Sono completamente d'accordo con l’arrabbiatura.
Le classi differenziali, o comunque le si voglia chiamare, semplicemente NON STANNO IN PIEDI. Mi permetto di dirlo con la sicurezza di chi da 10 anni si occupa di inserimento scolastico e alfabetizzazione in lingua italiana di alunni stranieri.
Non stanno in piedi prima di tutto da un punto di vista organizzativo. Classi per stranieri ma…per quali stranieri? I cinesi? gli albanesi? i macedoni? gli albanesi di lingua macedone o i macedoni di lingua albanese? Nazionalità plurime, lingue madri radicalmente diverse fra loro e dalla nostra lingua, percorsi di scolarizzazione pregressa (e relativi apprendimenti) variegati.
Come affrontare da un punto di vista organizzativo e didattico questa immensa (e preziosa, e faticosa, ovviamente) eterogeneità? A chi affidare l'insegnamento? Quanto tempo prevedere per la "decompressione", ossia prima di traghettare i malcapitati dal purgatorio alla meta finale (inferno o paradiso?...mah).
Qualsiasi testo sull'argomento (che evidentemente non è stato consultato prima di fare la proposta) dice, senza ombra di dubbio, che l'apprendimento della "lingua colloquiale" (quella funzionale alle relazioni e alla "sopravvivenza") richiede almeno 2 anni, vissuti preferibilmente IN UN CONTESTO DI IMMERSIONE. E ben peggio va per la lingua dello studio, quella che ci permette cioè di apprendere le discipline, che necessita di 5 o addirittura di 7 anni di pratica.... Traete le dovute conclusioni.
La seconda questione è che, ancora una volta, le politiche sull'immigrazione si traducono in un "mettiamoci 'na pezza", atteggiamento emblematico del rifiuto a considerare il fenomeno come stabile, irreversibile, strutturale. Sarebbe come dire: non ci siamo ancora rassegnati al fatto che oggi il 13/16% della popolazione in età di obbligo scolastico non è italiana né italofona (si tratta di una media, in alcuni contesti l’incidenza supera il 50%) e che questo trend non è destinato a decrescere, anzi...
Una società di fatto multiculturale (da ormai 30 anni, alla faccia di chi parla di "fenomeno recente" o di “emergenza attuale”, puri falsi storici!) non può che ripensare se stessa, ripensare i propri sistemi sociali, adeguandoli alle nuove caratteristiche di chi ne può e ne deve fruire.
I diritti di cittadinanza iniziano con il libero accesso ai servizi (non commento neanche la proposta di non iscrizione per chi arriva dopo il 3° mese dall'inizio dell'anno scolastico, pura follia) e continuano con la messa a disposizione di risorse che garantiscano una reale possibilità di fruizione degli stessi. E queste risorse non vanno inventate ex novo, già esistono, già funzionano, si tratta di dare loro continuità, senza tenerle sempre sospese al filo sottilissimo dei finanziamenti a termine, autentica spada di Damocle che pende sulla testa di noi che “lavoriamo sul campo”.
Non c’è nessuna retorica e nessun buonismo: la mediazione linguistico-culturale nei percorsi di prima e seconda accoglienza, il supporto educativo e psicologico agli adolescenti in difficoltà, la formazione dei genitori e degli insegnanti, i laboratori di L2 ad “entrata e uscita”, l’uso di materiali plurilingue e di unità didattiche semplificate: ecco alcuni degli strumenti possibili e già attualmente praticati.
Se si vogliono fare riforme perché non si parte dal potenziare l’esistente?! Perché non si consultano (come in qualsiasi altro ambito) tecnici e specialisti in materia???
Se volete avere qualche esempio di “buona prassi” esportabile (noi siamo ben felici se qualcuno trae spunto dalle nostre esperienze) vi invito a consultare, ad esempio, il sito della Rete per l’integrazione scolastica degli alunni stranieri di Montebelluna www.scuolaacolori.it, quello della cooperativa “Una casa per l’uomo” www.unacasaperluomo.it, quello del CESTIM di Verona www.cestim.it
L’integrazione non è un prodotto ma un processo lento, che richiede reciprocità, specializzazione (non improvvisazione), costanza e fatica, certamente, ma che può dare e dà grandi risultati. Per tutti noi, non solo per “gli stranieri”, qualsiasi cosa questa parola voglia dire.
Come ha detto qualcuno: “ci aspettavamo braccia e sono arrivati uomini”.
L'unica cosa che posso aggiungere è: vai e spiegaglielo! Quando si eleggono delle capre cosa ci si può aspettare?
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