sabato 31 maggio 2008

James Taylor - You've Got A Friend '71

Un po' di James per il lungo weekend agli amici del blog...

venerdì 30 maggio 2008

Ti leggo nel pensiero

Vedo che il "testamento spirituale" del cardinal Martini sta suscitando qualche reazione, e non posso che rallegrarmene. Devo dire che nel postarlo immaginavo che sarebbe arrivato anche un commento dal paese dei Murales e anche di questo mi rallegro, e perciò sono disposto a perdonare riferimenti ironici a mie presunte amicizie...

A parte gli scherzi, leggendo gli articoli della rivista online "Tempi" non posso che constatare una distanza enorme fra le diverse sensibilità in seno alla madre Chiesa (lo scrivo maiuscolo, così faccio tutti contenti). Mi chiedo se non sia necessario avviare un dialogo ecumenico anche intra nos...!
Scherzo. Però mi è venuto in mente che quando come Fuci organizzammo all'Università una serie di incontri sulla Bibbia, con teologi di fama internazionale, i nostri colleghi-"cugini" non solo non ci diedero una mano, ma arrivarono perfino a strapparci i manifesti! Dovemmo chiedere aiuto al Collettivo di sinistra. Questo mi richiama, per associazione di idee, il fatto avvenuto nei giorni scorsi alla Sapienza: proprio un presunto strappo di manifesti e la proibizione di un convegno all'Università, hanno generato una rissa tra studenti di destra e di sinistra. Qualcosa di simile è accaduto a Palermo nei giorni delle elezioni. Si sente di nuovo parlare di squadracce fasciste, cattivi maestri, sinistra extraparlamentare... Siccome di cognome faccio Moretti, penso che le parole siano importanti. Anzi, certe parole sono pericolose, perché da parole violente nascono azioni violente. E in Italia dopo il '68 c'è stato il '78, non dimentichiamocelo! Sicuramente esagero, ma non vedo un bel clima...

Sono andato al cinema a vedere Indiana Jones e il Regno del Teschio di cristallo. Dico subito che il film non mi è piaciuto. Tutto già visto. Ho l'impressione che il personaggio sia ormai alla fine della sua parabola cinematografica e abbia già detto tutto. In realtà di cose nuove da dire ce n'erano, la leggenda dei teschi di cristallo è affascinante e perfetta per Indiana Jones. Sto leggendo il libro a cui il film si è ispirato: Il mistero del Teschi di cristallo, di Chris Morton e Ceri Louise Thomas, edito da Bur. In breve, nella tradizione maya, questi teschi custodirebbro informazioni sull'origine dell'uomo, sul suo destino ecc. C'è un capitolo interessante in cui si racconta l'analisi scientifica compiuta dai laboratori della Hewlett-Packard su uno di questi teschi, rinvenuto (pare) in degli cavi archeologici degli anni venti. Un unico pezzo di cristallo assolutamente naturale e privo di segni di lavorazione con strumenti moderni. Secondo gli esperti, senza trapani con punte di diamante la fattura del teschio avrebbe richiesto almeno 150 anni! Ora, che questa storia puzzi di fregatura, tipo le teste di Modigliani trovate a Livorno anni fa, mi pare evidente. La cosa interessante però è che, come scritto nel libro, la lavorazione dei cristalli è alla base della odierna tecnologia dei computer. Effettivamente il cristallo ha la capacità di immagazzinare informazioni e per questo viene usato nei chip dei computer. Perciò quando alcuni pseudo esperti consultati dagli autori del libro affermano che quei pezzi di cristallo naturale che sono i teschi possono teoricamente recepire onde magnetiche del nostro cervello e immagazzinarle, e semmai si tratta di capire come decodificarle ed "estrarle", da un lato mi sembrano elucubrazioni farneticanti, dall'altro mi affascinano. Sembra tutta fantascienza, ma non lo sembra anche, notizia di ieri, la scimmia che col pensiero guida un braccio bionico? O il computer che "legge" il pensiero (notizia di oggi:http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/scienza_e_tecnologia/cervello-artificiale/leggere-pensieri/leggere-pensieri.html; http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Un_computer_che_sa_che_cosa_pensi/1330947)?
(chissà cosa ne pensa il primatologo di famiglia...)

Insomma, la comunicazione senza parole non è poi una cosa così astrusa. Non siamo nella civiltà dell'immagine? L'arte del Novecento non ha rinunciato alla figurazione per l'astrattismo? Non ha messo in opera il pensiero o i meccanismi del pensiero? Domenica scorsa ho visto la mostra di Mirò a Ferrara. Di lui Argan ha scritto che la motivazione della sua pittura «non è una causa a cui corrisponde logicamente un effetto, è un impulso che si trasmette e perdura nel gesto che forma l'immagine. [...] come una corrente elettrica che rende incandescente il circuito che percorre.» Una pittura sinaptica, mi verrebbe da dire. Come lo è, credo, tutta l'arte informale (ma chi è esperto mi corregga pure se sbaglio). Si pensi, per esempio, ai dripping di Pollock: non sono la rappresentazione del pensiero in azione?


Tornando a bomba e concludendo: in principio era il Verbo, e lo è stato anche dopo, con la Buona Novella. Ma dopo la Pentecoste, quel racconto in Terza Persona è ancora fatto di parole o non è forse vero che agisce più in profondità, alle origini della Parola? Prima ancora della coscienza?


giovedì 29 maggio 2008

SORPRESA!!!


Ho deciso di dare una nuova veste al blog, dopo che mi avete bocciato il verde Padania. Non mi dite che non vi piace neanche questo! A me sembra più elegante...

martedì 27 maggio 2008

Il testamento del cardinale

La settimana scorsa ho letto su Repubblica questo articolo di Marco Politi sul "testamento spirituale" del Cardinal Martini. L'ho trovato molto bello, a tratti commovente. Mi ha fatto e mi fa riflettere molto. Confesso di essermi chiesto cosa sarebbe successo alla Chiesa se fosse diventato lui papa...
Da vescovo ha spesso chiesto a Dio: «Perché non ci dai idee migliori? Perché non ci rendi più forti nell' amore e più coraggiosi nell' affrontare i problemi attuali? Perché abbiamo così pochi preti?». Oggi, entrato in uno stato d'animo crepuscolare, confida di domandare a Dio di non essere lasciato solo. Nell'ultima stagione della sua vita Carlo Maria Martini si confessa ad un confratello austriaco e ne nascono i "Colloqui notturni a Gerusalemme", appena editi da Herder in Germania, che rappresentano il suo testamento spirituale. Confessa di essere stato anche in conflitto con Dio, elogia Martin Lutero, esorta la Chiesa al coraggio di riformarsi, a non allontanarsi dal Concilio e a non temere di confrontarsi con i giovani. Un vescovo, rammenta, deve saper anche osare, come quando lui andò in carcere a parlare con militanti delle Brigate Rosse «e li ascoltai e pregai per loro e battezzai pure una coppia di gemelli di genitori terroristi, nata durante un processo». Con padre Georg Sporschill, gesuita anche lui, l'ex arcivescovo di Milano è di una sincerità totale. Sì, ammette, «ho avuto delle difficoltà con Dio». Non riusciva a capire perché avesse fatto patire suo Figlio in croce. «Persino da vescovo qualche volta non potevo guardare un crocifisso perché l'interrogativo mi tormentava». E neanche la morte riusciva ad accettare. Dio non avrebbe potuto risparmiarla agli uomini dopo quella di Cristo? Poi ha capito. «Senza la morte non potremmo darci totalmente a Dio. Ci terremmo aperte delle uscite di sicurezza». E invece no. Bisogna affidare la propria speranza a Dio e credergli. «Io spero di poter pronunciare nella morte questo SI' a Dio». Però, se potesse parlare con Gesù, Carlo Maria Martini gli chiederebbe «se mi ama nonostante le mie debolezze e i miei errori e se mi viene a prendere nella morte, se mi accoglierà». I discorsi di Gerusalemme sono come un lungo simposio notturno, senza bevande, alimentati soltanto dallo scorrere dei ragionamenti, rassicurati dalle ombre calde di una sera che si prolunga fino all'alba. C'è stato un tempo - racconta - in cui "ho sognato una Chiesa nella povertà e nell'umiltà, che non dipende dalle potenze di questo mondo. Una Chiesa che concede spazio alle gente che pensa più in là. Una Chiesa che dà coraggio, specialmente a chi si sente piccolo o peccatore. Una Chiesa giovane. Oggi non ho più di questi sogni. Dopo i settantacinque anni ho deciso di pregare per la Chiesa". Eppure a ottantun anni il cardinale, grande biblista, non rinuncia a suggerire alla Chiesa di avere coraggio e di osare riforme. È essenziale avere la capacità di andare incontro al futuro. Il celibato, spiega, deve essere una vera vocazione. Forse non tutti hanno il carisma. Affidare ad un parroco sempre più parrocchie o importare preti dall'estero non è una soluzione. "La Chiesa dovrà farsi venire qualche idea. La possibilità di ordinare viri probati (cioè uomini sposati di provata fede, ndr) va discussa". Persino il sacerdozio femminile non lo spaventa. Ricorda che il Nuovo Testamento conosce le diaconesse. Ammette che il mondo ortodosso è contrario. Ma racconta anche di un suo incontro con il primate anglicano Carey, al tempo in cui la Chiesa anglicana era in tensione per le prime ordinazioni di donne - sacerdote (avversate dal Vaticano). "Gli dissi per fargli coraggio che questa audacia poteva aiutare anche noi a valorizzare di più le donne e a capire come andare avanti". Sul sesso il cardinale invita i giovani a non sprecare rapporti ed emozioni, imparando a conservare il meglio per l'unione matrimoniale, ma non ha difficoltà a rompere tabù, cristallizzatisi con Paolo VI, Wojtyla e di Ratzinger. "Purtroppo l'enciclica Humanae Vitae ha provocato anche sviluppi negativi. Paolo VI sottrasse consapevolmente il tema ai padri conciliari". Volle assumersi personalmente la responsabilità di decidere sugli anticoncezionali. "Questa solitudine decisionale a lungo termine non è stata una premessa positiva per trattare i temi della sessualità e della famiglia". A quarant'anni dall'enciclica, dice Martini, si potrebbe dare un "nuovo sguardo" alla materia. Perché la Bibbia, ricorda, è molto sobria nelle questioni sessuali. Assai netta è soltanto nel condannare chi irrompe, distruggendo, in un matrimonio altrui. Chi dirige la Chiesa, sottolinea, oggi può "indicare una via migliore dell'Humanae Vitae". Il Papa potrebbe scrivere una nuova enciclica. E l'omosessualità? Il porporato ricorda le dure parole della Bibbia, ma rammenta anche le pratiche sessuali degradanti dell'antichità. Poi aggiunge delicatamente: "Tra i miei conoscenti ci sono coppie omosessuali, uomini molto stimati e sociali. Non mi è stato mai domandato né mi sarebbe venuto in mente di condannarli". Troppe volte, soggiunge, la Chiesa si è mostrata insensibile, specie verso i giovani in questa condizione. C'è un filo rosso che lega i suoi ragionamenti nella quiete di Gerusalemme. I credenti non hanno bisogno di chi instilli loro una cattiva coscienza, hanno bisogno di essere aiutati ad avere una "coscienza sensibile". E vanno stimolati continuamente a pensare, a riflettere. "Dio non è cattolico", era solita esclamare Madre Teresa. "Non puoi rendere cattolico Dio", scandisce Martini. Certamente gli uomini hanno bisogno di regole e confini, ma Dio è al di là delle frontiere che vengono erette. "Ci servono nella vita, ma non dobbiamo confonderle con Dio, il cui cuore è sempre più largo". Dio non si lascia addomesticare. Se questa è la prospettiva ci si può rivolgere con spirito più aperto al non credente o al seguace di un'altra religione. Con chi non crede ci si può confrontare sui fondamenti etici, che lo animano. Ed è bello camminare insieme a chi ha una fede diversa. "Lasciati invitare ad una preghiera con lui - suggerisce con mitezza Martini - portalo una volta ad un tuo rito. Ciò non ti allontanerà dal cristianesimo, approfondirà al contrario il tuo essere cristiano. Non avere paura dell'estraneo". Per il cardinale la grande sfida geopolitica contemporanea è lo scontro delle civiltà. Conoscono davvero i cristiani il pensiero e i pensieri dei musulmani - si chiede Martini - e come fare per capirsi? Tre sono le indicazioni. Abbattere i pregiudizi e l'immagine del nemico, perché i terroristi non possono davvero fondarsi sul Corano. Studiare le differenze. Infine avvicinarsi nella pratica della giustizia, perché l'Islam in ultima istanza è una religione figlia del cristianesimo così come il cristianesimo è figliato dal giudaismo. La regola aurea del cristiano - Martini lo ribadisce in questo suo scritto che assomiglia tanto ad un testamento spirituale - è "Ama il tuo prossimo come te stesso". Anzi, spiega con la precisione dello studioso della Bibbia, Gesù dice di più: "Ama il tuo prossimo perché è come te". Da lì sorge l'imperativo a praticare giustizia. È terribile, insiste Martini, invocare magari Dio nella costituzione europea, e poi non essere coerenti nella giustizia. E qui il cardinale di Santa Romana Chiesa tira fuori il Corano e legge la splendida sura seconda. Non si è giusti, se ci si inchina per pregare a oriente o a occidente. Giusto è colui che crede in Allah e nell'Ultimo Giudizio. Giusto è colui che "pieno di amore dona i suoi averi ai parenti, agli orfani, ai poveri e ai pellegrini". Chi fa l'elemosina e riscatta gli incarcerati. "Costui è giusto e veramente timorato di Dio". Poi torna riflettere sull'Al di là. C'è l'Inferno? Sì. "Eppure ho la speranza che Dio alla fine salvi tutti". E se esistono persone come un Hitler o un assassino che abusa di bambini, allora forse l'immagine del Purgatorio è un segno per dire: "Anche se tu hai prodotto tanto inferno (sulla terra) forse dopo la morte esiste ancora un luogo dove puoi essere guarito". Non finirebbero mai i discorsi notturni di Gerusalemme. Lo si capisce dall'andamento quieto delle domande e delle risposte. Come onde che si susseguono. Martini nel frattempo è rientrato in Lombardia, fiaccato dal Parkinson. A chi lo ascolta, lascia questo segnale: "Possiamo anche lottare con Dio come Giacobbe, dubitare e dibatterci come Giobbe, rattristarci come Gesù e le sue amiche Marta e Maria. Anche questi sono sentieri che portano a Dio".

sabato 24 maggio 2008

Rileggendo Luzi...

... mi imbatto in una delle sue poesie giovanili che tanto mi piacque la prima volta che la lessi:



Copia da Ronsard

Per la morte di Maria

Come quando di maggio sopra il ramo la rosa

nella sua bella età, nel suo primo splendore

ingelosisce i cieli del suo vivo colore

se l'alba nei suoi pianti con l'oriente la sposa,


nei suoi petali grazia ed Amor si riposa

cospargendo i giardini e gli alberi d'odore;

ma affranta dalla pioggia o da eccessivo ardore

languendo si ripiega, foglia a foglia corrosa.


Così nella tua prima giovanile freschezza,

terra e cielo esultando di quella tua bellezza,

la Parca ti recise, cenere ti depose.


Fa' che queste mie lacrime, questo pianto ti onori,

questo vaso di latte, questa cesta di fiori;

e il tuo corpo non sia, vivo o morto, che rose.


P.S. Luzi la scrisse a ventun anni...

ISOLAS 2

giovedì 22 maggio 2008

oh, finalmente!


Con le minacce si ottiene tutto! I video sono tornati, come per magia. Speriamo che duri!

mercoledì 21 maggio 2008

uffa!

Anche questo blogspot sta cominciando a darmi sui nervi. I video non me li fa più mettere. E anche quelli da youtube me li fa mettere ma se provo a modificare il post me li cancella. Ora mi sto rompendo. Finisce che se questi signori di blogspot non sistemano le cose abbandono anche questo blog e ne apro uno su Myspace. Chissà che sia la volta buona!

3 cosette random

1) Leggo su Repubblica di ieri la buona accoglienza a Cannes del film di Garrone, Gomorra. Sono contento. Mi stupisce però che i giornalisti americani lo abbiano definito angosciante e spaventoso, il ritratto di un'Italia che fa paura. La corrispondente dell'Hollywood Reporter ha detto che non sa se il pubblico americano riuscirà a sopportare l'angoscia. Guarda un po' come cambia la percezione delle cose a seconda della latitudine! Sarò campanilista, ma si vede che gli americani non si angosciano per quelle due o tre stragette che ogni tanto un ragazzino strafatto compie armi in pugno nel proprio liceo o nei campus universitari. A me sembrava che la società violenta fosse la loro!


2) Ho visto in libreria il nuovo libro di Brizzi, quello di Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Nella quarta di copertina ho letto: cosa sarebbe successo in Italia se avesse vinto il Fascismo. Nel 2004 è uscito per Einaudi Il complotto contro l'America, in cui s'immagina cosa sarebbe successo se negli Stati Uniti avesse vinto le elezioni l'isolazionista Lindbergh, pronto ad allearsi con Hitler. Ora, va bene che Philip Roth è probabilmente il più grande scrittore vivente, ma perché i nostri giovani autori non trovano una soluzione più originale che quella di copiarlo? Già il libro di Piperno, Con le peggiori intenzioni (titolo emblematico), dopo due righe faceva capire i pesanti prestiti dalla prosa del più illustre collega americano. Ragazzi, un po' di originalità! Fra l'altro, c'erano almeno tre libri che avrei comprato subito: quello di Guccini, Icaro; quello di Don De Lillo sull'11 settembre; e un altro che non mi ricordo neanche più...poi ho fatto il calcolo: 7 euro e cinquanta + 17 euro e cinquanta + 22 euro e passa...quanto fa? Boh...ho guardato nel portafoglio, avevo 10 euro. Non ho comprato niente. Poi dice che gli italiani non leggono...!
3) A scuola è tempo di bilanci. L'altro giorno, colloquio generale. Io dietro il banchetto e 20-30 genitori che mi venivano a parlare, uno dietro l'altro, senza soluzione di continuità. Mi sentivo come Francesco Nuti in Caruso Paskoski, non so se avete presente la scena in cui fa lo psicanalista... La più bella è stata quando a un genitore ho detto che il figlio sarebbe bravo ma non studia niente e lui, mentre parlavo, mi guardava fisso con gli occhi azzurri a palla, fuori dalle orbite, e mi diceva: E l'è l'anno! All'inizio non capivo e continuavo a dire che il figlio sembrava svogliato, quasi non gli importasse niente di quello che si faceva in classe. E lui continuava: L'è l'anno, l'è l'anno... Alla fine mi sono interrotto, interdetto. Allora il genitore in questione sviluppava il suo pensiero: L'è l'anno: il '94. Sono tutti così quelli di quella leva, il '94! Tutti svogliati, che sembra che non gliene importi nulla! Io sce n'ho un altro, del Dumila, ma è già diverso. Quelli del '94 non fanno nulla...eh, nun sc'è verso!

JAM SESSION CLUSTER E GIUSY-X FACTOR

giorgia e morgan

martedì 20 maggio 2008

Francesco de Gregori Santa Lucia

Almeno i video da youtube li mette. Meno male. Il resto boh. Vado a mangiare che è meglio...

boh, non fa

mi arrendo. i video sono spariti e non riesco a rimetterli. sono a un tanto così dal prendere a martellate il computer

il pupo

si vede. ora provo a ripostare tutti i video, almeno dell'ultima pagina. uff...tutta la mattinata persa con queste minc..ate!

Bimbo.... ride e piange

Provo a postare questo video da youtube, vediamo se riesce...

CHE PALLE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Sono spariti tutti i video dal mio blog. Non so che cavolo è successo. Sono incacchiato come una biscia. Spero che sia un problema temporaneo e che lo risolvano in fretta. Io non saprei come recuperarli...

sabato 17 maggio 2008

GOMORRA

È uscito nelle sale l’atteso film di Matteo Garrone, Gomorra. È tratto dall’omonimo libro di Roberto Saviano sulla camorra, pubblicato da Mondadori nel 2006 e divenuto in pochi mesi un caso editoriale. Il successo di vendite ha avuto come effetto collaterale la necessità da parte dello Stato italiano di proteggere Saviano con una scorta armata, come si fa per i magistrati o le alte cariche istituzionali. Nel nostro Paese il diritto costituzionale della libertà di pensiero e di parola può essere pagato con la vita, come nei regimi dittatoriali che tali diritti disconosce. Saviano, come Salman Rushdie, ha subito una fatwa. E non in Iran, ma in Italia.
Ma perché i “versetti satanici” del giornalista napoletano hanno scatenato le ire dei clan camorristici? Gomorra non è stato il primo né sarà l’ultimo libro scritto sull’argomento. Il fatto è che Gomorra è un libro scomodo perché costringe tutti ad aprire gl’occhi sulla realtà. Saviano non ha scritto un “romanzo criminale”. Ha scritto anche un “romanzo criminale”. In realtà ha parlato soprattutto di economia. Dell’economia del nostro Paese, che, in un contesto di globalizzazione, è l’economia del mondo intero: “[…] il pensiero dei boss coincide col più spinto neoliberismo. Le regole dettate, le regole imposte, sono quelle degli affari, del profitto, della vittoria su ogni concorrente. Il resto vale zero. Il resto non esiste.”; “A Secondigliano molti cronisti credono di trovare il ghetto d’Europa, la miseria assoluta. Se riuscissero a non scappare, si accorgerebbero di avere dinanzi i pilastri dell’economia, la miniera nascosta, le tenebre da dove trova energia il cuore pulsante del mercato.”; “la vera icona del neoliberismo è il kalashnikov”; “Imprenditori. Così si definiscono i camorristi del casertano: null’altro che imprenditori.”; “Queste ditte riescono a proporsi in modo profondamente concorrenziale. Hanno vere e proprie colonie criminali in Emilia, Toscana, Umbria e Veneto, dove certificazioni e controlli antimafia sono più blandi e permettono il trasferimento di interi rami d’azienda.”. E cosi via…
Ecco, sono questi i “versetti” dannati. Sono questi i versetti scomodi. E non solo per i boss. Sono scomodi per tutti, perché dopo che sono stati scritti, dopo che sono stati letti, nessuno può chiamarsi fuori. Nessuno può dire: “Io non sapevo”, “Io non credevo”, “Io non avevo capito”. Parafrasando De Andrè, anche se noi ci crediamo assolti siamo per sempre coinvolti. Siamo coinvolti perché ora sappiamo che la camorra non è la spazzatura di Napoli, ma la spazzatura del nostro Paese. La spazzatura del nostro Paese nel mondo. Racconta Saviano che i principali boss dei casalesi sono titolari di imprese “legali” in tutto il mondo: villaggi turistici, alberghi, ristoranti in Spagna, in Scozia, in Germania, in Polonia; catene di negozi, con filiali persino a Taiwan o in Cina; hanno avuto il monopolio dell’edilizia non in Campania, ma nel modenese e nell’aretino; erano i principali referenti in Campania della Cirio di Cragnotti e della Parmalat di Tanzi…
È un cancro che ha messo in circolo le sue metastasi. Dopo Gomorra, nessuno può più pensare che la spazzatura è un problema dei napoletani, perché ora sappiamo che quella spazzatura è prodotta dalle imprese del Veneto e in generale del Nord Italia, che chiudono non uno ma due occhi sul fatto che la ditta che si occupa dello smaltimento può fare prezzi fuori mercato. Chiudono gl’occhi gli imprenditori e chiudono gl’occhi i politici. Dopo Gomorra, non si può più fare finta che i morti sul lavoro siano “incidenti”: “Di lavoro si muore. In continuazione. La velocità di costruzioni, la necessità di risparmiare su ogni tipo di sicurezza e su ogni rispetto d’orario. Turni disumani nove-dodici ore al giorno compreso sabato e domenica. Cento euro a settimana la paga con lo straordinario notturno e domenicale di cinquanta euro ogni dieci ore. I più giovani se ne fanno anche quindici. Magari tirando coca. Quando si muore nei cantieri, si avvia un meccanismo collaudato. Il corpo senza vita viene portato via e viene simulato un incidente stradale. Lo mettono in un’auto che poi fanno cadere in scarpate o dirupi, non dimenticando d’incendiarla prima. La somma che l’assicurazione pagherà verrà girata alla famiglia come liquidazione.”
Il film di Garrone mette in scena questo orrore. Il film, presentato in questi giorni a Cannes, è un bel film e, fra tanti attori non professionisti, reclutati in loco, c’è l’ottimo Toni Servillo nel ruolo del mediatore dei clan presso le imprese del Nord, proprio nell’ambito dello smaltimento dei rifiuti. Una sorta di “solutore”, come il personaggio interpretato da Harvey Keitel in Pulp fiction. Mereghetti ha definito il film un capolavoro. Forse lo è. Ma l’appunto che gli si può fare è che non rende l’aspetto più importante del libro, cioè quello non provinciale ma internazionale dell’economia camorristica. I dialoghi in dialetto napoletano, sottotitolati, l’ambientazione nei quartieri poveri della città, fanno pensare al Bronx, cioè a una realtà di emarginazione limitata a un quartiere, a una realtà locale. Fanno pensare che Napule è 'na carta sporca e nisciuno se ne importa. Il libro di Saviano fa invece pensare che la “carta sporca” è l’economia del nostro Paese e che per lavarla non serve la semplice repressione. Non serve mandare l’esercito in Campania. La camorra non la sconfigge l’esercito ma il Parlamento. Serve un nuovo patto fra tutte le forze politiche, sullo spirito dell’Assemblea Costituente che sessant’anni fa ha scritto che “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”, che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, con lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, che “L’iniziativa economica privata è libera” ma che “Non può svolgersi in contrasto con l’unità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Il miglior regalo di compleanno per la nostra Costituzione sarebbe quello di ritrovare lo spirito unitario dei nostri padri costituenti, che prima hanno partecipato alla Resistenza e poi hanno scritto i principi e le regole del nostro vivere civile, perché anche oggi l’Italia ha bisogno di resistere e di essere liberata.

...anzi no, sto con Travaglio

La vicenda Travaglio-D'Avanzo si è incancrenita. D'Avanzo ha pubblicato un altro articolo su Repubblica in cui, dicendo di applicare il metodo Travaglio, ha ventilato una presunta vacanza del giornalista pagata da un boss. Travaglio ha smentito, sostenendo che la notizia è semplicemente falsa, e ha sporto querela. Io, ci tengo a dire, sto con Travaglio. La questione è diventata un'antipatica schermaglia tra colleghi che si contendono il ruolo di primedonne. Inizialmente ero d'accordo con D'Avanzo solo per il rispetto che credo si debba portare alla seconda carica dello stato (chiunque la ricopra) votata dal popolo sovrano. Travaglio avrebbe dovuto dire che Schifani aveva conosciuto quelle persone 18 anni prima e che poi non risultavano altri contatti. Lo avrebbe dovuto fare per cmpletezza dell'informazione. E poi l'ironia sulla "muffa" poteva risparmiarsela, non perché non sia simpatica, ma perché, ancora una volta, si trattava del Presidente del Senato. Infine, non sono d'accordo con Travaglio né con Di Pietro che minano il clima di collaborazione bipartisan tra maggioranza e opposizione. Penso, per esempio, che senza questo clima non si può sconfiggere la criminalità organizzata in Italia. Perciò, anche turandosi il naso, bisogna che l'opposizione dialoghi, quando può, con la maggioranza. Ciò detto, l'attacco di D'Avanzo è semplicemente scorretto e non è della stessa natura di quello di Travaglio a Schifani. Travaglio ha citato sentenze e contratti societari, D'Avanzo voci di corridoio. Non mi sembra la stessa cosa.

giovedì 15 maggio 2008

Annuntio vobis gaudium magnum!!...o quasi

Il mio racconto L'Arno, Anna, i sogni, la Luna, il cui inizio avevo pubblicato tempo fa su questo blog, è stato segnalato dalla giuria del Premio Letterario "L'Arno un fiume di pensiero". Perciò sarà pubblicato insieme agli altri racconti segnalati in una pubblicazione a cura del comune di Lastra a Signa. Nella mail della biblioteca del comune che mi ha dato la notizia c'è anche l'invito a partecipare alla premiazione che avverrà il 14 giugno a Villa Caruso Bellosguardo, nientemeno che la villa del famoso tenore. L'invito comprende anche la cena e il pernottamento.
Fin qui tutto benissimo. Peccato che il 14 giugno ci sono gli orali dell'esame di terza media e perciò non potrò andare alla premiazione e a ritirare la copia della pubblicazione; ma, soprattutto, che la segnalazione significa che non ho vinto i mille euro del primo premio né i cinquecento del secondo né i trecento del terzo...Ahimè!

mercoledì 14 maggio 2008

Una casa per l'uomo

La mia sorella più piccola, che potremo tranquillamente chiamare Maria Chiaruscolina, mi chiede di pubblicare sul Blog un invito a destinare, per chi lo volesse, il 5 per mille della denuncia dei redditi alla cooperativa dove lavora, Una casa per l'uomo, CF 02375650260. Io lo faccio volentieri. Primo perchè è mia sorellina, secondo perché mi ricordo ancora quando un anno fa fui invitato alla Festa dei popoli di Giavera, dove la cooperativa Una casa per l'uomo aveva appunto uno stand. Ricordo la bellissima giornata in mezzo a tante persone appartenenti a tanti popoli diversi, ma finalmente insieme nell'unica famiglia umana. C'erano, come ho detto, gli stand di varie cooperative e associazioni che lavorano nel settore dell'immigrazione, ma anche quelli di tanti immigrati che proponevano i prodotti del proprio artigianato. E poi bambini di tanti colori che giocavano insieme; balli e musiche etniche; cibi delle cucine tradizionali africane o asiatiche...ecco, a questo proposito ricordo che la sorellina in questione voleva rifilarmi sempre qualcosa di marocchino da ingurgitare e che ho mangiato una patata dolce che poi mi è stato detto essere una banana fritta...blea! A parte questo si respirava un bel clima e si aveva la sensazione di toccare con mano l'ebrezza utopica della pace tra i popoli. ...Ah, c'era anche uno spettacolo di Natalino Balasso. Ne approfitto per postare un video in cui parla dell'informazione televisiva, perché mi sembra in tema con gli ultimi post e perché dice una cosa interessante: che la vita è più grande e complessa di quella che la televisione rappresenta. Per fortuna, aggiungo io. Mi pare che queste foto lo confermino.
P. S. Per ulteriori informazioni sulla cooperativa Una casa per l'uomo, visitate il sito http://www.unacasaperluomo.it/
Grazie, e beati voi che avete un reddito da poter destinare...!!


martedì 13 maggio 2008

Io sto con D'Avanzo...

Premesso che non ci trovo nulla di scandaloso in quello che ha detto Travaglio su Schifani, e che trovo invece scandaloso il fatto che se ne sia preso lo spunto per minacciare licenziamenti ed epurazioni in Rai, che limiterebbero di fatto la libertà di espressione, il rispetto che ho per le istituzioni mi porta a condividere di più l'analisi che sulla vicenda ha fatto oggi Giuseppe D'Avanzo sulle colonne di Repubblica, anche se non nella parte in cui accusa velatamente Travaglio di fare giornalismo "truffaldino". Voi cosa ne pensate?

La lezione del caso Schifani
di GIUSEPPE D'AVANZO

E' utile ragionare sul "caso Schifani". E - ancora una volta - sul giornalismo d'informazione, sulle "agenzie del risentimento", sull'antipolitica. Marco Travaglio sostiene, per dirne una, che fin "dagli anni Novanta, Renato Schifani ha intrattenuto rapporti con Nino Mandalà il futuro boss di Villabate" e protesta: "I fascistelli di destra, di sinistra e di centro che mi attaccano, ancora non hanno detto che cosa c'era di falso in quello che ho detto". Gli appare sufficiente quel rapporto lontano nel tempo - non si sa quanto consapevole (il legame tra i due risale al 1979; soltanto nel 1998, più o meno venti anni dopo, quel Mandalà viene accusato di mafia) - per persuadere un ascoltatore innocente che il presidente del Senato sia in odore di mafia. Che il nostro Paese, anche nelle sue istituzioni più prestigiose, sia destinato a essere governato (sia governato) da uomini collusi con Cosa Nostra. Se si ricordano queste circostanze (emergono da atti giudiziari) è per dimostrare quanto possono essere sfuggenti e sdrucciolevoli "i fatti" quando sono proposti a un lettore inconsapevole senza contesto, senza approfondimento e un autonomo lavoro di ricerca. E' un metodo di lavoro che soltanto abusivamente si definisce "giornalismo d'informazione". Le lontane "amicizie pericolose" di Schifani furono raccontate per la prima volta, e ripetutamente, da Repubblica nel 2002 (da Enrico Bellavia). In quell'anno furono riprese dall'Espresso (da Franco Giustolisi e Marco Lillo). Nel 2004 le si potevano leggere in Voglia di mafia (di Enrico Bellavia e Salvo Palazzolo, Carocci). Tre anni dopo in I complici (di Lirio Abbate e Peter Gomez, Fazi). Se dei legami dubbi di Schifani non si è più parlato non è per ottusità, opportunismo o codardia né, come dice spensieratamente Travaglio a un sempre sorridente Fabio Fazio, perché l'agenda delle notizie è dettata dalla politica ai giornali (a tutti i giornali?).
Non se n'è più parlato perché un lavoro di ricerca indipendente non ha offerto alcun - ulteriore e decisivo - elemento di verità. Siamo fermi al punto di partenza. Quasi trent'anni fa Schifani è stato in società con un tipo che, nel 1994, fonda un circolo di Forza Italia a Villabate e, quattro anni dopo, viene processato come mafioso. I filosofi (Bernard Williams, ad esempio) spiegano che la verità offre due differenti virtù: la sincerità e la precisione. La sincerità implica semplicemente che le persone dicano ciò che credono sia vero. Vale a dire, ciò che credono. La precisione implica cura, affidabilità, ricerca nello scovare la verità, nel credere a essa. Il "giornalismo dei fatti" ha un metodo condiviso per acquisire la verità possibile. Contesti, nessi rigorosi, fonti plurime e verificate e anche così, più che la verità, spesso, si riesce a capire soltanto dov'è la menzogna e, quando va bene, si può ripetere con Camus: "Non abbiamo mentito" (lo ha ricordato recentemente Claudio Magris). Si può allora dire che Travaglio è sincero con quel che dice e insincero con chi lo ascolta. Dice quel che crede e bluffa sulla completezza dei "fatti" che dovrebbero sostenere le sue convinzioni. Non è giornalismo d'informazione, come si autocertifica. E', nella peggiore tradizione italiana, giornalismo d'opinione che mai si dichiara correttamente tale al lettore/ascoltatore. Nella radicalità dei conflitti politici, questo tipo di scaltra informazione veste i panni dell'asettico, neutrale watchdog - di "cane da guardia" dei poteri ("Io racconto solo fatti") - per nascondere, senza mai svelarla al lettore, la sua partigianeria anche quando consapevolmente presenta come "fatti" ciò che "fatti", nella loro ambiguità, non possono ragionevolmente essere considerati (a meno di non considerare "fatti" quel che potrebbero accusare più di d'un malcapitato). L'operazione è ancora più insidiosa quando si eleva a routine. Diventata abitudine e criterio, avvelena costantemente il metabolismo sociale nutrendolo con un risentimento che frantuma ogni legame pubblico e civismo come se non ci fosse più alcuna possibilità di tenere insieme interessi, destini, futuro ("Se anche la seconda carica dello Stato è oggi un mafioso..."). E' un metodo di lavoro che non informa il lettore, lo manipola, lo confonde. E' un sistema che indebolisce le istituzioni. Che attribuisce abitualmente all'avversario di turno (sono a destra come a sinistra, li si sceglie a mano libera) un'abusiva occupazione del potere e un'opacità morale. Che propone ai suoi innocenti ascoltatori di condividere impotenza, frustrazione, rancore. Lascia le cose come stanno perché non rimuove alcun problema e pregiudica ogni soluzione. Queste "agenzie del risentimento" lavorano a un cattivo giornalismo. Ne fanno una malattia della democrazia e non una risorsa. Si fanno pratica scandalistica e proficuamente commerciale alle spalle di una energica aspettativa sociale che chiede ai poteri di recuperare in élite integrity, in competenza, in decisione. Trasformano in qualunquismo antipolitico una sana, urgente, necessaria critica alla classe politico-istituzionale. Nel "caso Schifani" non si può stare dalla parte di nessuno degli antagonisti. Non con Travaglio che confonde le carte ed è insincero con i tanti che, in buona fede, gli concedono fiducia. Non con Schifani che, dalle inchieste del 2002, ha sempre preferito tacere sul quel suo passato sconsiderato. Non con chi - nell'opposizione - ha espresso al presidente del Senato solidarietà a scatola chiusa. Non con la Rai, incapace di definire e di far rispettare un metodo di lavoro che, nel rispetto dei doveri del servizio pubblico, incroci libertà e responsabilità. In questa storia, si può stare soltanto con i lettori/spettatori che meritano, a fronte delle miopie, opacità, errori, inadeguatezze della classe politica, un'informazione almeno esplicita nel metodo e trasparente nelle intenzioni. (13 maggio 2008)

domenica 11 maggio 2008

sabato 10 maggio 2008

Nostalgia, nostalgia canaglia...

Qui a Firenze è iniziata una rassegna cinematografica dedicata al cinema sardo. Ne darò conto nelle prossime settimane. Intanto mi ha preso un po' di nostalgia...



Elci solenni, erboso limitare
Di eremi deserti, un vol d'astore
Nel mezzogiorno, palpiti di mare,
Una preghiera, un canto di pastore.

E giù Nuoro, soave e maledetta,
Cuor di Sardegna: e intorno, nell'aperto
Fulgore del mattino, il vasto serto
Dei monti, arsi di sole e di vendetta.









Ora che il tuo puro orgoglio,
Fiore di cardo, è spento,
qualcuno dirà: «Non lei
ha colpa della terra
seminata a vento!»
E ancora:
«Doveva accadere...!»

Ora che la notte, Fiore di cardo,
ha aperto la porta al destino,
«Non mai», qualcuno dirà,
«Luna, maledetta Luna!,
conoscerai la pace?»
E in paese
chi sa tace e cova vendetta.

Di te, Fiore di cardo,
ricordo l'adolescenza rocciosa
stretta serena nel cerchio fatale
d'un ballo sardo nuziale.




Marco Travaglio - I Meccanismi della Disinformazione

Pubblico questo video di Marco Travaglio che parla del giornalismo in Italia perché lo ritengo interessante. Il che non significa che sono d'accordo con lui su tutto quello che dice. Mi piacerebbe sapere come la pensate, perciò se vi va commentate. L'idea del blog è quella anche di stimolare un dibattito fra i bloggisti, ma siete un po' pigri...per esempio possibile che nessuno veda i film che recensisco? Mi piacerebbe che ogni tanto qualcuno mi dicesse la sua...

giovedì 8 maggio 2008

Un po' di buona musica del caro vecchio James...

...chiudete gl'occhi...

Cultura

A venti ore dalla chiusura del nostro sondaggio mi pare di poter dire che i Sei Ottavi hanno vinto, peccato che siano stati eliminati dal programma giusto avantieri...non è che gli avete portato un tantinello sfiga?
Ma non è di questo che volevo parlare...

Ho appena sentito Bruno Vespa (per caso, cambiando canale) che presentava il nuovo ministro dei beni culturali: Sandro Bondi. «È un uomo molto colto», ha detto, «scrive poesie».
Non resisto. Pubblico una poesia del nuovo ministro, tratta dalla più accreditata rivista di poesia italiana, Vanity Fair, dedicata "ai preti che s'innamorano di una donna":


Frutto purissimo
dell'amore
Carico di solitudine
Raggio del pensiero
Fitta della memoria
Tesoro di Dio


eppure l'ho già sentita da qualche parte...forse...l'altro giorno, in prima, ho dato un'occhiata al diario di un mio alunno...ma forse mi sbaglio...magari il ministro ha un nipotino...

domenica 4 maggio 2008

Perché il PD ha perso

Finalmente ho capito a cosa mi serve la tessera dell'ordine dei giornalisti. L'altra mattina, il due maggio, ho approfittato del ponte e della bella giornata per andare al Giardino di Boboli. In biglietteria ho scoperto che i giornalisti entrano gratis! Mi hanno dato anche il biglietto della Galleria Palatina. Tutto gratis! Fantastico! Posso andarci tutte le volte che voglio!...almeno fino a quando Beppe Grillo non riesce a fare abolire l'ordine dei giornalisti...per una volta che avevo un privilegio!...uffi!
Il 25 aprile c'erano i banchetti in piazza Santa Croce. I grillini chiedevano le firme per il referendum in occasione del vday2 contro la stampa. Io c'ho pensato ma poi non ho firmato. Non ero del tutto convinto. Mi chiedevo: se aboliscono l'ordine dei giornalisti, chiunque potrà dirsi giornalista? Anche il blogger quindicenne che scrive amenità adoloscenziali? E poi, in linea teorica, che lo Stato finanzi i giornali non è uno scandalo: è giusto che lo Stato finanzi il progresso culturale del proprio popolo, non con soldi distribuiti a pioggia, ovviamente, magari con sgravi fiscali. Poi però i giornali dovrebbero essere distribuiti gratis, perché il cittadino non deve pagare due volte. Ma mi rendo conto che una cosa del genere appartiene all'utopia comunista. Il problema, e qui sono d'accordo con Grillo, sta nella proprietà dei giornali, che è in mano a grandi industriali, finanzieri, banche e quant'altro... Allora, in effetti, lasciando da parte l'utopia, che questi grandi imprenditori se la cavino con il libero mercato, senza aiuti dallo Stato, che, semmai, dovrebbe controllare con regole ferree eventuali conflitti d'interesse, situazioni monopolistiche, aumento indiscriminato dei prezzi (la scusa dell'aumento del costo della carta!). L'aiuto lo manterrei per quei giornali che non hanno alle spalle un grosso capitale, o per chi volesse introdurre sul mercato una nuova testata (magari un aiuto temporaneo, di avviamento, per due o tre anni, finché il giornale non regge da solo la concorrenza), sempre in nome della promozione culturale del nostro Paese.

Penso queste cose mentre entro a Boboli, dalla porta immensa di Palazzo Pitti. Appunto...a proposito di banchieri e bancarottieri: Luca Pitti voleva che il suo palazzo fosse talmente grande che ogni finestra doveva superare il portone d'ingresso di Palazzo Medici. Per raggiungere il suo scopo spese così tanto che finì per fallire.




Il giardino è stupendo, come sempre. C'è un sole splendente, ma per me che temo il caldo è meglio cercare una panchina all'ombra, possibilmente in un posto discreto, al riparo dall'orda dei turisti e delle scolaresche. Mi sono portato da studiare e da leggere, e non ho intenzione di farmi disturbare. Devo preparare la lezione sulla Costituzione italiana. Qualche giorno fa ho tenuto una lezione conclusiva sulla Resistenza, cercando di far percepire ai ragazzi il significato profondo della Liberazione, di quel 25 aprile che avevamo appena festeggiato. Di certo non ho potuto avvalermi dell'ausilio dei giornali italiani, che quel giorno non l'hanno celebrato affatto. Ricordo di essere andato in piazza della Repubblica a vedere la parata e di aver comprato La Repubblica...

Con mia grande sorpresa ho scoperto che il secondo giornale italiano, che dovrebbe essere pure di sinistra, ha relegato la notizia sul 25 aprile in quarta o quinta pagina, con un articoletto sul discorso di Napolitano. Per reazione ho comprato subito L'Unità che almeno aveva dedicato al 25 aprile la prima pagina!

Lunedì voglio raccontare alla classe come dall'entusiasmo dell'essere di nuovo liberi, di poter nuovamente partecipare alla vita politica attiva, senza aver paura di manifestare le proprie idee, sia nata quell'unità di intenti che ha portato i vari partiti (DC, PCI, PSI, ecc.) a scrivere insieme i principi fondamentali, le regole e l'assetto istituzionale della neonata Repubblica italiana. Intendo rimarcare il concetto di unità, ricordando quanto già ho insegnato loro a proposito dell'unità d'Italia, che si è potuta raggiungere solo quando il popolo italiano si è veramente unito nella battaglia: agli italiani scesi dal nord, guidati da Garibaldi, si sono uniti 50 mila volontari meridionali.

Rileggo perciò il capitolo del libro di Paul Ginsborg sull'assetto postbellico e poi mi ripasso i primi dodici articoli della Costituzione, quelli che enunciano i principi fondamentali. Quando arrivo all'articolo otto, mi viene in mente l'altro libro che ho portato con me: un librino che raccoglie i pensieri di Giuseppe Dossetti. Proprio lui, prima di farsi monaco, è entrato nella commissione dei 75 dell'Assemblea Costituente, dando un contributo fondamentale alla redazione degli articoli che enunciano la libertà di tutte le confessioni religiose. Poi mi viene da pensare con tristezza all'articolo che il giornale dove pubblico le recensioni cinematografiche ha dedicato alle ultime elezioni: "Con Prodi tramonta l'idea dossettiana di coniugare il verbo cattocomunista". Non l'ho ancora letto e per qualche giorno non riuscirò ad andare oltre il titolo. Forse perché associare Dossetti al termine cattocomunismo, sottintendendo l'accezione negativa, mi fa dispiacere. La figura di Dossetti dovrebbe essere ancora un faro per quei politici italiani che dicono di ispirarsi ai valori cristiani. Ma forse non riesco a leggere l'articolo perché penso sia vero...prima D'Alema e poi Veltroni hanno negli anni mostrato di mal digerire, al di là dei discorsi di facciata, la presenza del professore, nel desiderio neanche troppo riposto di guadagnare la leadership del centro-sinistra, presupponendo di poter rappresentare il primo termine del binomio, il centro, prescindendo dai cattolici, Prodi, Bindi, ecc. Ma senza quel patrimonio di valori cristiani che guardano con favore alle istanze sociali della sinistra, il PD rinuncia a un pezzo importante della sua anima. E, soprattutto, non vince. Peraltro, mostra di non rappresentare neanche gli ideali della sinistra, ma questo è un altro discorso. Nel libriccino che ho con me sono riportati i pensieri mistici di Dossetti, non quelli politici. Ce n'è uno, tuttavia, che mi sembra significativo. Lo trascrivo: «Ricordare sempre che la Chiesa non è ancora il regno di Dio, ma ne è, se mai, il germe e l'inizio (Lumen gentium 5). E va aggiunto che delle sue due funzioni: l'evangelizzazione (cioè l'annunzio del Cristo, morto, risorto, glorificato) e l'animazione cristiana delle realtà temporali, la seconda spesso può concernere il regno in modo molto indiretto. Il che porta a concludere che tutte queste realtà temporali (compresa la politica), possono essere finemente e saggiamente relativizzate, secondo le diverse opportunità concrete: e comunque sempre vanno rispettate nella loro autonomia e perseguite da laici consapevoli e competenti che, come diceva Lazzati, vivono gomito a gomito, per così dire, degli uomini del loro tempo e di varia estrazione culturale [...] attraverso il confronto e il dialogo, naturalmente senza perdita della propria identità, sempre nel rispetto della natura di tali realtà e della loro legittima autonomia, con sincero sforzo di compredere l'altro. E questa è la via - diurna e non notturna - verso la Città dell'uomo, nella prospettiva sempre intensamente mirata della Città celeste, della nuova Gerusalemme». Ecco: mi sembra che la perdita di questi valori non siano un fatto positivo, per il Pd, per la politica italiana, e per i cristiani che guardano alla politica come un terreno potenzialmente molto fertile per fare del bene al prossimo.

Ho altri due libri nello zaino: L'ospite inquietante, l'ultimo saggio di Umberto Galimberti sul nichilismo e i giovani; e Il sangue dei vinti, il celebre libro di Pansa sulla Resistenza. Per quanto riguarda il primo, chi legge con attenzione le mie recensioni, sa che l'argomento del nichilismo e dei suoi influssi sulla nostra società mi interessa molto. Peccato che Galimberti mi lasci sempre un'impressione di furbizia intellettuale: come Morelli o Crepet. L'altro libro, quello di Pansa, non lo volevo leggere. L'ho dovuto comprare perché un mio alunno mi ha chiesto cos'era il "triangolo rosso" e io ho capito che si riferiva a Pansa ma non gli ho saputo rispondere. Perciò ho sentito il dovere di documentarmi. All'origine del mio rifiuto per Il sangue dei vinti c'era, lo confesso, il pregiudizio intellettuale che un giornalista, laureato in scienze politiche pur con una tesi sulla Resistenza, per quanto ben informato, non è uno storico e perciò la sua opera, per di più in forma di romanzo, non risponde, per esempio, ai criteri severi di selezione delle fonti e, alla fin fine, non ha lo stesso rigore scientifico di un saggio scritto da chi lo storico lo fa per professione. Inoltre mi ha sempre infastidito la strumentalizzazione revisionista a cui questo libro si è prestato: anche i partigiani hanno commesso atrocità, quindi non sono diversi dai fascisti. La responsabilità delle opinioni espresse è personale, ma ho sempre avuto l'impressione che questa strumentalizzazione sia da imputare, certo in minima parte, anche a Pansa, proprio perché il suo testo si è prestato ad essere strumentalizzato. Dopo la lettura di più di metà del libro, devo dire che sebbene Il sangue dei vinti mi ha fatto riflettere sull'atrocità della guerra e sull'atrocità doppia di quella civile, il mio "pregiudizio" rimane più o meno inalterato.

Si è fatto mezzogiorno. Ho letto Ginsborg e Dossetti. Galimberti e Pansa li rimando ad un altro momento. Ora ho fame, quindi vado via. Tanto posso tornare a Boboli quando voglio, senza pagare niente. Vicino a casa, in via del Mercato centrale, a San Lorenzo, mi fermo al forno per comprare un pezzo di schiacciata. La fornaia mi dice che la sforna in cinque minuti, se voglio aspettare. Come no, aspetto. A un certo punto lei entra in cucina a controllare se è pronta. La sento che parla ad alta voce con i suoi colleghi: "L'hai sentito ieri Sgarbi da Santoro? Gliele ha cantate a quel saputello di Travaglio, che si crede chissà chi! Gli ha detto faccia da tonto! E poi finalmente ha detto la verità su Biagi, che non l'hanno cacciato ma ha rifiutato lui di andare in onda ad un'altra ora. E poi, a Porta a Porta? Hai sentito Castelli? Ha demolito Garibaldi!" Prendo la mia schiacciata, pago ed esco. Faccio lo slalom tra le bancarelle. Domani vedrò sul tg locale un'intervista proprio ai proprietari di qualcuna di queste. Si lamenteranno degli extracomunitari che già un paio di volte hanno aggredito i vigili urbani. "Per forza" - dicono - "Questa giunta di merda (di sinistra) manda qui due vigilesse. Una è grossa ma l'altra è pure bassina: cosa possono fare con cinquanta cristianoni senegalesi alti un metro e novanta?" Uno in particolare dice che quando scappano perché vedono i vigili, travolgono tutto, anche donne incinte, bambini, e una volta gli hanno rovesciato il banchino facendo milleduecento euro di danno, e l'ambasciatore del Senegal gliene ha rimborsate solo quattrocento. Anche io una volta sono stato travolto dagli extracomunitari in fuga: non è una bella esperienza.
...Toscana, la rossa...mi sa che il Pd sta perdendo anche il suo elettorato...

giovedì 1 maggio 2008

Chi vince X Factor?

Dopo Samantha chi? e il dottor House, ho una nuova droga: X factor. Posto alcuni video e vi propongo di votare i migliori. Così facciamo una classifica tutta nostra. Siccome il blog è mio e ci posso fare quello che voglio, rimetto in gioco chi è uscito e posto anche più di un video per cantante. Il tutto a mio gusto, naturalmente.
P. S. Purtroppo la qualità video è quella che è. Non dipende da me.
Gli Aram Quartet

La sardazza: Ilaria

Eliminata ma bravissima: Silvia

I Sei ottavi...

...e gli ultimi arrivati, grandissimi: i Cluster