Mi è stato detto, a commento del racconto pubblicato, che ho una prosa aulica e se scrivo sempre così. Questo mi dà l'occasione per ribadire che espressioni come "se n'è gita" o altre non sono, ovviamente, espressioni mie, ma di Leopardi. Inserirle nel discorso del personaggio principale, senza marche di enunciazione, come il corsivo o le virgolette, è una precisa scelta stilistica. Il protagonista del racconto, infatti, vive un dolore profondo al quale si associa una perdita di identità. La sua riflessione sulla vita e sulla morte è anche la riflessione per eccellenza sulle domande ultime che l'uomo si pone dalla notte dei tempi. O, meglio: è un argomento che travalica il tempo e lo spazio. Perciò anche il linguaggio ho voluto che fosse un fluire di parole attraverso il tempo, come l'acqua dell'Arno che scorre, ora come allora, sempre uguale e sempre diversa (per dirla con Guccini). Per questo ci sono inserimenti di Dante, Ungaretti e, appunto, Leopardi. Per quanto concerne quest'ultimo, L'Ultimo canto di Saffo, Le Ricordanze, il Frammento XXXVII, Per una donna inferma di malattia lunga e mortale, Nella morte di una donna fatta trucidare... sono i principali riferimenti. In particolare le ultime tre poesie mi sono care perché non rientrano nei Canti eppure meritano di essere recuperate. L'ultima, soprattutto, tratta il tema dell'aborto in un periodo in cui era decisamente tabù. Il che ci dice, ancora una volta, il coraggio che Leopardi aveva nell'affrontare tutti i temi, anche quelli più scomodi, senza reticenze, ipocrisie e falsi pudori. Leopardi mostra in questa poesia una sensibilità a tratti commovente, che compensa, a mio avviso, le cadute di tono di un linguaggio spesso troppo crudo, che gli procurò prima la censura paterna e poi il suo stesso disconoscimento. Ci sono però dei versi che vale la pena rileggere:
[...]
Per consolarti io canto o donna mia,Canto perch'io so bene
Che non ha chi m'ascolta un cor di pietra,
Nè guarda il fallo tuo ma le tue pene.
Or dunque ti consola
O sfortunata: ei non ti manca il pianto,
Nè mancherà mentre pietade è viva.
[...]
Queste cose Leopardi le ha scritte nel 1819. Sono moderne e misericordiose.
A proposito di misericordia. Mi sembra di ricordare che fosse padre Turoldo a farne l'etimologia, definendola "amore che trabocca" e attribuendola ovviamente a Cristo. Questo mi ha fatto riflettere su alcune cose che ho letto su Repubblica nei giorni scorsi...

«Solo coloro che sono puri e senza peccato possono ricevere l'Eucarestia». All'indomani delle parole di Berlusconi sulla comunione ai divorziati, il Papa ha ribadito ieri la posizione della Chiesa. Spiegando però che gli altri troveranno «nel desiderio di comunione e nella partecipazione all'Eucarestia una forza e un'efficacia salvatrice». [da Rep. del 23 giugno]
Non sono divorziato ma non credo di essere puro e senza peccato, perciò dovrei accontentarmi del desiderio e di sperimentare la forza salvatrice? Ahimé! (Certo, c'è il sacramento della confessione, ma avrei un certo imbarazzo a definirmi puro e senza peccato anche se mi fossi confessato ora...)
Forse sono in peccato mortale ma continuo a fare la comunione ogni volta che in coscienza sento di poterlo fare; anzi, quando "mi sento chiamato a farla". E ogni volta pronuncio con convinzione le parole "non son degno di partecipare alla tua mensa", sperando nella misericordia concessa all'adultera...
Giovanni, capitolo 8: Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. Ma all’alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono "Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici? ". Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei". E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse "Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?". Ed essa rispose "Nessuno, Signore". E Gesù le disse "Neanch’io ti condanno; và e d’ora in poi non peccare più".
Altra notizia, sempre dalla Repubblica:


Forse è un po' forte ma mi viene in mente Matteo, capitolo 15:
Ipocriti! Bene ha profetato di voi Isaia, dicendo
Questo popolo mi onora con le labbra
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano essi mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini".
2 commenti:
Che ne dici, posso mandare una meil a Mons Mattiazzo per fargli presente, qualora non lo sapesse, che i fedeli che entrano in chiesa non vanno a cercare Don Tizio o Mons. Caio ma il Padrone Di Casa? E, qualora sia un pò confuso, che il padrone di casa non è lui?
Potrei ancora suggerirgli di non preoccuparsi tanto per la vicenda di Don Siguotti per due motivi: i fedeli credo non si siano scandalizzati tanto(è molto peggio aver sepolto in una Basilica il capo di una banda criminale), e secondo perchè chi crede lo fa per Grazia e continua a frequentare la chiesa nonostante i preti.
Credo che chi sia in profonda malafede (altrimenti dovrei insultare la sua intelligenza)non darà ascolto né a questi né ad altri commenti.
La VERITA' è talmente davanti ai nostri occhi che chi non la vede, semplicemente non vuole vederla.
La maggioranza delle persone "sane" vive e tace e "non si cura di lor...".
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