Sono andato al cinema a vedere Indiana Jones e il Regno del Teschio di cristallo. Dico subito che il film non mi è piaciuto. Tutto già visto. Ho l'impressione che il personaggio sia ormai alla fine della sua parabola cinematografica e abbia già detto tutto. In realtà di cose nuove da dire ce n'erano, la leggenda dei teschi di cristallo è affascinante e perfetta per Indiana Jones. Sto leggendo il libro a cui il film si è ispirato: Il mistero del Teschi di cristallo, di Chris Morton e Ceri Louise Thomas, edito da Bur. In breve, nella tradizione maya, questi teschi custodirebbro informazioni sull'origine dell'uomo, sul suo destino ecc. C'è un capitolo interessante in cui si racconta l'analisi scientifica compiuta dai laboratori della Hewlett-Packard su uno di questi teschi, rinvenuto (pare) in degli cavi archeologici degli anni venti. Un unico pezzo di cristallo assolutamente naturale e privo di segni di lavorazione con strumenti moderni. Secondo gli esperti, senza trapani con punte di diamante la fattura del teschio avrebbe richiesto almeno 150 anni! Ora, che questa storia puzzi di fregatura, tipo le teste di Modigliani trovate a Livorno anni fa, mi pare evidente. La cosa interessante però è che, come scritto nel libro, la lavorazione dei cristalli è alla base della odierna tecnologia dei computer. Effettivamente il cristallo ha la capacità di immagazzinare informazioni e per questo viene usato nei chip dei computer. Perciò quando alcuni pseudo esperti consultati dagli autori del libro affermano che quei pezzi di cristallo naturale che sono i teschi possono teoricamente recepire onde magnetiche del nostro cervello e immagazzinarle, e semmai si tratta di capire come decodificarle ed "estrarle", da un lato mi sembrano elucubrazioni farneticanti, dall'altro mi affascinano. Sembra tutta fantascienza, ma non lo sembra anche, notizia di ieri, la scimmia che col pensiero guida un braccio bionico? O il computer che "legge" il pensiero (notizia di oggi:http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/scienza_e_tecnologia/cervello-artificiale/leggere-pensieri/leggere-pensieri.html; http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Un_computer_che_sa_che_cosa_pensi/1330947)?
(chissà cosa ne pensa il primatologo di famiglia...)
Insomma, la comunicazione senza parole non è poi una cosa così astrusa. Non siamo nella civiltà dell'immagine? L'arte del Novecento non ha rinunciato alla figurazione per l'astrattismo? Non ha messo in opera il pensiero o i meccanismi del pensiero? Domenica scorsa ho visto la mostra di Mirò a Ferrara. Di lui Argan ha scritto che la motivazione della sua pittura «non è una causa a cui corrisponde logicamente un effetto, è un impulso che si trasmette e perdura nel gesto che forma l'immagine. [...] come una corrente elettrica che rende incandescente il circuito che percorre.» Una pittura sinaptica, mi verrebbe da dire. Come lo è, credo, tutta l'arte informale (ma chi è esperto mi corregga pure se sbaglio). Si pensi, per esempio, ai dripping di Pollock: non sono la rappresentazione del pensiero in azione?
Tornando a bomba e concludendo: in principio era il Verbo, e lo è stato anche dopo, con la Buona Novella. Ma dopo la Pentecoste, quel racconto in Terza Persona è ancora fatto di parole o non è forse vero che agisce più in profondità, alle origini della Parola? Prima ancora della coscienza?
1 commento:
...e per chi ne vuole sapere di più sui teschi suddetti consigliamo la preziosissima trasmissione tv "Voyager".. Chi non l'avesse mai vista lo faccia quanto prima e poi ci sappia dire..
lasorella
ps a vedere Mirò c'ero anch'io! bella Ferrara vero Carlo?...
Posta un commento