Un po' di James per il lungo weekend agli amici del blog...
sabato 31 maggio 2008
venerdì 30 maggio 2008
Ti leggo nel pensiero
Sono andato al cinema a vedere Indiana Jones e il Regno del Teschio di cristallo. Dico subito che il film non mi è piaciuto. Tutto già visto. Ho l'impressione che il personaggio sia ormai alla fine della sua parabola cinematografica e abbia già detto tutto. In realtà di cose nuove da dire ce n'erano, la leggenda dei teschi di cristallo è affascinante e perfetta per Indiana Jones. Sto leggendo il libro a cui il film si è ispirato: Il mistero del Teschi di cristallo, di Chris Morton e Ceri Louise Thomas, edito da Bur. In breve, nella tradizione maya, questi teschi custodirebbro informazioni sull'origine dell'uomo, sul suo destino ecc. C'è un capitolo interessante in cui si racconta l'analisi scientifica compiuta dai laboratori della Hewlett-Packard su uno di questi teschi, rinvenuto (pare) in degli cavi archeologici degli anni venti. Un unico pezzo di cristallo assolutamente naturale e privo di segni di lavorazione con strumenti moderni. Secondo gli esperti, senza trapani con punte di diamante la fattura del teschio avrebbe richiesto almeno 150 anni! Ora, che questa storia puzzi di fregatura, tipo le teste di Modigliani trovate a Livorno anni fa, mi pare evidente. La cosa interessante però è che, come scritto nel libro, la lavorazione dei cristalli è alla base della odierna tecnologia dei computer. Effettivamente il cristallo ha la capacità di immagazzinare informazioni e per questo viene usato nei chip dei computer. Perciò quando alcuni pseudo esperti consultati dagli autori del libro affermano che quei pezzi di cristallo naturale che sono i teschi possono teoricamente recepire onde magnetiche del nostro cervello e immagazzinarle, e semmai si tratta di capire come decodificarle ed "estrarle", da un lato mi sembrano elucubrazioni farneticanti, dall'altro mi affascinano. Sembra tutta fantascienza, ma non lo sembra anche, notizia di ieri, la scimmia che col pensiero guida un braccio bionico? O il computer che "legge" il pensiero (notizia di oggi:http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/scienza_e_tecnologia/cervello-artificiale/leggere-pensieri/leggere-pensieri.html; http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Un_computer_che_sa_che_cosa_pensi/1330947)?
(chissà cosa ne pensa il primatologo di famiglia...)
Insomma, la comunicazione senza parole non è poi una cosa così astrusa. Non siamo nella civiltà dell'immagine? L'arte del Novecento non ha rinunciato alla figurazione per l'astrattismo? Non ha messo in opera il pensiero o i meccanismi del pensiero? Domenica scorsa ho visto la mostra di Mirò a Ferrara. Di lui Argan ha scritto che la motivazione della sua pittura «non è una causa a cui corrisponde logicamente un effetto, è un impulso che si trasmette e perdura nel gesto che forma l'immagine. [...] come una corrente elettrica che rende incandescente il circuito che percorre.» Una pittura sinaptica, mi verrebbe da dire. Come lo è, credo, tutta l'arte informale (ma chi è esperto mi corregga pure se sbaglio). Si pensi, per esempio, ai dripping di Pollock: non sono la rappresentazione del pensiero in azione?
Tornando a bomba e concludendo: in principio era il Verbo, e lo è stato anche dopo, con la Buona Novella. Ma dopo la Pentecoste, quel racconto in Terza Persona è ancora fatto di parole o non è forse vero che agisce più in profondità, alle origini della Parola? Prima ancora della coscienza?
giovedì 29 maggio 2008
SORPRESA!!!
martedì 27 maggio 2008
Il testamento del cardinale
sabato 24 maggio 2008
Rileggendo Luzi...
Copia da Ronsard
Per la morte di Maria
Come quando di maggio sopra il ramo la rosa
nella sua bella età, nel suo primo splendore
ingelosisce i cieli del suo vivo colore
se l'alba nei suoi pianti con l'oriente la sposa,
nei suoi petali grazia ed Amor si riposa
cospargendo i giardini e gli alberi d'odore;
ma affranta dalla pioggia o da eccessivo ardore
languendo si ripiega, foglia a foglia corrosa.
Così nella tua prima giovanile freschezza,
terra e cielo esultando di quella tua bellezza,
la Parca ti recise, cenere ti depose.
Fa' che queste mie lacrime, questo pianto ti onori,
questo vaso di latte, questa cesta di fiori;
e il tuo corpo non sia, vivo o morto, che rose.
P.S. Luzi la scrisse a ventun anni...
giovedì 22 maggio 2008
mercoledì 21 maggio 2008
uffa!
3 cosette random
1) Leggo su Repubblica di ieri la buona accoglienza a Cannes del film di Garrone, Gomorra. Sono contento. Mi stupisce però che i giornalisti americani lo abbiano definito angosciante e spaventoso, il ritratto di un'Italia che fa paura. La corrispondente dell'Hollywood Reporter ha detto che non sa se il pubblico americano riuscirà a sopportare l'angoscia. Guarda un po' come cambia la percezione delle cose a seconda della latitudine! Sarò campanilista, ma si vede che gli americani non si angosciano per quelle due o tre stragette che ogni tanto un ragazzino strafatto compie armi in pugno nel proprio liceo o nei campus universitari. A me sembrava che la società violenta fosse la loro!
2) Ho visto in libreria il nuovo libro di Brizzi, quello di Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Nella quarta di copertina ho letto: cosa sarebbe successo in Italia se avesse vinto il Fascismo. Nel 2004 è uscito per Einaudi Il complotto contro l'America, in cui s'immagina cosa sarebbe successo se negli Stati Uniti avesse vinto le elezioni l'isolazionista Lindbergh, pronto ad allearsi con Hitler. Ora, va bene che Philip Roth è probabilmente il più grande scrittore vivente, ma perché i nostri giovani autori non trovano una soluzione più originale che quella di copiarlo? Già il libro di Piperno, Con le peggiori intenzioni (titolo emblematico), dopo due righe faceva capire i pesanti prestiti dalla prosa del più illustre collega americano. Ragazzi, un po' di originalità! Fra l'altro, c'erano almeno tre libri che avrei comprato subito: quello di Guccini, Icaro; quello di Don De Lillo sull'11 settembre; e un altro che non mi ricordo neanche più...poi ho fatto il calcolo: 7 euro e cinquanta + 17 euro e cinquanta + 22 euro e passa...quanto fa? Boh...ho guardato nel portafoglio, avevo 10 euro. Non ho comprato niente. Poi dice che gli italiani non leggono...!
3) A scuola è tempo di bilanci. L'altro giorno, colloquio generale. Io dietro il banchetto e 20-30 genitori che mi venivano a parlare, uno dietro l'altro, senza soluzione di continuità. Mi sentivo come Francesco Nuti in Caruso Paskoski, non so se avete presente la scena in cui fa lo psicanalista... La più bella è stata quando a un genitore ho detto che il figlio sarebbe bravo ma non studia niente e lui, mentre parlavo, mi guardava fisso con gli occhi azzurri a palla, fuori dalle orbite, e mi diceva: E l'è l'anno! All'inizio non capivo e continuavo a dire che il figlio sembrava svogliato, quasi non gli importasse niente di quello che si faceva in classe. E lui continuava: L'è l'anno, l'è l'anno... Alla fine mi sono interrotto, interdetto. Allora il genitore in questione sviluppava il suo pensiero: L'è l'anno: il '94. Sono tutti così quelli di quella leva, il '94! Tutti svogliati, che sembra che non gliene importi nulla! Io sce n'ho un altro, del Dumila, ma è già diverso. Quelli del '94 non fanno nulla...eh, nun sc'è verso!
martedì 20 maggio 2008
Francesco de Gregori Santa Lucia
Almeno i video da youtube li mette. Meno male. Il resto boh. Vado a mangiare che è meglio...
boh, non fa
il pupo
CHE PALLE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
sabato 17 maggio 2008
GOMORRA
Ma perché i “versetti satanici” del giornalista napoletano hanno scatenato le ire dei clan camorristici? Gomorra non è stato il primo né sarà l’ultimo libro scritto sull’argomento. Il fatto è che Gomorra è un libro scomodo perché costringe tutti ad aprire gl’occhi sulla realtà. Saviano non ha scritto un “romanzo criminale”. Ha scritto anche un “romanzo criminale”. In realtà ha parlato soprattutto di economia. Dell’economia del nostro Paese, che, in un contesto di globalizzazione, è l’economia del mondo intero: “[…] il pensiero dei boss coincide col più spinto neoliberismo. Le regole dettate, le regole imposte, sono quelle degli affari, del profitto, della vittoria su ogni concorrente. Il resto vale zero. Il resto non esiste.”; “A Secondigliano molti cronisti credono di trovare il ghetto d’Europa, la miseria assoluta. Se riuscissero a non scappare, si accorgerebbero di avere dinanzi i pilastri dell’economia, la miniera nascosta, le tenebre da dove trova energia il cuore pulsante del mercato.”; “la vera icona del neoliberismo è il kalashnikov”; “Imprenditori. Così si definiscono i camorristi del casertano: null’altro che imprenditori.”; “Queste ditte riescono a proporsi in modo profondamente concorrenziale. Hanno vere e proprie colonie criminali in Emilia, Toscana, Umbria e Veneto, dove certificazioni e controlli antimafia sono più blandi e permettono il trasferimento di interi rami d’azienda.”. E cosi via…
Ecco, sono questi i “versetti” dannati. Sono questi i versetti scomodi. E non solo per i boss. Sono scomodi per tutti, perché dopo che sono stati scritti, dopo che sono stati letti, nessuno può chiamarsi fuori. Nessuno può dire: “Io non sapevo”, “Io non credevo”, “Io non avevo capito”. Parafrasando De Andrè, anche se noi ci crediamo assolti siamo per sempre coinvolti. Siamo coinvolti perché ora sappiamo che la camorra non è la spazzatura di Napoli, ma la spazzatura del nostro Paese. La spazzatura del nostro Paese nel mondo. Racconta Saviano che i principali boss dei casalesi sono titolari di imprese “legali” in tutto il mondo: villaggi turistici, alberghi, ristoranti in Spagna, in Scozia, in Germania, in Polonia; catene di negozi, con filiali persino a Taiwan o in Cina; hanno avuto il monopolio dell’edilizia non in Campania, ma nel modenese e nell’aretino; erano i principali referenti in Campania della Cirio di Cragnotti e della Parmalat di Tanzi…
È un cancro che ha messo in circolo le sue metastasi. Dopo Gomorra, nessuno può più pensare che la spazzatura è un problema dei napoletani, perché ora sappiamo che quella spazzatura è prodotta dalle imprese del Veneto e in generale del Nord Italia, che chiudono non uno ma due occhi sul fatto che la ditta che si occupa dello smaltimento può fare prezzi fuori mercato. Chiudono gl’occhi gli imprenditori e chiudono gl’occhi i politici. Dopo Gomorra, non si può più fare finta che i morti sul lavoro siano “incidenti”: “Di lavoro si muore. In continuazione. La velocità di costruzioni, la necessità di risparmiare su ogni tipo di sicurezza e su ogni rispetto d’orario. Turni disumani nove-dodici ore al giorno compreso sabato e domenica. Cento euro a settimana la paga con lo straordinario notturno e domenicale di cinquanta euro ogni dieci ore. I più giovani se ne fanno anche quindici. Magari tirando coca. Quando si muore nei cantieri, si avvia un meccanismo collaudato. Il corpo senza vita viene portato via e viene simulato un incidente stradale. Lo mettono in un’auto che poi fanno cadere in scarpate o dirupi, non dimenticando d’incendiarla prima. La somma che l’assicurazione pagherà verrà girata alla famiglia come liquidazione.”
Il film di Garrone mette in scena questo orrore. Il film, presentato in questi giorni a Cannes, è un bel film e, fra tanti attori non professionisti, reclutati in loco, c’è l’ottimo Toni Servillo nel ruolo del mediatore dei clan presso le imprese del Nord, proprio nell’ambito dello smaltimento dei rifiuti. Una sorta di “solutore”, come il personaggio interpretato da Harvey Keitel in Pulp fiction. Mereghetti ha definito il film un capolavoro. Forse lo è. Ma l’appunto che gli si può fare è che non rende l’aspetto più importante del libro, cioè quello non provinciale ma internazionale dell’economia camorristica. I dialoghi in dialetto napoletano, sottotitolati, l’ambientazione nei quartieri poveri della città, fanno pensare al Bronx, cioè a una realtà di emarginazione limitata a un quartiere, a una realtà locale. Fanno pensare che Napule è 'na carta sporca e nisciuno se ne importa. Il libro di Saviano fa invece pensare che la “carta sporca” è l’economia del nostro Paese e che per lavarla non serve la semplice repressione. Non serve mandare l’esercito in Campania. La camorra non la sconfigge l’esercito ma il Parlamento. Serve un nuovo patto fra tutte le forze politiche, sullo spirito dell’Assemblea Costituente che sessant’anni fa ha scritto che “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”, che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, con lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, che “L’iniziativa economica privata è libera” ma che “Non può svolgersi in contrasto con l’unità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Il miglior regalo di compleanno per la nostra Costituzione sarebbe quello di ritrovare lo spirito unitario dei nostri padri costituenti, che prima hanno partecipato alla Resistenza e poi hanno scritto i principi e le regole del nostro vivere civile, perché anche oggi l’Italia ha bisogno di resistere e di essere liberata.
...anzi no, sto con Travaglio
giovedì 15 maggio 2008
Annuntio vobis gaudium magnum!!...o quasi
mercoledì 14 maggio 2008
Una casa per l'uomo
Grazie, e beati voi che avete un reddito da poter destinare...!!
martedì 13 maggio 2008
Io sto con D'Avanzo...
La lezione del caso Schifani
di GIUSEPPE D'AVANZO
E' utile ragionare sul "caso Schifani". E - ancora una volta - sul giornalismo d'informazione, sulle "agenzie del risentimento", sull'antipolitica. Marco Travaglio sostiene, per dirne una, che fin "dagli anni Novanta, Renato Schifani ha intrattenuto rapporti con Nino Mandalà il futuro boss di Villabate" e protesta: "I fascistelli di destra, di sinistra e di centro che mi attaccano, ancora non hanno detto che cosa c'era di falso in quello che ho detto". Gli appare sufficiente quel rapporto lontano nel tempo - non si sa quanto consapevole (il legame tra i due risale al 1979; soltanto nel 1998, più o meno venti anni dopo, quel Mandalà viene accusato di mafia) - per persuadere un ascoltatore innocente che il presidente del Senato sia in odore di mafia. Che il nostro Paese, anche nelle sue istituzioni più prestigiose, sia destinato a essere governato (sia governato) da uomini collusi con Cosa Nostra. Se si ricordano queste circostanze (emergono da atti giudiziari) è per dimostrare quanto possono essere sfuggenti e sdrucciolevoli "i fatti" quando sono proposti a un lettore inconsapevole senza contesto, senza approfondimento e un autonomo lavoro di ricerca. E' un metodo di lavoro che soltanto abusivamente si definisce "giornalismo d'informazione". Le lontane "amicizie pericolose" di Schifani furono raccontate per la prima volta, e ripetutamente, da Repubblica nel 2002 (da Enrico Bellavia). In quell'anno furono riprese dall'Espresso (da Franco Giustolisi e Marco Lillo). Nel 2004 le si potevano leggere in Voglia di mafia (di Enrico Bellavia e Salvo Palazzolo, Carocci). Tre anni dopo in I complici (di Lirio Abbate e Peter Gomez, Fazi). Se dei legami dubbi di Schifani non si è più parlato non è per ottusità, opportunismo o codardia né, come dice spensieratamente Travaglio a un sempre sorridente Fabio Fazio, perché l'agenda delle notizie è dettata dalla politica ai giornali (a tutti i giornali?).
Non se n'è più parlato perché un lavoro di ricerca indipendente non ha offerto alcun - ulteriore e decisivo - elemento di verità. Siamo fermi al punto di partenza. Quasi trent'anni fa Schifani è stato in società con un tipo che, nel 1994, fonda un circolo di Forza Italia a Villabate e, quattro anni dopo, viene processato come mafioso. I filosofi (Bernard Williams, ad esempio) spiegano che la verità offre due differenti virtù: la sincerità e la precisione. La sincerità implica semplicemente che le persone dicano ciò che credono sia vero. Vale a dire, ciò che credono. La precisione implica cura, affidabilità, ricerca nello scovare la verità, nel credere a essa. Il "giornalismo dei fatti" ha un metodo condiviso per acquisire la verità possibile. Contesti, nessi rigorosi, fonti plurime e verificate e anche così, più che la verità, spesso, si riesce a capire soltanto dov'è la menzogna e, quando va bene, si può ripetere con Camus: "Non abbiamo mentito" (lo ha ricordato recentemente Claudio Magris). Si può allora dire che Travaglio è sincero con quel che dice e insincero con chi lo ascolta. Dice quel che crede e bluffa sulla completezza dei "fatti" che dovrebbero sostenere le sue convinzioni. Non è giornalismo d'informazione, come si autocertifica. E', nella peggiore tradizione italiana, giornalismo d'opinione che mai si dichiara correttamente tale al lettore/ascoltatore. Nella radicalità dei conflitti politici, questo tipo di scaltra informazione veste i panni dell'asettico, neutrale watchdog - di "cane da guardia" dei poteri ("Io racconto solo fatti") - per nascondere, senza mai svelarla al lettore, la sua partigianeria anche quando consapevolmente presenta come "fatti" ciò che "fatti", nella loro ambiguità, non possono ragionevolmente essere considerati (a meno di non considerare "fatti" quel che potrebbero accusare più di d'un malcapitato). L'operazione è ancora più insidiosa quando si eleva a routine. Diventata abitudine e criterio, avvelena costantemente il metabolismo sociale nutrendolo con un risentimento che frantuma ogni legame pubblico e civismo come se non ci fosse più alcuna possibilità di tenere insieme interessi, destini, futuro ("Se anche la seconda carica dello Stato è oggi un mafioso..."). E' un metodo di lavoro che non informa il lettore, lo manipola, lo confonde. E' un sistema che indebolisce le istituzioni. Che attribuisce abitualmente all'avversario di turno (sono a destra come a sinistra, li si sceglie a mano libera) un'abusiva occupazione del potere e un'opacità morale. Che propone ai suoi innocenti ascoltatori di condividere impotenza, frustrazione, rancore. Lascia le cose come stanno perché non rimuove alcun problema e pregiudica ogni soluzione. Queste "agenzie del risentimento" lavorano a un cattivo giornalismo. Ne fanno una malattia della democrazia e non una risorsa. Si fanno pratica scandalistica e proficuamente commerciale alle spalle di una energica aspettativa sociale che chiede ai poteri di recuperare in élite integrity, in competenza, in decisione. Trasformano in qualunquismo antipolitico una sana, urgente, necessaria critica alla classe politico-istituzionale. Nel "caso Schifani" non si può stare dalla parte di nessuno degli antagonisti. Non con Travaglio che confonde le carte ed è insincero con i tanti che, in buona fede, gli concedono fiducia. Non con Schifani che, dalle inchieste del 2002, ha sempre preferito tacere sul quel suo passato sconsiderato. Non con chi - nell'opposizione - ha espresso al presidente del Senato solidarietà a scatola chiusa. Non con la Rai, incapace di definire e di far rispettare un metodo di lavoro che, nel rispetto dei doveri del servizio pubblico, incroci libertà e responsabilità. In questa storia, si può stare soltanto con i lettori/spettatori che meritano, a fronte delle miopie, opacità, errori, inadeguatezze della classe politica, un'informazione almeno esplicita nel metodo e trasparente nelle intenzioni. (13 maggio 2008)
domenica 11 maggio 2008
sabato 10 maggio 2008
Nostalgia, nostalgia canaglia...
Elci solenni, erboso limitare
Di eremi deserti, un vol d'astore
Nel mezzogiorno, palpiti di mare,
Una preghiera, un canto di pastore.
E giù Nuoro, soave e maledetta,
Cuor di Sardegna: e intorno, nell'aperto
Fulgore del mattino, il vasto serto
Dei monti, arsi di sole e di vendetta.
Ora che il tuo puro orgoglio,
Fiore di cardo, è spento,
qualcuno dirà: «Non lei
ha colpa della terra
seminata a vento!»
E ancora:
«Doveva accadere...!»
Ora che la notte, Fiore di cardo,
ha aperto la porta al destino,
«Non mai», qualcuno dirà,
«Luna, maledetta Luna!,
conoscerai la pace?»
E in paese
chi sa tace e cova vendetta.
Di te, Fiore di cardo,
ricordo l'adolescenza rocciosa
stretta serena nel cerchio fatale
d'un ballo sardo nuziale.
Marco Travaglio - I Meccanismi della Disinformazione
Pubblico questo video di Marco Travaglio che parla del giornalismo in Italia perché lo ritengo interessante. Il che non significa che sono d'accordo con lui su tutto quello che dice. Mi piacerebbe sapere come la pensate, perciò se vi va commentate. L'idea del blog è quella anche di stimolare un dibattito fra i bloggisti, ma siete un po' pigri...per esempio possibile che nessuno veda i film che recensisco? Mi piacerebbe che ogni tanto qualcuno mi dicesse la sua...
giovedì 8 maggio 2008
Cultura
Ho appena sentito Bruno Vespa (per caso, cambiando canale) che presentava il nuovo ministro dei beni culturali: Sandro Bondi. «È un uomo molto colto», ha detto, «scrive poesie».
Non resisto. Pubblico una poesia del nuovo ministro, tratta dalla più accreditata rivista di poesia italiana, Vanity Fair, dedicata "ai preti che s'innamorano di una donna":
Frutto purissimo
eppure l'ho già sentita da qualche parte...forse...l'altro giorno, in prima, ho dato un'occhiata al diario di un mio alunno...ma forse mi sbaglio...magari il ministro ha un nipotino...
domenica 4 maggio 2008
Perché il PD ha perso
Il 25 aprile c'erano i banchetti in piazza Santa Croce. I grillini chiedevano le firme per il referendum in occasione del vday2 contro la stampa. Io c'ho pensato ma poi non ho firmato. Non ero del tutto convinto. Mi chiedevo: se aboliscono l'ordine dei giornalisti, chiunque potrà dirsi giornalista? Anche il blogger quindicenne che scrive amenità adoloscenziali? E poi, in linea teorica, che lo Stato finanzi i giornali non è uno scandalo: è giusto che lo Stato finanzi il progresso culturale del proprio popolo, non con soldi distribuiti a pioggia, ovviamente, magari con sgravi fiscali. Poi però i giornali dovrebbero essere distribuiti gratis, perché il cittadino non deve pagare due volte. Ma mi rendo conto che una cosa del genere appartiene all'utopia comunista. Il problema, e qui sono d'accordo con Grillo, sta nella proprietà dei giornali, che è in mano a grandi industriali, finanzieri, banche e quant'altro... Allora, in effetti, lasciando da parte l'utopia, che questi grandi imprenditori se la cavino con il libero mercato, senza aiuti dallo Stato, che, semmai, dovrebbe controllare con regole ferree eventuali conflitti d'interesse, situazioni monopolistiche, aumento indiscriminato dei prezzi (la scusa dell'aumento del costo della carta!). L'aiuto lo manterrei per quei giornali che non hanno alle spalle un grosso capitale, o per chi volesse introdurre sul mercato una nuova testata (magari un aiuto temporaneo, di avviamento, per due o tre anni, finché il giornale non regge da solo la concorrenza), sempre in nome della promozione culturale del nostro Paese.
Penso queste cose mentre entro a Boboli, dalla porta immensa di Palazzo Pitti. Appunto...a proposito di banchieri e bancarottieri: Luca Pitti voleva che il suo palazzo fosse talmente grande che ogni finestra doveva superare il portone d'ingresso di Palazzo Medici. Per raggiungere il suo scopo spese così tanto che finì per fallire.
Il giardino è stupendo, come sempre. C'è un sole splendente, ma per me che temo il caldo è meglio cercare una panchina all'ombra, possibilmente in un posto discreto, al riparo dall'orda dei turisti e delle scolaresche. Mi sono portato da studiare e da leggere, e non ho intenzione di farmi disturbare. Devo preparare la lezione sulla Costituzione italiana. Qualche giorno fa ho tenuto una lezione conclusiva sulla Resistenza, cercando di far percepire ai ragazzi il significato profondo della Liberazione, di quel 25 aprile che avevamo appena festeggiato. Di certo non ho potuto avvalermi dell'ausilio dei giornali italiani, che quel giorno non l'hanno celebrato affatto. Ricordo di essere andato in piazza della Repubblica a vedere la parata e di aver comprato La Repubblica...
Con mia grande sorpresa ho scoperto che il secondo giornale italiano, che dovrebbe essere pure di sinistra, ha relegato la notizia sul 25 aprile in quarta o quinta pagina, con un articoletto sul discorso di Napolitano. Per reazione ho comprato subito L'Unità che almeno aveva dedicato al 25 aprile la prima pagina!
Lunedì voglio raccontare alla classe come dall'entusiasmo dell'essere di nuovo liberi, di poter nuovamente partecipare alla vita politica attiva, senza aver paura di manifestare le proprie idee, sia nata quell'unità di intenti che ha portato i vari partiti (DC, PCI, PSI, ecc.) a scrivere insieme i principi fondamentali, le regole e l'assetto istituzionale della neonata Repubblica italiana. Intendo rimarcare il concetto di unità, ricordando quanto già ho insegnato loro a proposito dell'unità d'Italia, che si è potuta raggiungere solo quando il popolo italiano si è veramente unito nella battaglia: agli italiani scesi dal nord, guidati da Garibaldi, si sono uniti 50 mila volontari meridionali.
Ho altri due libri nello zaino: L'ospite inquietante, l'ultimo saggio di Umberto Galimberti sul nichilismo e i giovani; e Il sangue dei vinti, il celebre libro di Pansa sulla Resistenza. Per quanto riguarda il primo, chi legge con attenzione le mie recensioni, sa che l'argomento del nichilismo e dei suoi influssi sulla nostra società mi interessa molto. Peccato che Galimberti mi lasci sempre un'impressione di furbizia intellettuale: come Morelli o Crepet. L'altro libro, quello di Pansa, non lo volevo leggere. L'ho dovuto comprare perché un mio alunno mi ha chiesto cos'era il "triangolo rosso" e io ho capito che si riferiva a Pansa ma non gli ho saputo rispondere. Perciò ho sentito il dovere di documentarmi. All'origine del mio rifiuto per Il sangue dei vinti c'era, lo confesso, il pregiudizio intellettuale che un giornalista, laureato in scienze politiche pur con una tesi sulla Resistenza, per quanto ben informato, non è uno storico e perciò la sua opera, per di più in forma di romanzo, non risponde, per esempio, ai criteri severi di selezione delle fonti e, alla fin fine, non ha lo stesso rigore scientifico di un saggio scritto da chi lo storico lo fa per professione. Inoltre mi ha sempre infastidito la strumentalizzazione revisionista a cui questo libro si è prestato: anche i partigiani hanno commesso atrocità, quindi non sono diversi dai fascisti. La responsabilità delle opinioni espresse è personale, ma ho sempre avuto l'impressione che questa strumentalizzazione sia da imputare, certo in minima parte, anche a Pansa, proprio perché il suo testo si è prestato ad essere strumentalizzato. Dopo la lettura di più di metà del libro, devo dire che sebbene Il sangue dei vinti mi ha fatto riflettere sull'atrocità della guerra e sull'atrocità doppia di quella civile, il mio "pregiudizio" rimane più o meno inalterato.
giovedì 1 maggio 2008
Chi vince X Factor?
La sardazza: Ilaria
Eliminata ma bravissima: Silvia
I Sei ottavi...
...e gli ultimi arrivati, grandissimi: i Cluster