martedì 30 settembre 2008

Sondaggio: lo cambio il titolo al blog?

Mi rendo conto che scrivo sempre meno di cinema e sempre più di altro. Non so...forse dovrei cambiare il titolo del blog. Voi che dite? Vi butto là qualche proposta (vedi sondaggio a fianco)...

lunedì 29 settembre 2008

Alex Zanotelli


E` agghiacciante quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi in questo nostro paese.
I campi ROM di Ponticelli (Na) in fiamme, il nuovo pacchetto di sicurezza del ministro Maroni, il montante razzismo e la pervasiva xenofobia , la caccia al diverso, la fobia della sicurezza, la nascita delle ronde notturne offrono una agghiacciante fotografia dell’Italia 2008.

“Mi vergogno di essere italiano e cristiano”, fu la mia reazione rientrato in Italia da Korogocho, all’approvazione della legge Bossi-Fini. (2002).Questi sei anni hanno visto un notevole peggioramento del razzismo e xenofobia nella società italiana, cavalcata dalla Lega (la vera vincitrice delle elezioni 2008) e incarnata oggi nel governo Berlusconi (Posso dire questo perché sono stato altrettanto duro con il governo Prodi e con i sindaci di sinistra da Cofferati a Dominici....). Oggi doppiamente mi vergogno di essere italiano e cristiano.
Mi vergogno di appartenere ad una società sempre più razzista verso l’altro, il diverso, la gente di colore e soprattutto il musulmano che è diventato oggi il nemico per eccellenza.
Mi vergogno di appartenere ad un paese il cui governo ha varato un pacchetto- sicurezza dove essere clandestino è uguale a criminale. Ritengo che non è un crimine migrare, ma che invece criminale è un sistema economico-finanziario mondiale( l’11% della popolazione mondiale consuma l’88% delle risorse) che forza la gente a fuggire dalla propria terra per sopravvivere...
L’O.N.U. prevede che entro il 2050 avremo per i cambiamenti climatici un miliardo di rifugiati climatici. I ricchi inquinano, i poveri pagano.Dove andranno? Stiamo criminalizzando i poveri?
Mi vergogno di appartenere ad un paese che ha assoluto bisogno degli immigrati per funzionare, ma poi li rifiuta, li emargina, li umilia con un linguaggio leghista da far inorridire.
Mi vergogno di appartenere ad un paese che da’ la caccia ai ROM come se fossero la feccia della società. Questa è la strada che ci porta dritti all’Olocausto (ricordiamoci che molti dei cremati nei lager nazisti erano ROM!).Noi abbiamo fatto dei ROM il nuovo capro espiatorio.
Mi vergogno di appartenere ad un popolo che non si ricorda che è stato fino a ieri un popolo di migranti ( “quando gli albanesi eravamo noi”): si tratta di oltre sessanta milioni di italiani che vivono oggi all’estero .I nostri migranti sono stati trattati male un po' ovunque e hanno dovuto lottare per i loro diritti. Perché ora trattiamo allo stesso modo gli immigrati in mezzo a noi?
Cos’è che ci ha fatto perdere la memoria in tempi così brevi? Il benessere?:
Come possiamo criminalizzare il clandestino in mezzo a noi? Come possiamo accettare che migliaia di persone muoiano nel tentativo di attraversare il Mediterraneo per arrivare nel nostro “Paradiso”? E’ la nuova tratta degli schiavi che lascia una lunga scia di cadaveri dal cuore dell’Africa all’Europa.
Mi vergogno di appartenere ad un paese che si dice cristiano ma che di cristiano ha ben poco. I cristiani sono i seguaci di quel povero Gesù di Nazareth crocifisso fuori le mura e che si è identificato con gli affamati, carcerati, stranieri.“ Quello che avrete fatto ad uno di questi miei fratelli più piccoli lo avrete fatto a me”.
Come possiamo dirci cristiani mentre dalla nostra bocca escono parole di odio e disprezzo verso gli immigrati e i Rom? Come possiamo gloriarci di fare le adozioni a distanza mentre ci rifiutiamo di fare le “adozioni da vicino” ?
Come è possibile avere comunità cristiane che non si ribellano contro queste tendenze razziste e xenofobe? E quand’è che i pastori prenderanno posizione forte contro tutto questo, proprio perché tendenze necrofile?
Come missionario, che da una vita si è impegnato a fianco degli impoveriti della terra, oggi che opero su Napoli , sento che devo schierarmi dalla parte degli emarginati, degli immigrati, dei Rom contro ogni tendenza razzista della società e del nostro governo.
Rimanere in silenzio oggi vuol dire essere responsabili dei disastri di domani.
Vorrei ricordare le parole del pastore Martin Niemoeller della Chiesa confessante sotto Hitler :
“Quando le SS sono venute ad arrestare i sindacalisti, non ho protestato perché non ero un sindacalista. Quando sono venute ad arrestare i Rom non ho protestato perché non ero un Rom.
Quando sono venute ad arrestare gli Ebrei non ho protestato perché non ero un Ebreo ……..
Quando alla fine sono venute ad arrestare me non c’era più nessuno a protestare.”
Non possiamo stare zitti, dobbiamo parlare,gridare, urlare. E` in ballo il futuro del nostro paese, ma soprattutto è in ballo il futuro dell’umanità anzi della vita stessa.
Diamoci da fare perché vinca la vita!


Alex Zanotelli (http://www.peacelink.it/zanotelli/a/26207.html)

Domanda: si può essere razzisti...


...contro la propria stessa razza?
No, perché dopo un'ora e mezza di Infedele di Gad Lerner, a sentire Borghezio e una certa amministratrice del Veneto, di cui ho rimosso il nome e la qualifica, con in più l'audio di Gentilini che invita i musulmani a tornarsene nel deserto a pregare, sento crescere prepotentemente in me una avversione, fors'anche un certo odio razziale... verso i bianchi...gli italiani...i padani...i "cristiani"...


domenica 28 settembre 2008

MotoGP Motegi 28-09-2008 - Valentino Rossi Campione Del Mondo, Il Podio - Valentino Rossi World Champion, The Podium

Lo ammetto, tifo Ducati e quindi Stoner. Però Valentino è il più grande pilota di tutti i tempi. Oggi in Giappone ha vinto il suo ottavo titolo mondiale, facendoci sentire orgogliosi di essere italiani. Perciò giù il cappello e GRAZIE VALE!!!!!!!!!!!

mercoledì 24 settembre 2008

Oggi interrogo

«Chi è stato il primo navigatore che ha circumnavigato la Terra?», chiedo alla classe. Vedo una mano alzata. Do la parola...
«Macellaro?»

I giappocinesi

Qualcuno storcerà il naso a leggere che dedico un altro post al libro di Eggers Erano solo ragazzi in cammino, ma lo voglio fare non solo per fare pubblicità a un bel libro ma anche perché ho trovato un passo divertente, fra le altre pagine che sono per lo più "pugni nello stomaco" perché mettono di fronte a una tragedia umanitaria che è in corso ancora oggi e che ci riguarda tutti, anche se facciamo finta che non è così.
Il passo è il seguente e racconta di un giapponese, Noriyaki, che lavora al campo profughi di Kakuma, dove vive il protagonista che racconta la storia:
Un giorno da Noriyaki arrivò un uomo. Era un anziano sudanese, istruito e rispettato tra i Dinka. Aveva completato un triennio di studi all'Università di Khartum e la sua opinione era tenuta in gran conto su una serie di questioni, politiche in particolare. Quando arrivò, quel giorno, aveva un'aria particolarmente agitata e chiese di parlare con Noriyaki immediatamente. Noriyaki lo fece entrare e gli offrì una sedia.
«Preferirei rimanere in piedi» disse lui.
«D'accordo» replicò Noriyaki.
«Ho bisogno di rimanere in piedi perché quello che ho da dire è molto importante e riveste una certa gravità.»
«Va bene, sto ascoltando.»
«Signor Noriyaki, lei deve parlare immediatamente alle autorità del suo governo. Sono i cinesi e i malesi a peggiorare questa guerra. Queste due nazioni, da sole, sono proprietarie al sessanta per cento degli interessi petroliferi in Sudan. Sa quanto petrolio estraggono? Milioni di barili all'anno, e aumentano ancora! La Cina entro il 2010 prevede di estrarre la metà del suo fabbisogno dal suolo sudanese!»
«Ma, signore...»
«E sappiamo tutti che alla base di questa guerra c'è il petrolio. Bashir vuole semplicemente mantenere una situazione di caos nel Sud del Paese e l'Esercito di Liberazione alla larga dai pozzi. E lo fa con armi fornite da chi? Dalla Cina, signor Noriyaki. È la Cina a volere un Sud instabile, perché questo tiene lontani altri paesi che non intendono sporcarsi le mani degli abusi contro i diritti civili necessari all'estrazione! Il suo governo fornisce armamenti che vengono usati contro i civili e compra petrolio ottenuto in modo illegale, che è la ragione ultima della morte di centinaia di migliaia di persone. Sono qui per appellarmi a lei in quanto rappresentante del suo governo, affinché lei si esprima contro queste ingiustizie!»
Quando Noriyaki riuscì a prendere la parola spiegò che non era cinese. All'uomo occorsero un buon cinque minuti per digerire l'informazione.
«Non vorrei sembrarle scortese, signore, ma lei sembra cinese.»
«No, signore, io sono giapponese. E neanche noi siamo in relazioni ottime con la Cina.»
L'uomo se ne andò, disorientato e deluso.

martedì 23 settembre 2008

Notizie del giorno

Come sempre, quando posso, la mattina do una scorsa ai giornali online. Oggi mi hanno colpito due articoli.
Il primo, su La Stampa, si intitola "La grande adunata delle città fasciste" (mentre il titolo all'interno è "Il Duce? Un bravo architetto") e racconta l'iniziativa della giunta di Predappio che il 26 settembre vuole riunire a Latina tutte le giunte, di destra e di sinistra, delle località fondate dal Duce, con l'intento di rivalutare l'architettura razionalista. Fra le altre, ci sarà ovviamente Arborea, la ex "Mussolinia". A volere fortemente questa adunata è Giorgio Frassineti, assessore all’urbanistica di Predappio, paese natale di Mussolini, definito dal giornale un "romagnolo di sinistra doc". Operazione bipartisan, dunque, che, sostiene Frassineti, ha come scopo solo l'architettura.
Ora, non sono un architetto, non mi intendo di architettura, perciò non voglio entrare nel merito dell'architettura razionalista, che chissà perché io ho sempre associato a Le Corbusier più che a Mussolini, ma forse sbaglio io...
Sono però un professore di storia e mi viene in mente un mio studente che l'anno scorso, mentre cercavo di spiegare i guasti che porta una dittatura alla società e soprattutto la tragedia delle leggi razziali, mi obiettava dall'alto dei suoi tredici anni che "Mussolini ha fatto anche cose buone". "Quali?", gli ho chiesto. "Per esempio ha esteso il diritto di voto", mi ha risposto. Mi sono limitato a fargli notare che si poteva votare per un partito solo. Allora lui ha rilanciato, con l'argomento dell'architettura (stavo per scrivere "la politica delle grandi opere", ma potrebbe generare confusione in qualche malizioso). Ho preso per buona la sua obiezione, ma l'ho invitato a mettere sul piatto della bilancia da una parte i lavori pubblici e dall'altro la perdita della libertà di parola, di pensiero, di manifestazione, di sciopero, ecc. più la discriminazione razziale. Quindi gli ho chiesto di dare un giudizio sul Ventennio, positivo o negativo? Non credo di essere stato fazioso, come professore penso di avere il dovere di non esserlo, ma di avere anche quello di far ragionare i miei studenti. In ogni caso mi conforta il fatto di avere dalla mia parte il recente sostegno del Presidente della Camera, che, se non erro, ha guardato anche lui i piatti della bilancia e tirato le somme. Resta il fatto che molti suoi compagni di partito, fra l'altro soprattutto giovani, ancora non hanno fatto questi conti. L'idea di distinguere un Fascismo buono e uno "cattivo" è ancora molto forte e presente. Per questo credo che l'operazione della giunta di Predappio sia intrinsecamente ambigua e si presti a perpetuare questa idea che non si può dire neanche revisionista, visto che non è certo nuova, è ben radicata e si tramanda da generazioni. Io penso che finché rimarrà in piedi come valida opzione interpretativa del Ventennio la nostra Repubblica, la nostra Democrazia, resteranno deboli e perciò le libertà fondamentali conquistate dalla Resistenza non saranno del tutto al riparo dalle tragiche restrizioni che portarono progressivamente alla dittatura. Oggi questo esito ci sembra inverosimile, abituati come siamo ad essere liberi e vivere in pace. Anch'io penso che lo sia, però... insomma, sempre meglio avere delle sentinelle a cui chiedere: "Sentinella, a che punto è la notte? E ormai l'anagrafe di coloro che hanno fatto la Resistenza ci dice che ancora per poco potranno testimoniare direttamente, con la loro viva voce, quello che è realmente accaduto in quegli anni. Tra un po' non resterà più nessuno che potrà dire "Un momento, io c'ero! E le cose sono andate così..."

Il secondo articolo l'ho letto sull'Unità online. È un commento di Furio Colombo. Ancora una volta non so se posso, ma io lo pubblico. Tanto credo che basti precisare la fonte. In qualche modo è legato al precedente: c'è qualcuno che i conti con il suo passato, anche più dolorosi dei nostri, li ha fatti.

Partiti di Governo

Furio Colombo


Borghezio (Lega Nord) è andato a Colonia per unirsi a una manifestazione contro gli immigrati islamici e i tedeschi lo hanno subito riconosciuto: un nazista. Gli hanno chiuso il microfono dopo 20 secondi e «lo hanno portato via di peso» (dai giornali, ndr). Borghezio ha protestato e si possono capire le sue ragioni. Quelle manifestazioni lui, e quelli della Lega Nord per l’indipendenza della Padania, in Italia le fanno tutti i giorni, proprio come la manifestazione proibita a Colonia. Ma da noi i giornali ne parlano con rispetto, le televisioni le includono nella regolare rassegna politica, perché in Italia Borghezio, «portato via di peso dalla piazza di Colonia» è partito di governo. Lo stesso partito del ministro delle Riforme, del ministro del federalismo fiscale, del ministro dell’Interno.


lunedì 22 settembre 2008

L'ultimo articolo di Saviano su Repubblica


I RESPONSABILI hanno dei nomi. Hanno dei volti. Hanno persino un'anima. O forse no. Giuseppe Setola, Alessandro Cirillo, Oreste Spagnuolo, Giovanni Letizia, Emilio di Caterino, Pietro Vargas stanno portando avanti una strategia militare violentissima. Sono autorizzati dal boss latitante Michele Zagaria e si nascondono intorno a Lago Patria. Tra di loro si sentiranno combattenti solitari, guerrieri che cercano di farla pagare a tutti, ultimi vendicatori di una delle più sventurate e feroci terre d'Europa. Se la racconteranno così.

Ma Giuseppe Setola, Alessandro Cirillo, Oreste Spagnuolo, Giovanni Letizia, Emilio di Caterino e Pietro Vargas sono vigliacchi, in realtà: assassini senza alcun tipo di abilità militare. Per ammazzare svuotano caricatori all'impazzata, per caricarsi si strafanno di cocaina e si gonfiano di Fernet Branca e vodka. Sparano a persone disarmate, colte all'improvviso o prese alle spalle. Non si sono mai confrontati con altri uomini armati. Dinnanzi a questi tremerebbero, e invece si sentono forti e sicuri uccidendo inermi, spesso anziani o ragazzi giovani. Ingannandoli e prendendoli alle spalle.

E io mi chiedo: nella vostra terra, nella nostra terra sono ormai mesi e mesi che un manipolo di killer si aggira indisturbato massacrando soprattutto persone innocenti. Cinque, sei persone, sempre le stesse. Com'è possibile? Mi chiedo: ma questa terra come si vede, come si rappresenta a se stessa, come si immagina? Come ve la immaginate voi la vostra terra, il vostro paese? Come vi sentite quando andate al lavoro, passeggiate, fate l'amore? Vi ponete il problema, o vi basta dire, "così è sempre stato e sempre sarà così"?

Davvero vi basta credere che nulla di ciò che accade dipende dal vostro impegno o dalla vostra indignazione? Che in fondo tutti hanno di che campare e quindi tanto vale vivere la propria vita quotidiana e nient'altro. Vi bastano queste risposte per farvi andare avanti? Vi basta dire "non faccio niente di male, sono una persona onesta" per farvi sentire innocenti? Lasciarvi passare le notizie sulla pelle e sull'anima. Tanto è sempre stato così, o no? O delegare ad associazioni, chiesa, militanti, giornalisti e altri il compito di denunciare vi rende tranquilli? Di una tranquillità che vi fa andare a letto magari non felici ma in pace? Vi basta veramente?

Questo gruppo di fuoco ha ucciso soprattutto innocenti. In qualsiasi altro paese la libertà d'azione di un simile branco di assassini avrebbe generato dibattiti, scontri politici, riflessioni. Invece qui si tratta solo di crimini connaturati a un territorio considerato una delle province del buco del culo d'Italia. E quindi gli inquirenti, i carabinieri e poliziotti, i quattro cronisti che seguono le vicende, restano soli. Neanche chi nel resto del paese legge un giornale, sa che questi killer usano sempre la stessa strategia: si fingono poliziotti. Hanno lampeggiante e paletta, dicono di essere della Dia o di dover fare un controllo di documenti. Ricorrono a un trucco da due soldi per ammazzare con più facilità. E vivono come bestie: tra masserie di bufale, case di periferia, garage.

Hanno ucciso sedici persone. La mattanza comincia il 2 maggio verso le sei del mattino in una masseria di bufale a Cancello Arnone. Ammazzano il padre del pentito Domenico Bidognetti, cugino ed ex fedelissimo di Cicciotto e' mezzanotte.

Umberto Bidognetti aveva 69 anni e in genere era accompagnato pure dal figlio di Mimì, che giusto quella mattina non era riuscito a tirarsi su dal letto per aiutare il nonno. Il 15 maggio uccidono a Baia Verde, frazione di Castel Volturno, il sessantacinquenne Domenico Noviello, titolare di una scuola guida. Domenico Noviello si era opposto al racket otto anni prima. Era stato sotto scorta, ma poi il ciclo di protezione era finito. Non sapeva di essere nel mirino, non se l'aspettava. Gli scaricano addosso 20 colpi mentre con la sua Panda sta andando a fare una sosta al bar prima di aprire l'autoscuola. La sua esecuzione era anche un messaggio alla Polizia che stava per celebrare la sua festa proprio a Casal di Principe, tre giorni dopo, e ancor più una chiara dichiarazione: può passare quasi un decennio ma i Casalesi non dimenticano.

Prima ancora, il 13 maggio, distruggono con un incendio la fabbrica di materassi di Pietro Russo a Santa Maria Capua Vetere. È l'unico dei loro bersagli ad avere una scorta. Perché è stato l'unico che, con Tano Grasso, tentò di organizzare un fronte contro il racket in terra casalese. Poi, il 30 maggio, a Villaricca colpiscono alla pancia Francesca Carrino, una ragazza, venticinque anni, nipote di Anna Carrino, la ex compagna di Francesco Bidognetti, pentita. Era in casa con la madre e con la nonna, ma era stata lei ad aprire la porta ai killer che si spacciavano per agenti della Dia.

Non passa nemmeno un giorno che a Casal di Principe, mentre dopo pranzo sta per andare al "Roxy bar", uccidono Michele Orsi, imprenditore dei rifiuti vicino al clan che, arrestato l'anno prima, aveva cominciato a collaborare con la magistratura svelando gli intrighi rifiuti-politica-camorra. È un omicidio eccellente che fa clamore, solleva polemiche, fa alzare la voce ai rappresentanti dello Stato. Ma non fa fermare i killer.

L'11 luglio uccidono al Lido "La Fiorente" di Varcaturo Raffaele Granata, 70 anni, gestore dello stabilimento balneare e padre del sindaco di Calvizzano. Anche lui paga per non avere anni prima ceduto alle volontà del clan. Il 4 agosto massacrano a Castel Volturno Ziber Dani e Arthur Kazani che stavano seduti ai tavoli all'aperto del "Bar Kubana" e, probabilmente, il 21 agosto Ramis Doda, venticinque anni, davanti al "Bar Freedom" di San Marcellino. Le vittime sono albanesi che arrotondavano con lo spaccio, ma avevano il permesso di soggiorno e lavoravano nei cantieri come muratori e imbianchini.

Poi il 18 agosto aprono un fuoco indiscriminato contro la villetta di Teddy Egonwman, presidente dei nigeriani in Campania, che si batte da anni contro la prostituzione delle sue connazionali, ferendo gravemente lui, sua moglie Alice e altri tre amici.

Tornano a San Marcellino il 12 settembre per uccidere Antonio Ciardullo ed Ernesto Fabozzi, massacrati mentre stavano facendo manutenzione ai camion della ditta di trasporti di cui il primo era titolare. Anche lui non aveva obbedito, e chi gli era accanto è stato ucciso perché testimone.

Infine, il 18 settembre, trivellano prima Antonio Celiento, titolare di una sala giochi a Baia Verde, e un quarto d'ora dopo aprono un fuoco di 130 proiettili di pistole e kalashnikov contro gli africani riuniti dentro e davanti la sartoria "Ob Ob Exotic Fashion" di Castel Volturno. Muoiono Samuel Kwaku, 26 anni, e Alaj Ababa, del Togo; Cristopher Adams e Alex Geemes, 28 anni, liberiani; Kwame Yulius Francis, 31 anni, e Eric Yeboah, 25, ghanesi, mentre viene ricoverato con ferite gravi Joseph Ayimbora, 34 anni, anche lui del Ghana. Solo uno o due di loro avevano forse a che fare con la droga, gli altri erano lì per caso, lavoravano duro nei cantieri o dove capitava, e pure nella sartoria.

Sedici vittime in meno di sei mesi. Qualsiasi paese democratico con una situazione del genere avrebbe vacillato. Qui da noi, nonostante tutto, neanche se n'è parlato. Neanche si era a conoscenza da Roma in su di questa scia di sangue e di questo terrorismo, che non parla arabo, che non ha stelle a cinque punte, ma comanda e domina senza contrasto.

Ammazzano chiunque si opponga. Ammazzano chiunque capiti sotto tiro, senza riguardi per nessuno. La lista dei morti potrebbe essere più lunga, molto più lunga. E per tutti questi mesi nessuno ha informato l'opinione pubblica che girava questa "paranza di fuoco". Paranza, come le barche che escono a pescare insieme in alto mare. Nessuno ne ha rivelato i nomi sino a quando non hanno fatto strage a Castel Volturno.

Ma sono sempre gli stessi, usano sempre le stesse armi, anche se cercano di modificarle per trarre in inganno la scientifica, segno che ne hanno a disposizione poche. Non entrano in contatto con le famiglie, stanno rigorosamente fra di loro. Ogni tanto qualcuno li intravede nei bar di qualche paesone, dove si fermano per riempirsi d'alcol. E da sei mesi nessuno riesce ad acciuffarli.

Castel Volturno, territorio dove è avvenuta la maggior parte dei delitti, non è un luogo qualsiasi. Non è un quartiere degradato, un ghetto per reietti e sfruttati come se ne possono trovare anche altrove, anche se ormai certe sue zone somigliano più alle hometown dell'Africa che al luogo di turismo balneare per il quale erano state costruite le sue villette. Castel Volturno è il luogo dove i Coppola edificarono la più grande cittadella abusiva del mondo, il celebre Villaggio Coppola.

Ottocentosessantatremila metri quadrati occupati col cemento. Che abusivamente presero il posto di una delle più grandi pinete marittime del Mediterraneo. Abusivo l'ospedale, abusiva la caserma dei carabinieri, abusive le poste. Tutto abusivo. Ci andarono ad abitare le famiglie dei soldati della Nato. Quando se ne andarono, il territorio cadde nell'abbandono più totale e divenne tutto feudo di Francesco Bidognetti e al tempo stesso territorio della mafia nigeriana.

I nigeriani hanno una mafia potente con la quale ai Casalesi conveniva allearsi, il loro paese è diventato uno snodo nel traffico internazionale di cocaina e le organizzazioni nigeriane sono potentissime, capaci di investire soprattutto nei money transfer, i punti attraverso i quali tutti gli immigrati del mondo inviano i soldi a casa. Attraverso questi, i nigeriani controllano soldi e persone. Da Castel Volturno transita la coca africana diretta soprattutto in Inghilterra. Le tasse sul traffico che quindi il clan impone non sono soltanto il pizzo sullo spaccio al minuto, ma accordi di una sorta di joint venture. Ora però i nigeriani sono potenti, potentissimi. Così come lo è la mafia albanese, con la quale i Casalesi sono in affari.

E il clan si sta slabbrando, teme di non essere più riconosciuto come chi comanda per primo e per ultimo sul territorio. Ed ecco che nei vuoti si insinuano gli uomini della paranza. Uccidono dei pesci piccoli albanesi come azione dimostrativa, fanno strage di africani - e fra questi nessuno viene dalla Nigeria - colpiscono gli ultimi anelli della catena di gerarchie etniche e criminali. Muoiono ragazzi onesti, ma come sempre, in questa terra, per morire non dev'esserci una ragione. E basta poco per essere diffamati.

I ragazzi africani uccisi erano immediatamente tutti "trafficanti" come furono "camorristi" Giuseppe Rovescio e Vincenzo Natale, ammazzati a Villa Literno il 23 settembre 2003 perché erano fermi a prendere una birra vicino a Francesco Galoppo, affiliato del clan Bidognetti. Anche loro furono subito battezzati come criminali.

Non è la prima volta che si compie da quelle parti una mattanza di immigrati. Nel 1990 Augusto La Torre, boss di Mondragone, partì con i suoi fedelissimi alla volta di un bar che, pur gestito da italiani, era diventato un punto di incontro per lo spaccio degli africani. Tutto avveniva sempre lungo la statale Domitiana, a Pescopagano, pochi chilometri a nord di Castel Volturno, però già in territorio mondragonese. Uccisero sei persone, fra cui il gestore, e ne ferirono molte altre. Anche quello era stato il culmine di una serie di azioni contro gli stranieri, ma i Casalesi che pure approvavano le intimidazioni non gradirono la strage. La Torre dovette incassare critiche pesanti da parte di Francesco "Sandokan" Schiavone. Ma ora i tempi sono cambiati e permettono di lasciar esercitare una violenza indiscriminata a un gruppo di cocainomani armati.

Chiedo di nuovo alla mia terra che immagine abbia di sé. Lo chiedo anche a tutte quelle associazioni di donne e uomini che in grande silenzio qui lavorano e si impegnano. A quei pochi politici che riescono a rimanere credibili, che resistono alle tentazioni della collusione o della rinuncia a combattere il potere dei clan. A tutti coloro che fanno bene il loro lavoro, a tutti coloro che cercano di vivere onestamente, come in qualsiasi altra parte del mondo. A tutte queste persone. Che sono sempre di più, ma sono sempre più sole.

Come vi immaginate questa terra? Se è vero, come disse Danilo Dolci, che ciascuno cresce solo se è sognato, voi come ve li sognate questi luoghi? Non c'è stata mai così tanta attenzione rivolta alle vostre terre e quel che vi è avvenuto e vi avviene. Eppure non sembra cambiato molto. I due boss che comandano continuano a comandare e ad essere liberi. Antonio Iovine e Michele Zagaria. Dodici anni di latitanza. Anche di loro si sa dove sono. Il primo è a San Cipriano d'Aversa, il secondo a Casapesenna. In un territorio grande come un fazzoletto di terra, possibile che non si riesca a scovarli?

È storia antica quella dei latitanti ricercati in tutto il mondo e poi trovati proprio a casa loro. Ma è storia nuova che ormai ne abbiano parlato più e più volte giornali e tv, che politici di ogni colore abbiano promesso che li faranno arrestare. Ma intanto il tempo passa e nulla accade. E sono lì. Passeggiano, parlano, incontrano persone.

Ho visto che nella mia terra sono comparse scritte contro di me. Saviano merda. Saviano verme. E un'enorme bara con il mio nome. E poi insulti, continue denigrazioni a partire dalla più ricorrente e banale: "Quello s'è fatto i soldi". Col mio lavoro di scrittore adesso riesco a vivere e, per fortuna, pagarmi gli avvocati. E loro? Loro che comandano imperi economici e si fanno costruire ville faraoniche in paesi dove non ci sono nemmeno le strade asfaltate?

Loro che per lo smaltimento di rifiuti tossici sono riusciti in una sola operazione a incassare sino a 500 milioni di euro e hanno imbottito la nostra terra di veleni al punto tale di far lievitare fino al 24% certi tumori, e le malformazioni congenite fino all'84% per cento? Soldi veri che generano, secondo l'Osservatorio epidemiologico campano, una media di 7.172,5 morti per tumore all'anno in Campania. E ad arricchirsi sulle disgrazie di questa terra sarei io con le mie parole, o i carabinieri e i magistrati, i cronisti e tutti gli altri che con libri o film o in ogni altro modo continuano a denunciare? Com'è possibile che si crei un tale capovolgimento di prospettive? Com'è possibile che anche persone oneste si uniscano a questo coro? Pur conoscendo la mia terra, di fronte a tutto questo io rimango incredulo e sgomento e anche ferito al punto che fatico a trovare la mia voce.

Perché il dolore porta ad ammutolire, perché l'ostilità porta a non sapere a chi parlare. E allora a chi devo rivolgermi, che cosa dico? Come faccio a dire alla mia terra di smettere di essere schiacciata tra l'arroganza dei forti e la codardia dei deboli? Oggi qui in questa stanza dove sono, ospite di chi mi protegge, è il mio compleanno. Penso a tutti i compleanni passati così, da quando ho la scorta, un po' nervoso, un po' triste e soprattutto solo.

Penso che non potrò mai più passarne uno normale nella mia terra, che non potrò mai più metterci piede. Rimpiango come un malato senza speranze tutti i compleanni trascurati, snobbati perché è solo una data qualsiasi, e un altro anno ce ne sarà uno uguale. Ormai si è aperta una voragine nel tempo e nello spazio, una ferita che non potrà mai rimarginarsi. E penso pure e soprattutto a chi vive la mia stessa condizione e non ha come me il privilegio di scriverne e parlare a molti.

Penso ad altri amici sotto scorta, Raffaele, Rosaria, Lirio, Tano, penso a Carmelina, la maestra di Mondragone che aveva denunciato il killer di un camorrista e che da allora vive sotto protezione, lontana, sola. Lasciata dal fidanzato che doveva sposare, giudicata dagli amici che si sentono schiacciati dal suo coraggio e dalla loro mediocrità. Perché non c'era stata solidarietà per il suo gesto, anzi, ci sono state critiche e abbandono. Lei ha solo seguito un richiamo della sua coscienza e ha dovuto barcamenarsi con il magro stipendio che le dà lo stato.

Cos'ha fatto Carmelina, cos'hanno fatto altri come lei per avere la vita distrutta e sradicata, mentre i boss latitanti continuano a poter vivere protetti e rispettati nelle loro terre? E chiedo alla mia terra: che cosa ci rimane? Ditemelo. Galleggiare? Far finta di niente? Calpestare scale di ospedali lavate da cooperative di pulizie loro, ricevere nei serbatoi la benzina spillata da pompe di benzina loro? Vivere in case costruite da loro, bere il caffè della marca imposta da loro (ogni marca di caffè per essere venduta nei bar deve avere l'autorizzazione dei clan), cucinare nelle loro pentole (il clan Tavoletta gestiva produzione e vendita delle marche più prestigiose di pentole)?

Mangiare il loro pane, la loro mozzarella, i loro ortaggi? Votare i loro politici che riescono, come dichiarano i pentiti, ad arrivare alle più alte cariche nazionali? Lavorare nei loro centri commerciali, costruiti per creare posti di lavoro e sudditanza dovuta al posto di lavoro, ma intanto non c'è perdita, perché gran parte dei negozi sono loro? Siete fieri di vivere nel territorio con i più grandi centri commerciali del mondo e insieme uno dei più alti tassi di povertà? Passare il tempo nei locali gestiti o autorizzati da loro? Sedervi al bar vicino ai loro figli, i figli dei loro avvocati, dei loro colletti bianchi? E trovarli simpatici e innocenti, tutto sommato persone gradevoli, perché loro in fondo sono solo ragazzi, che colpa hanno dei loro padri.

E infatti non si tratta di stabilire colpe, ma di smettere di accettare e di subire sempre, smettere di pensare che almeno c'è ordine, che almeno c'è lavoro, e che basta non grattare, non alzare il velo, continuare ad andare avanti per la propria strada. Che basta fare questo e nella nostra terra si è già nel migliore dei mondi possibili, o magari no, ma nell'unico mondo possibile sicuramente.

Quanto ancora dobbiamo aspettare? Quanto ancora dobbiamo vedere i migliori emigrare e i rassegnati rimanere? Siete davvero sicuri che vada bene così? Che le serate che passate a corteggiarvi, a ridere, a litigare, a maledire il puzzo dei rifiuti bruciati, a scambiarvi quattro chiacchiere, possano bastare? Voi volete una vita semplice, normale, fatta di piccole cose, mentre intorno a voi c'è una guerra vera, mentre chi non subisce e denuncia e parla perde ogni cosa. Come abbiamo fatto a divenire così ciechi? Così asserviti e rassegnati, così piegati? Come è possibile che solo gli ultimi degli ultimi, gli africani di Castel Volturno che subiscono lo sfruttamento e la violenza dei clan italiani e di altri africani, abbiano saputo una volta tirare fuori più rabbia che paura e rassegnazione? Non posso credere che un sud così ricco di talenti e forze possa davvero accontentarsi solo di questo.

La Calabria ha il Pil più basso d'Italia ma "Cosa Nuova", ossia la ?ndrangheta, fattura quanto e più di una intera manovra finanziaria italiana. Alitalia sarà in crisi, ma a Grazzanise, in un territorio marcio di camorra, si sta per costruire il più grande aeroporto italiano, il più vasto del Mediterraneo. Una terra condannata a far circolare enormi capitali senza avere uno straccio di sviluppo vero, e invece ha danaro, profitto, cemento che ha il sapore del saccheggio, non della crescita.

Non posso credere che riescano a resistere soltanto pochi individui eccezionali. Che la denuncia sia ormai solo il compito dei pochi singoli, preti, maestri, medici, i pochi politici onesti e gruppi che interpretano il ruolo della società civile. E il resto? Gli altri se ne stanno buoni e zitti, tramortiti dalla paura? La paura. L'alibi maggiore. Fa sentire tutti a posto perché è in suo nome che si tutelano la famiglia, gli affetti, la propria vita innocente, il proprio sacrosanto diritto a viverla e costruirla.

Ma non avere più paura non sarebbe difficile. Basterebbe agire, ma non da soli. La paura va a braccetto con l'isolamento. Ogni volta che qualcuno si tira indietro crea altra paura, che crea ancora altra paura, in un crescendo esponenziale che immobilizza, erode, lentamente manda in rovina.

"Si può edificare la felicità del mondo sulle spalle di un unico bambino maltrattato?", domanda Ivan Karamazov a suo fratello Aljo?a. Ma voi non volete un mondo perfetto, volete solo una vita tranquilla e semplice, una quotidianità accettabile, il calore di una famiglia. Accontentarvi di questo pensate che vi metta al riparo da ansie e dolori. E forse ci riuscite, riuscite a trovare una dimensione in cui trovate serenità. Ma a che prezzo?

Se i vostri figli dovessero nascere malati o ammalarsi, se un'altra volta dovreste rivolgervi a un politico che in cambio di un voto vi darà un lavoro senza il quale anche i vostri piccoli sogni e progetti finirebbero nel vuoto, quando faticherete ad ottenere un mutuo per la vostra casa mentre i direttori delle stesse banche saranno sempre disponibili con chi comanda, quando vedrete tutto questo forse vi renderete conto che non c'è riparo, che non esiste nessun ambito protetto, e che l'atteggiamento che pensavate realistico e saggiamente disincantato vi ha appestato l'anima di un risentimento e rancore che toglie ogni gusto alla vostra vita.

Perché se tutto ciò è triste la cosa ancora più triste è l'abitudine. Abituarsi che non ci sia null'altro da fare che rassegnarsi, arrangiarsi o andare via. Chiedo alla mia terra se riesce ancora ad immaginare di poter scegliere. Le chiedo se è in grado di compiere almeno quel primo gesto di libertà che sta nel riuscire a pensarsi diversa, pensarsi libera. Non rassegnarsi ad accettare come un destino naturale quel che è invece opera degli uomini.

Quegli uomini possono strapparti alla tua terra e al tuo passato, portarti via la serenità, impedirti di trovare una casa, scriverti insulti sulle pareti del tuo paese, possono fare il deserto intorno a te. Ma non possono estirpare quel che resta una certezza e, per questo, rimane pure una speranza. Che non è giusto, non è per niente naturale, far sottostare un territorio al dominio della violenza e dello sfruttamento senza limiti. E che non deve andare avanti così perché così è sempre stato. Anche perché non è vero che tutto è sempre uguale, ma è sempre peggio.

Perché la devastazione cresce proporzionalmente con i loro affari, perché è irreversibile come la terra una volta per tutte appestata, perché non conosce limiti. Perché là fuori si aggirano sei killer abbrutiti e strafatti, con licenza di uccidere e non mandato, che non si fermano di fronte a nessuno. Perché sono loro l'immagine e somiglianza di ciò che regna oggi su queste terre e di quel che le attende domani, dopodomani, nel futuro. Bisogna trovare la forza di cambiare. Ora, o mai più.

Copyright 2008
by Roberto Saviano
Published by arrangement
of Roberto Santachiara
Literary Agency

(22 settembre 2008)

Ma 'sto genio l'avevate mai visto?

voglio un buldog!

domenica 21 settembre 2008

PAOLO MIGONE VITA DA SINGLE

Anche a casa mia c'è "Antonio"...

sabato 20 settembre 2008

Guzzanti

novità...

guardate in fondo alla pagina, ci sono un po' di gadgets nuovi nuovi tutti per voi! Vi ho messo i trailer dei film in uscita, la tv, le previsioni del tempo, ecc. ecc. (più una vecchia droga: PACMAN!)

Ancora il libro di Eggers...

Tabitha, ti amerò fino al giorno in cui ci rivedremo. Ci dev'essere qualcosa per gli innamorati come noi, ne sono sicuro. Nell'aldilà, in qualche modo, ci dev'essere qualcosa. So che non eri sicura sul mio conto, e che ancora non avevi scelto me fra tutti, ma ora che te ne sei andata lasciami pensare che alla fine avresti deciso che quello giusto ero io.
[...]
Tabitha, spesso prego per te. Sto leggendo "In cerca del cuore di Dio" di Madre Teresa e Fratello Roger e ogni volta che ne rileggo una pagina trovo dei brani che sembrano scritti per me e che descrivono quello che provo in tua assenza. Fratello Roger dice: "Quattrocento anni dopo Cristo un credente di nome Agostino viveva in Nordafrica. Aveva avuto parecchie disavventure, tra cui la perdita dei suoi cari. Un giorno fu capace di dire a Cristo: 'O verità, luce del mio cuore, tu non lasciare che mi parli il mio buio'. [...]

venerdì 19 settembre 2008

Mar Nero di Federico Bondi. Anteprima a Firenze

Uscirà nelle sale tra ottobre e novembre. Io l'ho visto ieri in anteprima al teatro Verdi di Firenze. Erano presenti in sala il regista, due attori (Ilaria Occhini e Corso Salani) e lo sceneggiatore, Ugo Chiti. La proiezione è avvenuta in occasione della serata inaugurale delle "Giornate del cinema europeo" (www.giornatecinema.eu): undici giorni di proiezioni di film europei mai distribuiti in Italia. In particolare, le retrospettive sono dedicate a Corso Salani, attore e regista fiorentino, e Per Fly, regista danese della scuola di Lars Von Trier.

Il film parla di una badante rumena (Angela, interpretata da Dorotheea Petre) che riesce a farsi ben volere dalla propria assistita, una nonna fiorentina dal carettere burrascoso e schietto (una "toscanaccia", come si suol dire), ma infondo dal cuore tenero. Gemma, questo il nome della nonnina, è interpretata dall'attrice teatrale Ilaria Occhini. Si può dire che la cosa migliore del film è proprio la sua interpretazione, che le ha fatto meritare il premio ottenuto al Festival di Locarno e ha strappato un'ovazione al pubblico del teatro Verdi.

Anzi, si potrebbe anche affermare che tutto il film si regge sulla performance della Occhini, o quasi. Se si togliesse dalla pellicola la sua prova d'attrice, forse, il film non resterebbe nella memoria a lungo. Questa è l'impressione. Federico Bondi è un giovane come si suol dire di talento, è riuscito ad affrontare il tema dell'immigrazione nel nostro Paese, della difficile integrazione, ecc. Ha avuto il merito di farlo puntando il fuoco della macchina da presa su un aspetto particolare: l'immigrazione di una ragazza rumena nell'anno dell'entrata della Romania nell'Unione europea. Questo gli ha consentito di non scivolare nella retorica dei buoni sentimenti, sviluppando una trama narrativa asciutta, senza autocompiacimenti visivi che spesso è il tallone d'achille dei giovani registi. Eppure quello che rimane a visione ultimata è che Bondi sia riuscito solo il parte, che abbia svolto il compitino, quasi da saggio finale di una scuola di regia: inquadrature giuste, dosaggio equilibrato di primi piani e campi lunghi, qualche point of view originale, una dose calibrata di macchina a mano (che non riesce tuttavia ad evitare allo spettatore quella dose minima di capogiro, che sembra ormai un must dei film che vogliono avere la patente di film d'autore o i premi della critica ai festival del cinema).

Non bisogna essere però eccessivamente critici. Bondi ha tutto il tempo per maturare e la sua prima prova si è meritata già la giusta attenzione di un pubblico esigente come quello di Locarno. In fin dei conti Mar nero è un bel film, che si lascia guardare molto volentieri; che fa sorridere e riflettere, affrontando un tema d'attualità in modo serio e onesto. In più, e non è poco, Bondi ha saputo dirigere bene i suoi attori, la cui prova complessiva è ottima, con la menzione speciale, come detto, della Occhini, che vale il prezzo del biglietto.

La scena più significativa del film, e una delle più divertenti, è quella che vede Gemma affrontare la sua vicina pettegola, rea di aver intimidito Angela, sospettandola ingiustamente di essere venuta in Italia per accasarsi, magari rovinando qualche famiglia, e minacciandola di chiamare i carabinieri. Gemma, con linguaggio colorito, fa notare alla sua vicina che la Romania sta entrando in Europa e quindi non ci sarà più bisogno di permessi vari perché Angela possa lavorare in Italia.

Girato a Firenze e in Romania, il film è un po' lento all'inizio e un po' "leggero" alla fine, nella parte in cui le riprese si spostano in Romania. Ma sono peccati veniali.

La proiezione al teatro Verdi ha avuto un curioso siparietto all'inizio della serata. Dopo le presentazioni di rito e i discorsi dell'assessore alla cultura (mai manchi), è iniziata la proiezione, che però è stata quasi subito interrotta perché non era partito l'audio. Riaccese le luci in sala, tutti hanno notato che la sedia in cui era seduto il regista era vuota. Evidentemente era stato lui ad andare in sala di proiezione per chiedere che il film fosse rimandato dal principio Quello che gli spettatori avevano perso era un sottofondo musicale, ritenuto da Bondi importante perché accompagna tutta la storia legando il finale con l'inizio.

Io, dal mio palchetto al terzo piano, non ho visto benissimo lo schermo, e confesso di essermi distratto un po', spettegolando sulla moglie del regista, mia collega universitaria al corso di storia, nonché appartenente a una famiglia bene di Firenze. Il che, naturalmente, mi ha irresistibilmente condotto a malignare sul perché il buon Matteo sia riuscito, così giovane, a trovare i fondi e le conoscenze per fare un film. Bravo, per carità, come regista, ma insomma...piuttosto incapace di parlare, per esempio, alla fine della proiezione, manco per dire due parole in croce. Forse tradito dall'emozione, il giovanotto si è limitato a presentare la vera badante di sua nonna che ha ispirato il film...che dire, un bravo ragazzo!

(ovviamente questi ultimi commenti sono tutta invidia)

sabato 13 settembre 2008

Mea culpa


Ieri, mentre rientravo a casa, un ragazzo di colore, come tanti ne vediamo sulle nostre strade, intenti a vendere orologi, occhiali o altre cose che non ci servono, mi si è avvicinato. Non voleva però vendermi nulla. Voleva che mettessi una firma "contro la guerra nel Sudan". Io ho fatto un gesto infastidito di diniego e ho tirato dritto. Era già fuori dal mio campo visivo quando l'ho sentito dire "ok, ok" e tentare col passante successivo.
In quella via capita spesso di essere fermati, soprattutto da quelli di "Mondo libri" che con la scusa di chiederti "l'ultimo libro letto" ti estorcono un abbonamento; oppure quelli di "una firma contro la droga"... Perciò per me è stato un gesto quasi incondizionato quello di allontanare lo "scocciatore". Che se ne fa della mia firma? Cosa pensa, che possa fermare la guerra?
Dietro queste domande però si nascondeva il mio senso di colpa. Potevo almeno chiedergli perché volesse la mia firma, che cosa ne avrebbe fatto, in che modo pensava potesse servire. Gli potevo chiedere il suo nome, la sua storia...ma avevo il tempo per ascoltarlo? Ne avevo la voglia? Temo di no.
Spero di rivederlo, così magari cerco di rimediare. Intanto confesso pubblicamente la mia colpa, chiedo ai bloggisti l'assoluzione e, per espiare, trascrivo un brano del libro di Dave Eggers, Erano solo ragazzi in cammino.

La famiglia di Lino viveva nel bacino del Muglad, una zona nuer nei pressi del confine tra Nord e Sud. Sfortunatamente per quella gente, nel 1978 la Chevron scoprì un grosso giacimento proprio lì e Khartum, che aveva autorizzato la trivellazione, diede un nuovo nome alla regione, usando la parola araba che significa "unità". [...] nel 1980 Khartum cercò di ridisegnare i confini tra Nord e Sud per fare in modo che i giacimenti si trovassero al Nord! Non ci riuscirono, grazie a Dio, eppure qualcosa andava pur fatta per tagliare fuori i Nuer, per tenerli lontano dal petrolio, assicurandosi altresì che non vi sarebbero mai state interferenze in futuro.
Fu a partire dal 1982 che il governo cominciò a fare sul serio con coloro, come la famiglia di Lino, che vivevano proprio sopra il petrolio. I murahaleen cominciarono a farsi vivi con le armi automatiche, [...]. L'idea era quella di obbligare i Nuer a lasciare i territori sotto cui si trovava il petrolio in modo che questi fossero poi protetti dai Baggara o da forze di polizia private che distogliessero da qualunque tentazione di ribellione. Fu così che arrivarono gli uomini a cavallo, come sempre, con i loro fucili e le loro razzie e la violenza a casaccio. All'inizio si trattò di poca cosa, essenzialmente di un messaggio inviato ai Nuer che vivevano proprio sopra i giacimenti: lasciate la zona e non tornate mai più. la famiglia di Lino non lasciò il villaggio. non compresero il messaggio, oppure decisero di ignorarlo. Sei mesi più tardi i soldati dell'esercito sudanese fecero visita al villaggio per chiarire meglio il suggerimento. Ai Nuer fu ordinato di andarsene una volta per tutte, attraversare il fiume e trasferirsi a sud. Fu detto loro che i nomi di tutti sarebbero stati registrati e che avrebbero ricevuto una ricompensa per tutto quello, proprietà, case, campi, che fossero stati costretti a lasciare. Per cui quel giorno la famiglia di Lino e tutti gli altri abitanti del villaggio diedero il proprio nome ai soldati e quelli se ne andarono. Anche a quel punto la famiglia di Lino non se ne andò. [...] Loro e centinaia di cittadini decidono semplicemente di rimanere dove si trovano. Un mese dopo, com'era prevedibile, un reggimento di miliziani e soldati prese possesso del villaggio. Percorsero in tutta tranquillità le strade, proprio come era accaduto quando erano venuti a prendere i nomi. Non rivolsero la parola a nessuno. Non appena ciascuno ebbe preso posizione, aprirono il fuoco. Uccisero diciannove persone nel primo minuto. Inchiodarono un uomo a un albero, gettarono un neonato in un pozzo, uccisero in tutto trentadue persone, quindi risalirono sui loro camion e se ne andarono. Quel giorno i sopravvissuti fecero i bagagli e fuggirono verso sud. Entro la fine del 1984 il villaggio di Lino e quelli nei dintorni che sorgevano al di sopra dei giacimenti furono ripuliti dai Nuer e la Chevron fu libera di dare il via alle trivellazioni. (p. 283-285)

venerdì 12 settembre 2008

comincio ad avere paura

Ho appena letto l'articolo dell'Espresso "Così ho avvelenato Napoli" che riporta le dichiarazioni del pentito Gaetano Vassallo, il quale spiega minuziosamente come ha smaltito per conto della Camorra tonnellate di rifiuti tossici nel corso degl'anni. Vassallo fa i nomi anche dei referenti politici e chiama in causa l'attuale sottosegretario all'economia Nicola Cosentino.
Fermo restando che si tratta di dichiarazioni la cui attendibilità è ancora tutta da dimostrare e che vale sempre la presunzione d'innocenza fino a condanna definitiva, quello che mi spaventa è che la Repubblica dà la notizia di una perquisizione della Guardia di Finanza nella redazione dell'Espresso e nelle abitazioni dei giornalisti che hanno condotto l'inchiesta, con tanto di requisizione dei loro computer.
Io la trovo una cosa agghiacciante. Ma la Costituzione non la rispetta più nessuno? L'articolo 21 è carta straccia? A parte le difese dei colleghi (non tutti, per altro), che rischiano di sembrare corporative se rimangono isolate, possibile che la società civile non s'indigni per una cosa del genere?

giovedì 11 settembre 2008

Travaglio vs D'Avanzo. Atto finale. ...o no?

Tempo fa avevo commentato su questo blog la "lite" Travaglio-D'Avanzo, dando alternativamente ragione all'uno e all'altro. Ci torno su solo per segnalare che Travaglio ha trovato le prove che sconfessano la notizia data da D'Avanzo di sue vacanze pagate da mani "sporche". Perciò mi limito a segnalare l'articolo "Carta canta" pubblicato su voglioscendere.it, il cui link trovate qui di fianco.
...nel frattempo leggo sul sito di repubblica la replica di D'Avanzo e, per completezza dell'informazione, non posso che rimandare alla lattura anche di questo articolo.
Devo dire però che queste beghe fra prime donne mi hanno cordialmente stufato. Ci metto volentieri un bel CHISSENEFREGA sopra e non ne parlo più.

Napoli e ancora spazzatura. 8/settembre/2008

Mi è capitato di vedere la prima puntata di Ballarò. Come sempre D'Alema è riuscito a infastidirmi: anziché contestare i meriti del governo Berlusconi, sembrava volesse arrogarsene la paternità. Per esempio, sulla spazzatura a Napoli anziché dire che Berlusconi non ha risolto proprio niente, sosteneva che il merito della riuscita era in realtà del governo Prodi!! Eppure gli sarebbe bastato fare un giro per i blog o youtube (non dico per Napoli, non sia mai che i politici scendano in strada a verificare di persona!) per rendersi conto di come stanno davvero le cose.
Volevo postare il video del discorso di D'ALema a Ballarò, ma non ci sono riuscito. Potete consultarlo facilmente sul sito della trasmissione (le affermazioni di D'Alema sono subito all'inizio, non serve sentirlo tutto). Questo è il link: http://www.rai.tv/mpplaymedia/0,,RaiTre-Ballaro%5E17%5E126320,00.html#
Confrontate quello che dice l'ex ministro con questo video che traggo da youtube...

mercoledì 10 settembre 2008

martedì 9 settembre 2008

Saviano al Festival della letteratura

Pare che sia in atto contro Saviano, l'autore di Gomorra, quell'operazione di revisione e isolamento che in passato non ha prodotto mai nulla di buono per chi ne è stato vittima. A Casal di Principe prende piede l'idea camorrista che il libro sia un cumulo di menzogne che screditano il paese. La parente di un boss ha reso una pubblica intervista televisiva in cui chiedeva che cosa gli abitanti di Casale hanno fatto a Saviano (gli hanno violentato la ragazza?) per meritare di essere infangati presso l'opinione pubblica. Lui, com'è nel suo stile, ha accettato la sfida e rilanciato, dal palco del Festival della Letteratura di Mantova. Trovo giusto e doveroso che l'opinione pubblica in questione non lo lasci solo in questo momento, perciò posto sul blog il video del suo intervento che traggo dal sito di rainews24.

Mi permetto anche di suggerire la lettura degli articoli pubblicati sul n. 37 (in edicola) di Famiglia Cristiana consultabili online sul sito della rivista. Mi riferisco alla rubrica "Colloqui col padre", dal titolo Un Paese che non si scandalizza più di nulla, e Di questo calcio possiamo benissimo fare a meno.

Oggi è 9 settembre 2008. Memoria storica

Mentre l'opposizione di sinistra fa opposizione, come sempre, a se stessa e il mio concittadino Soro definisce il partito di Di Pietro un partito personale che aiuta il Pdl, il ministro della Difesa della nostra Repubblica ha ricordato pubblicamente, davanti al Capo dello Stato della nostra Repubblica, i Repubblic...hini. Non se la sente (povero!) di dimenticarli...!
Proprio oggi, 9 settembre 2008, centenario della nascita di Pavese, che nel 1931 fu costretto a insegnare solo in scuole private perché non si era voluto iscrivere al Partito Fascista; e che nel '35 venne arrestato e poi mandato al confino perché scambiava lettere d'amore con una fanciulla che militava nel Partito Comunista e che gli spezzò il cuore.
Per fortuna ci sono gli stranieri che conservano un po' di memoria storica dell'Italia. Spike Lee ha presentato ieri il suo ultimo film sulla strage di Sant'Anna di Stazzema: il 12 agosto del 1944 le SS uccisero e bruciarono 560 civili, per lo più anziani donne e bambini.
Meno male c'è rimasto un americano che se lo ricorda.

lunedì 8 settembre 2008

Veltroni e i suoi fratelli (coltelli)

Ufficialmente è finita ieri ma si può dire che in realtà sia finita sabato pomeriggio, quando nella sala dibattiti "Giorgio La Pira" Enrico Mentana ha intervistato Walter Veltroni.

Il programma dava appuntamento per le 18. Questa volta non volevo incorrere nell'errore dei giorni precedenti, perciò sono uscito di casa alle cinque meno venti e alla cinque meno cinque sono entrato alla Fortezza, pronto a sedermi in seconda fila (le prime di solito sono "riservate"). Mi sono diretto a passo svelto verso il tendone. Già prima di entrare però ho capito: avevano avuto tutti la stessa idea. La sala era già piena.

Neanche un posto a sedere, più di un'ora prima!! Impressionante! Ma nessuno è andato al mare? Eppure c'è ancora un caldo che si muore! Mi rassegno subito a cercare un posto a sedere...per terra. Gli uomini della sicurezza però mi respingono più di una volta. Non se ne parla. O hai la sedia o t'arrangi. Fuori c'è il maxischermo. Idea geniale: faccio come quelli laggiù, mi siedo nell'impalcatura a base quadrata della telecamera! È perfetto: sono seduto e si vede benissimo. Talmente perfetto che non può essere vero. Infatti arriva il cameramen armato di nastro adesivo, ci fa alzare tutti e delimita il suo territorio. Non si può stare lì, è pericoloso e facciamo ballare la telecamera. Obietto che è fissata con bulloni grossi come il palmo della mia mano. Lui mi guarda male e mi basta lo sguardo.

Riprendo a peregrinare alla ricerca di un posto. La gente continua ad entrare e nonostante sia tutto aperto c'è un caldo allucinante. Una ressa indescrivibile e sono solo le cinque e dieci. Insomma, pesta e ripesta, alla fine convinco uno della sicurezza a far sedere me e gli altri dietro di me per terra, in fila indiana, accanto alle sedie. Naturalmente lasciando il passaggio per eventuali barelle se qualcuno si sentirà male. Così mi ritrovo per terra, sì, ma in prima fila!

Non mi posso lamentare. Fra l'altro seduto per terra affianco a me c'è un senatore, Vincenzo Vita. Roba da matti! Da un lato l'apprezzo, evidentemente è una persona umile; dall'altro, che organizzazione è? E poi per Veltroni? Mah! Per di più i suoi "illustri" colleghi sono seduti nella fila di fianco a noi. Vannino Chiti, Martini, Rosy Bindi, Follini, Pistelli (quest'ultimo non è stato riconosciuto dalla sicurezza, che l'ha bloccato col classico "lei dove va?" . Che smacco per il suo amor proprio!): nessuno che lo veda e gli dica "Vincenzo che fai per terra? Sei matto? Siediti qui!". Non se lo fila nessuno, povero! Begli amici! Se ne starà lì, per terra, seduto su una sua borsa, per tutto il tempo, senza mai tradire una smorfia di dolore. Evidentemente ha una schiena migliore della mia! Io cambio posizione ogni cinque minuti!

Per farla breve, entra Mentana e presenta Walter. Ovazione.


Dopo i ringraziamenti di rito, le prime parole del Segretario saranno naturalmente per Parisi. L'ex ministro della Difesa, appena ieri, su questo stesso palco, ha rovinato la Festa, tirando fuori tutto il malcontento, ma forse anche il livore, dei "prodiani". Ha definito un fallimento il governo ombra, una falsa partenza il Pd, e ha accusato Veltroni di aver affossato il governo Prodi con il suo discorso di Torino, in cui, si ricorderà, annunciò di voler correre da solo nelle future elezioni. Addirittura ricorda i giovanotti di An che nel festeggiare Alemanno sindaco di Roma hanno esposto il cartello "Walter santo subito". Insomma, dopo quel discorso, Prodi è caduto, Roma è andata a un sindaco di An e Walter ha perso le elezioni. Picconate pesanti, ma, sinceramente, non riesco a dargli torto.

Topo Gigio, come lo chiama il Grillo parlante, si è però trasformato in un bufalo che sputa fumo nero dalle narici. Così prima ancora che sia Mentana a chiedere, risponde per le rime al professore sardo. Prima lo paragona a Tafazzi, poi fa partire velate "minacce": i dirigenti del futuro Pd saranno scelti tra quelli che non frequentano le aule universitarie o i circoli politici ma la Ggente...applauso. E fischi (pochi ma buoni) per Parisi.
(Lo so, è storto, ma non so perché e non so come si fa a raddrizzarlo) Giusto, spirito di squadra! E giusto anche rinnovamento (ma Lui, Walter, è giovane? Nuovo?)!
Sarà, ma continuo a dare ragione a Parisi, per me il primo Tafazzi è stato lui. E poi una cosa che gli ex diessini dimenticano sempre è che Prodi, sino a prova contraria, due volte è andato contro Berlusconi e due volte ha vinto. Rutelli ha perso, Veltroni idem. D'Alema non lo ha mai affrontato alle elezioni, e l'ha resuscitato dai morti con la Bicamerale. Eppure D'Alema, Rutelli e Veltroni hanno fatto presto a disfarsi del Professore, dando l'impressione di considerarlo, al di là della stima di facciata, un "utile idiota". Invece farebbero bene a chiedersi se Prodi ha vinto sempre contro Berlusconi perché la sua linea politica, che mirava a creare un'alleanza di centro-sinistra, era quella giusta. Certo col Prodi II è una linea che ha fallito, ma quanto per colpa di Prodi? Tutte le colpe sono del Professore? Un po' di onestà intellettuale dovrebbe portare i vari D'Alema, Veltroni (e mettiamoci anche Marini, Bertinotti & Co.) a fare un minimo di autocritica. Mastella certo non andava nominato ministro della Giustizia (ma quanti avrebbero tollerato Di Pietro?), però non si è "girato" da solo. Al di là dei guai giudiziari, quello che lo ha mandato in bestia è stata proprio la linea di Veltroni di correre da solo. Linea che minacciava di farlo scomparire, come poi infatti è puntualmente accaduto.

C'è n'è anche per Di Pietro. Questa volta è Mentana a provocare: ricorda a Veltroni che D'Alema si è rifiutato di rispondere alla domanda sull'alleanza con Di Pietro, girandola implicitamente al Segretario. Veltroni non si sottrae e risponde. Si vede che l'alleato risulta ingombrante e imbarazzante.


Concludendo: l'importante, fra fratelli, è volersi bene!

domenica 7 settembre 2008

Veltroni e i suoi fratelli (alla Festa del Pd)

Ho fatto volontariato per una decina d'anni, quelli in cui si ha il coraggio dell'estremismo; gli anni in cui tutto è bianco o nero, senza sfumature; gli anni in cui i buoni sono solo buoni e i cattivi sono solo cattivi. Gli anni dell'adolescenza.

Allora ho imparato a distinguere fra quelli che si riempiono la bocca con la parola solidarietà e quelli, scusando l'immagine sgradevole, che puliscono il culo a un ammalato. Questi ultimi, di solito, non pronunciano mai quella parola, o lo fanno pochissimo. Quando si assiste un ammalato non c'è tempo per fare tanti discorsi, contano i fatti. Se un ragazzo di trent'anni si trova in carrozzella e bestemmia la vita, non serve dirgli quanto questa sia bella (a meno che non si voglia ricevere uno sputo in faccia). Io, a suo tempo, ho scelto la mia categoria, perciò ho chiuso la bocca, mi sono rimboccato le maniche fino al gomito e...
Quando sento parlare Veltroni, spesso ho la sensazione che sia uno di quelli che magari cita volentieri Madre Teresa, ma che non ha mai pulito... il suddetto. È un'impressione, sicuramente è sbagliata. Non conosco di persona Veltroni, non posso sapere che esperienze ha fatto nella sua vita, quindi non voglio dare giudizi arbitrari. Voglio solo palesare la mia impressione, che è quella che è e vale quello che vale. Solo, la voglio giustificare con quello che ho detto. Madre Teresa, per restare all'esempio, era una che metteva le mani sulla lebbra, il naso sulle esalazioni pestilenziali della malattia, le orecchie nelle urla strazianti del dolore. Chi l'ha conosciuta l'ha sempre descritta come una donna di poche parole, ma efficaci. Ricordo un'intervista del Cardinal Martini che diceva di averla incontrata la prima volta a Milano. Lei si presentò e gli disse: nei prossimi giorni aprirò una casa qui a Milano, mi aiuti lei. Era quasi un ordine, dato per di più a un suo "superiore"! Non aveva tempo di discutere. Faceva e basta.
Insomma, tutto questo per dire che ieri, alla Festa del Pd, quando Veltroni, parlando dell'immigrazione, ha detto che ci vuole rigore ma nell'inclusione perché lui non se la sente di mandare via un suo fratello che chiede aiuto, perché l'immigrato è suo fratello, e ha ricevuto un'ovazione con standing ovation, io sono rimasto seduto e ho canticchiato: Mio fratello che guardi il mondo...

venerdì 5 settembre 2008

PD...Partito Demotivato

Sull'Unità di oggi leggo un'intervista a Cacciari che sostanzialmente dice che il Pd, così com'è, che ci sia o che non ci sia è uguale: nessuna linea politica, nessuna presa di posizione su temi fondamentali come federalismo fiscale, pochi leader capaci di dare linfa vitale alla discussione politica ecc.

Sempre sull'Unità di oggi leggo le dichiarazioni di Franceschini, qui a Firenze: se qualcuno pensa di rifare il Centrosinistra sbaglia. Riferimento a D'Alema, che in questo senso si era espresso ieri, sempre qui alla Fortezza da Basso. Ma anche Rosy Bindi, l'ho sentita io dire che bisognava rifare le alleanze e dialogare con Rifondazione. Franceschini non l'ha sentita perché è arrivato oggi, e perciò cita Prodi che, a quanto pare, vorrebbe anche lui ritornare all'Ulivo. Nell'intervista che citavo prima, invece, Cacciari ha detto che la linea di Veltroni del "corriamo da soli" è definita e non si torna indietro. Altrimenti congresso. E, da quel che mi dicono, oggi alla Fortezza anche Parisi ha avuto da dire. Se ricordo bene è stato lui il primo a parlare di Congresso.

Ricapitolando: Bindi Prodi e D'Alema vogliono rifare il Centrosinistra-Ulivo, Veltroni, Cacciari, Franceschini no. Ma Franceschini apre ai moderati del PRC, tipo Vendola (forse per bilanciare Di Pietro). Parisi vuole il Congresso, gli altri no...o forse...

Poche idee, ma confuse. Ricordo qualche anno fa il Social forum sempre alla Fortezza: relatori da tutto il mondo e di primo livello (Vandana Shiva & co.). Discussioni sui problemi reali delle persone: ambiente, ogm, immigrazione... Non dico che in questa Festa del Pd non ci siano (si è parlato di lavoro, economia ecc.), ma ho l'impressione che siano messe in secondo piano, per gli orari (metà pomeriggio, in genere) o le sale dove si svolgono.

Avantieri, ad esempio, nella sala grande c'erano Fini e Amato che noiosamente parlavano fra di loro, mentre nella saletta più piccola si ricordava il generale Dalla Chiesa, con Caselli, Nando Dalla Chiesa...si parlava di Mafia, Camorra...boh, mi sembra che questa Festa sia troppo referenziale, poco aperta a persone e idee nuove, e poco attenta ai problemi veri delle persone.

giovedì 4 settembre 2008

Un giorno perfetto alla Feltrinelli

Come al solito arrivo un po' in ritardo...
Posti a sedere zero, ma poco posto anche in piedi, se è per quello! Va be', pazienza. Mi rassegno a resistere un paio d'ore.
Parte l'applauso...Ozpetek e...eccola lì: Isabella Ferrari! Domenico Procacci è quel capellone affianco. Non se lo fila nessuno, naturalmente, e lui si guarda bene da attirare l'attenzione, sa che è meglio così. Eppure ha più soldi lui di tutti i presenti messi insieme!
Ozpetek indossa una camicia bianca. Perfettamente a suo agio, parla al microfono tranquillamente. Sembra il fratello serio di Moccia. Dice tante cose: che gli fa più paura il giudizio di Firenze che quello di Venezia, perché a Firenze c'è un pubblico più esigente; che il libro non l'aveva letto ma ne aveva due copie in libreria, perché lui compra sette-otto libri alla volta (c'è chi può!) e poi magari ne legge uno e gli altri se li scorda o li legge dopo anni, e così gli capita di dimenticarsi di aver già comprato un libro e lo ricompra. Così è successo per Un giorno perfetto della Mazzucco, chissà perché...forse gli piaceva la copertina. Gli chiedono come mai questa volta ha abbandonato la commedia sentimentale per la tragedia e lui risponde che in Saturno contro c'era un lutto e che nel film se ne parlava per un'ora. Poi dice che non gli interessa che i suoi film diano un messaggio, ma solo che suscitino nello spettatore un coinvolgimento dei sentimenti. Tuttavia gli importa che della tematica della violenza sulle donne, di cui si tratta nel film, si parli, perché spesso non suscita la dovuta indignazione. Racconta che un giorno sul set per esigenze di scena c'erano Stefania Sandrelli, Isabella Ferrari e Monica Guerritore insieme. I truccatori erano preoccupati, ma le tre dive non si sono scannate, anzi si sono scambiate un sacco di complimenti reciproci...forse troppi: era tutto un dire "sei splendida!", "quanto sei brava!"...Il pubblico ride e Isabella Ferrari si copre il viso con la mano.
Già, Isabella Ferrari...è lì, di fianco al regista, col suo taglietto sul labbro superiore, bionda, quanto è Bionda Isabella Ferrari!...Dice che aveva letto il libro da tanto e aveva subito pensato a un film, e che le sarebbe piaciuto recitare una parte. Poi, quando è venuta a sapere che il film si sarebbe fatto e l'avrebbe girato Ozpetek, si è proposta, mandandogli un sms. Ma, delusione!, lui non le ha risposto. Dice che era rimasta male, anche perché si era impegnata a scrivere quel sms, lo aveva scritto bene...Alla fine la parte l'ha avuta, dopo un provino.Poi loda Ozpetek, che è capace di creare un clima familiare sul set, che rende le attrici belle (e questo è importante, viva la sincerità!), che sa tirare fuori il meglio dagli attori che forse per questo poi ricevono molti premi. Aggiunge anche un particolare curioso, cioè che a casa di Ozpetek si mangia sempre molto bene, che il suo frigo è pieno di cibi ricercati e raffinati.



Lui conferma asserendo di aver trovato in Isabella una degna compagna di forchetta in questi giorni a Venezia e anche a Firenze, dove hanno mangiato in un ristorante che serviva anche un ottimo vino. Aggiunge di aver chiamato la sua amica (credo che faccia il nome di Serra Yilmaz ma purtroppo l'ho perso) e di averle detto Ora capisco perché vieni sempre qui a Firenze!...
Quindi Ozpetek elogia la Ferrari, che è una grande attrice e che sul set è molto disponibile, perciò è piacevole lavorare con lei: racconta che in una scena ha chiesto a Valerio Mastandrea di leccare la bocca sporca di sangue della Ferrari e poi gli è venuta un'altra idea e ha detto: Adesso aprile la bocca e s
putaci dentro! Tutti sono rimasti in silenzio perplessi, temendo la reazione della Ferrari, che invece ha esclamato: Geniale! La Ferrari ridendo si schernisce e confessa di essere disposta a tutto pur di conquistare Ozpetek...
Alla fine la proiezione del trailer e del backstage. Poi le domande del pubblico, tutte più o meno insignificanti (tipo: Isabella com'era quello schiaffo di Mastandrea? Risposta: finto). Tutte tranne una. Una ragazza chiede a Ozpetek se è stato in analisi. Lui tranquillamente risponde di sì. Dopo una storia finita, aveva attacchi di panico e cose simili. Così è andato da un analista. Il primo giorno, entrato nello studio, aveva notato che c'erano kleenex dappertutto. Ma perché tutti questi kleenex?, si domandava.
Poi il dottore gli aveva fatto la prima domanda e lui è scoppiato subito in lacrime, ed ha capito la ragione dei fazzoletti.



Finale: firma degli autografi e foto varie...(io ne scatto senza accorgermene 145!)

Sicuramente ho dimenticato qualcosa, però un'idea ve l'ho data, spero. Il film ancora non l'ho visto. So di attirarmi gli strali di tutte le lettrici del blog, ma i film di Ozpetek non mi attirano tanto...appartengono alla categoria scientifica dei "film di femmina".

mercoledì 3 settembre 2008

Festa del PD

Finalmente, dopo qualche giorno di assenza dovuta a un guasto alla linea telefonica, posso riprendere ad aggiornare il blog. A Firenze è in corso la Festa del Pd, che sarebbe la continuazione della vecchia festa dell'Unità. Stessa location (Fortezza da Basso), stessi stand (più o meno), clima forse un po' diverso. Già da qualche anno la festa si era "imborghesita", almeno secondo i parametri dei giovani di sinistra (quelli che considerano D'Alema un fascistone) che gli preferiscono una birretta (e una cannetta) a piazza Santo Spirito. In effetti l'impressione d'imborghesimento c'è, tanto più ora che è il Pd l'organizzatore. Io finora ho visto solo due dibattiti...e mezzo. Quello su laici e cattolici in politica, ospiti Rosy Bindi e Vannino Chiti, l'ho mollato dopo un quarto d'ora. Non dicevano nulla di interessante. Il giorno prima avevo seguito l'incontro tra Di Pietro e sempre la Rosy Nazionale...anche questo nulla di che, a parte qualche scaramuccia fra Di Pietro che si lamentava di essere stato lasciato solo sul referendum contro il Lodo Alfano e la Bindi che gli rimproverava di non aver fatto neanche una telefonata per chiedere questo aiuto...insomma, profilo bassino, beghe condominiali. Di Pietro prendeva applausi quando picconava Berlusconi, ma anche Rosy Bindi mieteva successi quando picconava...Veltroni! ...scherzo, ha preso applausi per aver detto che il Pd era appena nato, che bisognava ricostruire il Centro sinistra sulla scorte del vecchio Ulivo, non dell'Unione...ma allora, le avrei chiesto, perché diavolo avete voluto correre da soli, se ora parlate di riaprire il dialogo con Rifondazione!!!...perché diavolo avete affossato l'Ulivo!!!...lei probabilmente mi avrebbe risposto che se avesse vinto le primarie avrebbe tenuto una linea diversa... Comunque, l'impressione che mi sono fatto non è stata buona: discorsi vecchi, triti e ritriti, sentiti mille volte a Ballarò.

Meglio invece il dibattito di ieri fra Fassino e Frattini. Sarà per le tematiche più importanti e scottanti, come la situazione in Georgia, i rapporti con la Russia, ecc. Ma forse il merito è stato più di Frattini che di Fassino. Ha tenuto sempre un profilo alto, da Ministro degli Esteri quale è, impegnato a difendere il prestigio internazionale dell'Italia. Frattini si è guardato bene dal nominare Berlusconi, sapendo che i fischi gli sarebbero piovuti addosso copiosi, e ha accuratamente evitato di replicare alle frecciatine di Fassino sul poco europeismo di alcuni suoi colleghi di governo. Ha tenuto invece a rimarcare il ruolo di mediatore svolto dall'Italia in questa crisi del Baltico e ha fornito di prima mano le notizie relative al viaggio che oggi lo vede in Georgia e poi in Russia. Ha illustrato le proposte che avrebbe fatto al Presidente georgiano, per esempio uno snellimento della procedura burocratica sui visti, alcuni accordi economici, ecc. in cambio di un impegno a tenere un comportamento equilibrato e che non forzasse la mano all'Europa. Poi ha spiegato che l'importanza strategica di buoni rapporti con la Russia, non solo per l'apporto energetico che dà all'Italia ma, in senso più ampio, per tematiche come la lotta al terrorismo, la pace in Medio Oriente, i rapporti tra Pakistan e Afghanistan...insomma, ha detto molte cose interessanti, che mi hanno fatto capire come la politica affronta anche problemi molto seri, basta uscire dal nostro orticello. Fassino ha proposto, dal canto suo, una nuova Helsinki, cioè una Conferenza internazionale volta a creare un'"architettura di sicurezza" da Vancouver a Vladivostok. Proposta interessante ma da lui stesso definita auspicabile ma difficilmente realizzabile in tempi brevi. Più teorica che pratica, come tutto quello che ha detto Fassino in tutta la serata: grandi disquisizioni sull'evoluzione dei processi storici nei territori dell'ex Unione sovietica ma a ben vedere poco arrosto. Un amico all'uscita mi ha confidato di essersene andato a metà serata perché Fassino non diceva nulla di sinistra. Un po' è vero. Quando Frattini ha detto che in Italia, per non dipendere dall'energia russa, bisogna installare centrali nucleari, si è preso i suoi bravi buu e fischi, ma poi la replica di Fassino è stata talmente pallida da lasciare la platea ammutolita: ha esordito dicendo che lui sul nucleare non aveva pregiudizi ideologici e lo preoccupavano solo i tempi lunghi e (bontà sua!) lo smaltimento delle scorie!
Alla fine applausi per tutti. Fuori dal padiglione dove si è svolto il dibattito ho assistito a una scena da melodramma: una signora in lacrime ha fermato Frattini dandogli due fogli A4 scritti fitti fitti. Non ho capito che cosa chiedeva ma il ministro molto gentilmente è stato a sentire e prometteva di occuparsi della cosa. Si è solo irrigidito quando la signora gli ha baciato la mano.
Oggi ci sono Fini e Amato e in serata D'Alema...insomma, una sfilza di "fascistoni". Ma forse vado a sentire il "comunista" Caselli che ricorda il generale Dalla Chiesa.