4RWjMr8c-KP9HPzhDYE/s320/reality_aniello_arena-53369603.jpg)
Dopo l’iperrealismo di Gomorra, Matteo Garrone ci regala un
altro bel film, rappresentando l’incubo opposto: il reality, che da format
televisivo diventa condizione effimera dell’esistenza, nella società alienata e mercificata che Pasolini aveva
preconizzato quarant’anni fa. Per fortuna, in mezzo ci sta ancora, ma chissà
per quanto, la realtà di Aniello
Arena, il bravissimo attore protagonista, che quando si spegne la macchina da
presa, si leva la maschera e torna nella sua cella a scontare l’ergastolo.