lunedì 30 maggio 2011

Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge...

Guardate un po' cosa succede nella scuola di oggi:

Il rinnegato

Pubblicato il 27 maggio 2011 da antonella landi (http://www.antonellalandi.com/blog/)

Nella scuola dove insegno non c’è una classe che non accolga una percentuale molto alta di studenti stranieri. Filippini, arabi, egiziani, rumeni, peruviani, polacchi. E poi quella valanga di cinesi. Tanto che a volte mi chiedo se sono a scuola o se mi sono persa dentro un mercatino multietnico. In una classe che mi sta particolarmente a cuore (la stessa con cui un paio di giorni fa ho fatto quella litigata da innamorata) emerge vistosa quella che io chiamo la compagine albanese, un quartetto (tre maschi e una femmina) proveniente dall’Albania, tutti belli, tutti fascinosi e tutti molto buffi.

“Profe -dice stamani uno di loro- da ieri sono italiano anch’io.”
“In che senso?”
“La mia famiglia ha chiesto e ottenuto la cittadinanza. Non sono più albanese: ora sono italiano come lei.”
“Davvero? Ma senti che storia! E come ti senti?”
“Benissimo. Solo… detto tra noi… tutti questi albanesi di merda in classe mi danno un po’ fastidio.”

domenica 1 maggio 2011

Habemus papam - recensione


È uscito da due settimane. Ha già ottenuto un lusinghiero successo al botteghino: nell’ultimo weekend si è classificato secondo, dietro solamente a Rio, l’ennesimo cartone animato in 3D della 20th Century Fox. La critica ha avuto modo di esprimersi in lungo e in largo, scrivendo tutto e il contrario di tutto. Anche la vox populi ha toccato tutte le sfumature del giudizio, dal “boicottiamolo, è blasfemo!” al “capolavoro”.

Alcuni critici, hanno preferito un atteggiamento più prudente (ad esempio, Mereghetti su corriere.it), limitandosi alle prime impressioni a caldo e rimandando un giudizio analitico a una seconda visione. Probabilmente, è questo l’approccio più corretto. In effetti, trovare una chiave di lettura per Habemus papam, l’ultimo film di Nanni Moretti, non è semplice.

Si fa prima a dire cosa non è. Non è un film di denuncia politica contro il potere della gerarchia ecclesiastica. Quanti si aspettavano una cosa del genere sono rimasti delusi. Sì, certo: il collegio cardinalizio è mostrato più come un circolo anziani, alle prese con pastiglie per la pressione o coadiuvanti per il sonno, che come un gruppo di teologi e leaders spirituali. E anche il papa accenna alle “tante cose da cambiare” nella Chiesa. Ma si tratta, per l’appunto, di un accenno. La sceneggiatura, scritta a tre mani da Nanni Moretti stesso, Francesco Piccolo, e Federica Pontremoli, non calca la mano su questi aspetti. Anzi, chi ha notato un atteggiamento bonario nei confronti degli alti prelati, tipicamente romano, cioè espresso da chi, nato e vissuto nella Capitale, al Vaticano c’è abituato e anche un po’ affezionato, ha probabilmente colto nel segno.

Gli “oscurantisti boys”, ovvero coloro che vedono nella figura del papa l’incarnazione di un potere pericoloso e anti-moderno, non potranno appoggiare le loro tesi su questo film, che gli restituisce invece un pontefice umanissimo, col quale è molto facile empatizzare. Complice l’interpretazione di Michel Piccoli, meravigliosamente misurata e minimalista, prima del papa o del cardinale Melville, ma anche prima dell’attore mancato, si staglia davanti agli occhi dello spettatore un uomo a tutto tondo, capace di rinunciare al potere. Una rinuncia, però, mai esibita in chiave polemica, evidentemente per precisa scelta autoriale.

A questo punto, avrebbe potuto essere un film intimista. La raffigurazione del tormento interiore di un personaggio, l’analisi (o meglio la psico-analisi) delle motivazioni profonde del “gran rifiuto”, non fatto per viltà, questa volta, ma per chissà quali buchi neri dell’inconscio. Invece, no. Habemus papam non è neanche questo. L’incontro tra il personaggio del papa e quello dello psicanalista “più bravo di tutti”, interpretato da Nanni Moretti, dura lo spazio di poche scene. E anche le sedute del “fuggitivo” con la psicanalista donna (Margherita Buy) non hanno nulla di terapeutico. Non per incomunicabilità tra l’anima e l’inconscio, ma, ancora una volta, per il disinteresse autoriale a trattare il tema. È vero: gli psicanalisti in questo film hanno l’autorevolezza professionale dell’avvocato Azzecca-garbugli, ma Habemus papam non tratta della psicoanalisi e dei suoi fallimenti.

Quantomeno, non solo. Di sicuro, né la Chiesa, nella sua gerarchia, né la psicoanalisi, “nei suoi due più bravi esponenti”, riescono ad interpretare la realtà. Dunque è un film a tesi, sull’imperscrutabilità del reale? Forse che sì, forse che no. Più no che sì.

Rebus sic stantibus, verrebbe voglia di concludere che il film non riesce a trovare la sua direzione e che si tratti quindi di un’opera non riuscita. Ma neanche questo appare un giudizio centrato. L’intelligenza di Nanni Moretti, la sua capacità di riflessione, la sua ironia, unite all’indubbia capacità d’autore cinematografico, impongono di concedere al film un surplus di attenzione critica. Non perché un grande regista non possa sbagliare un film, o non possa anche lui dire qualcosa di banale, ma perché sono le sequenze stesse di Habemus papam a suggerire una complessità del racconto che necessità di una rilettura. Bisogna lasciarlo riposare, questo vino, per gustarne appieno il sapore.

Ma l’approccio da sommelier si confà solo ai critici o ai cinefili. A loro si dovrà lasciare il compito di scovare il sottotesto letterario e cinematografico, magari analizzando Habemus papam come un nuovo capitolo del discorso narcisistico sull’agonismo, tanto caro al regista romano. In effetti, per la prima volta, Moretti sembra voler indagare proprio l’altra metà del cielo, quella di chi non solo la partita non la vuole vincere, ma neanche la gioca! Si può leggere in questo la critica velata alla Chiesa di oggi? Il non mischiarsi nell’agone della vita quotidiana per affrontarne la complessità? Se così fosse, sarebbe un appunto costruttivo sul quale riflettere, magari discutere, non certo censurare. In ogni caso, le dichiarazioni autentiche di Moretti, sempre ermetiche, non fanno cenno a questo aspetto, né indulgono alla polemica, anzi la rifuggono. Un critico bravo, d’altro canto, riesce a far dire all’opera più di quanto aveva immaginato lo stesso autore.

Il regista si è limitato a dire che voleva far ridere e commuovere (non è davvero poco!); che i cardinali erano i suoi cardinali e il papa il suo papa, senza altre pretese che di mostrarsi umanissimi; infine, che “a volte si può dire di no, rinunciare”. Ridere e commuovere: questi gli obiettivi del suo film. Rinunciare: questa la provocazione intellettuale. Forse fumata nera per i critici, ma fumata bianca per una serata al cinema da spettatori: habemus film.