venerdì 11 gennaio 2013

Berlusconi da Santoro

Il commento più calzante, secondo me, è quello di Curzio Maltese su Repubblica. Condivido quasi tutto, tranne la sicurezza con cui dà il Pd vincitore delle prossime elezioni.

"Gli amici tienteli stretti, ma i nemici ancora più stretti, consigliava il Padrino. Berlusconi e Santoro erano destinati a incontrarsi di nuovo. Sono due uomini di televisione, quindi il loro conflitto era fondato sulle leggi dello spettacolo e non su presunti valori. Sono entrambi narcisi sfrenati, di conseguenza sfrenatamente vittimisti. In fondo si stimano, hanno lavorato insieme, durante uno dei tanti drammatici, ma in genere vantaggiosi periodo di esilio dalla Rai di "Michele chi?". Potrebbero tornare a farlo, se fosse conveniente, per esempio dopo una vittoria del Pd alle elezioni. Per Santoro l'epopea del Cavaliere è stata una manna di share dal cielo, compreso ieri sera ci è facile immaginare. Berlusconi ha lucrato un'intera carriera politica sui vizi di una sinistra parolaia e gonfia di sé, ma alla fine disponibile al compromesso, che Michele Santoro ha sempre incarnato, fin dalla gioventù nell'unione dei marxisti-leninisti, alla militanza nel Pci, alla carriera di tribuno televisivo. In questi casi la domanda è chi sta fregando l'altro, una volta stabilito che tutti e due sono geniali nel fregare i seguaci. La risposta è nessuno. Berlusconi contro Santoro è un affare per i duellanti. Berlusconi ha bisogno di far notizia da qui alla vigilia del voto, altrimenti è politicamente morto. La sua formula politica è finita. Accettare la sfida in trasferta è un colpo da maestro. Santoro ha un parallelo bisogno di far notizia e di sopravvivere a una formula televisiva moribonda, il talk show. Per anni ha fatto notizia contro Berlusconi, ora l'unica possibilità era di farla con Berlusconi. La trasmissione parte come uno splendido campionario di repertorio dei duellanti. Santoro comincia con un pezzo classico, la disperazione di imprenditori e operai nelle fabbriche dell'operoso Nord. La frase chiave è sempre: "La gente non riesce più ad arrivare alla fine del mese". Oggi è vera, ma siccome nei servizi delle samarcande la sentiamo ripetere uguale da venti anni, l'effetto si disperde. Manca pathos anche intorno al repertorio del Cavaliere. È sempre molto abile nell'arte di giustificare quanto non ha fatto al governo e nel promettere per il futuro quello che non farà. Ma ormai non esiste più il rischio che tanta brava gente possa credere alle sue panzane, com'è avvenuto per molto tempo. Di conseguenza, a guardarlo arrampicarsi sugli specchi, ci si arrabbia molto meno. Non ti prende più allo stomaco, lo osservi con sguardo sereno e annoiato, come vedere il mago Silvan che estrae il foulard dal cilindro. Toh, l'ha fatto ancora. Poco incalzato dalle due simpatiche intervistatrici, Giulia Innocenzi e Luisella Costamagna, che tuttavia lo innervosiscono come tutte le donne normali, Berlusconi comunque se la cava bene. Per la duecentesima volta spiega nel dettaglio quanto sia pernicioso il sistema parlamentare voluto dalla nostra costituzione bolscevica e quanto sarebbe stato meglio per il Paese se gli italiani l'avessero eletto dittatore, invece di consegnargli per quindici anni sterminate ma inutili maggioranze. Perfino Santoro capisce a questo punto che gli spettatori a casa, eccitati dagli spot stile corrida, si stanno ammazzando di pizzicotti e cala l'asso. La requisitoria di Marco Travaglio è al solito documentata e intelligente, ma nella circostanza appare rituale. Sarebbe stato molto più interessante se fosse stato lui a intervistare Berlusconi, vista l'occasione speciale. Archiviata la pratica, si torna al repertorio e l'ospite colma una vistosa lacuna con un'intemerata di maniera sulle tragedie del comunismo. Ci stavamo giusto domandando: e i comunisti? La recita si chiude secondo copione, con le vignette di Vauro sui difetti fisici degli avversari. Tanto rumore per quasi nulla, ma era prevedibile. La campagna elettorale è la più noiosa degli ultimi decenni, con un esito scontato, la vittoria del Pd e alleati. L'obiettivo massimo delle altre quattro coalizioni in campo, da Berlusconi a Monti, da Ingroia a Grillo, è cercare di impedire che il Pd ottenga una maggioranza al Senato, fosse pure per uno o due seggi. Se si realizzerà questo grandioso progetto comune, favorito da una schifosa legge elettorale, ciascun gruppo di opposizione dal giorno dopo le elezioni potrà trasformarsi in un nuovo Ghino di Tacco e contrattare posti con i vincitori. Non è esattamente come nel '48 e si comprendono gli sforzi dei salotti della tele politica per drammatizzare l'evento. Finora è andata male, perfino nel big match di ieri sera. Chissà se poi è finita col terzo tempo come nelle partite di rugby, con Berlusconi e Santoro a brindare insieme agli ascolti in trattoria. "Lo vedi, là c'è Marino...". "
CURZIO MALTESE (Rep. 11/1/2013)