venerdì 23 settembre 2011

Che si fa, azzardiamo?

Tempo fa, un amico edotto di macroeconomia mi dava la ricetta per affrontare la crisi, cioè...giocare al Superenalotto.

Non sono un giocatore incallito, però, ogni tanto, tento la sorte con un "gratta e vinci". Non vinco molto: al massimo 20 euro.

La cosa strana è che, quando vado a riscuotere la vincita, il tabaccaio di turno mi guarda malissimo. Oggi, per esempio, sono andato a riscuotere 10 euro (quindi è come se ne avessi vinto 5, dato che il "gratta e vinci" in questione costa cinque euro). Ho detto: "ho vinto dieci euro", mostrando il cartoncino grattato. Il tabaccaio l'ha guardato come se fosse un vetrino per un tecnico di laboratorio al microscopio, o come si esamina l'oro al banco dei pegni. Poi si è arreso all'evidenza della vincita, e mi ha chiesto: "Le do...?". "Dieci euro!", ho risposto.

Ecco. È a questo punto che mi ha guardato malissimo, consegnandomi sprezzante la banconota da dieci. Mancava solo che mi desse del pezzente.

Evidentemente, si aspettava che mi facessi dare un altro "gratta e vinci", invece che riscuotere i contanti. Ma, se facessi così, mi sentirei un drogato del gioco d'azzardo.

Tutto voglio, fuorché dare a questo Stato che non ci rappresenta la soddisfazione di trasformare i cittadini in viziosi giocatori. Non con me. Non avrà il mio scalpo. Preferisco la filosofia di Woody Allen: prendi i soldi e scappa.

giovedì 22 settembre 2011

Summa lex summa iniuria

Il voto di oggi in Parlamento, che ha negato l'arresto di Milanese, con uno scarto di sei voti, dimostra che esiste una maggioranza numerica ma non politica.
Il Paese è ostaggio del Parlamento.
Il capo dello Stato si trincera dietro i numeri, sostenendo che finché ci sono non può sciogliere le camere. In questo modo, si rende complice di questa situazione. Dovrebbe sapere che summa lex = summa iniuria. E lui più di tutti dovrebbe sapere che la Costituzione richiede una maggioranza politica, non meramente numerica.
Solo Napolitano può liberarci da queste catene, sciogliendo le Camere e indicendo nuove elezioni. O al massimo dando l'incarico a un governo di solidarietà nazionale.

mercoledì 14 settembre 2011

Primo giorno di scuola

Per me significa:
1) Ricordarsi di essere insegnante e non alunno.
2) Dormire male la sera prima, sognando di essere interrogato, non d'interrogare.
3) Fare uno sforzo mentale per uscire di casa all'ora giusta, senza dimenticare nessuno dei libri che servono per fare lezione.
4) Non ricordarsi quanto può arrivare a pesare una 24ore e sentire di conseguenza dolori forti alla spalla e alla schiena, nonché avere in un secondo le dita intorpidite, in attesa che si riformino i calli.
5) Recarsi alla fermata dell'autobus, senza avere la più pallida idea né degli orari, né se per caso è cambiata la fermata.
6) Non trovare posto nel suddetto bus e farsela tutta in piedi, perché si è ancora troppo addormentati per vincere la battaglia di gomitate e spintoni.
7) Non essere più abituati agli afrori della varia umanità che usa i mezzi pubblici.
8) Vedere uno che sale sul bus vestito da pezzente e con la faccia da delinquente, temere che sia ubriaco e che dia in escandescenze, picchiando qualcuno. Oppure, che indossi una cintura esplosiva e si faccia esplodere. E invece indossa un tesserino e ti dice: "buongiorno, biglietti per cortesia!"
9) Rivivere il maleficio per cui i tuoi alunni sono sempre giovani e tu sempre più vecchio.
10) Spiegare alla classe che essere democratici significa essere consapevoli delle proprie libertà ma soprattutto di quelle altrui. E poi vedere all'uscita da scuola due alunne che vanno in una sola bici: una ai pedali e l'altra in piedi sul cestino di dietro; sgridarle per la loro imprudenza, vederle partire lo stesso gridando felici: "Profe: è un atto democratico!"

P.S. 11) aspettare un'ora alla fermata, perché il bus di ritorno ha saltato una corsa.

domenica 11 settembre 2011

Io c'ero

L'altra sera sono stato alla serata di Emergency, al teatro Verdi. C'era la figlia di Gino Strada, Cecilia. Gad Lerner faceva il moderatore-presentatore. Ospiti, tra gli altri, il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, e quello di Milano, Giuliano Pisapia. L'incontro ha avuto un'eco sui quotidiani nazionali, per due motivi: l'annuncio dato da Cecilia Strada che il volontario di Emergency rapito in Africa stava bene e se ne attendeva presto la liberazione, e la contestazione a Renzi, appostrofato come "buffone" o "berluschino".
In realtà, non voglio sindacare qui le ragioni dei contestatori, però mi ha colpito il fatto che il sindaco a fine serata sia sceso dal palco e si sia intrattenuto a parlare con chi lo aveva insultato per tutto il tempo, senza quasi farlo parlare e rischiando di rovinare la festa di Emergency. Mi domando se un altro politico l'avrebbe fatto o, piuttosto, non sarebbe uscito dal retro (es. D'Alema). Magari se le cerca, Renzi, usando una retorica effettivamente da "berluschino", o smarcandosi sempre dalle posizioni della sinistra radicale e della CGIL, però ha dimostrato nell'occasione di saper ascoltare. Cosa, per un politico di oggi, non da poco.
Pisapia, invece, in più di un'occasione ha fatto il filo al sentire della platea, con battute ad affetto, strappa-applausi. Però ha anche detto una cosa che, se l'avesse detta Renzi, l'avrebbero linciato. Ha detto di aver "lottato" con il ministro La Russa per far togliere l'esercito dalle strade di Milano (e qui giù applausi e fischi per La Russa); poi però ha aggiunto che da quel giorno non dorme la notte al pensiero che se domani un extracomunitario si macchiasse di un qualche reato (violenza sessuale o altro), quelli stessi che lo hanno osannato per aver tolto l'esercito lo criticherebbero per non saper gestire la sicurezza. Mi è sembrata una sferzata non da poco a certo elettorato di sinistra. Non solo: ha pure rincarato la dose, dicendo che quando la Lega ha fatto i manifesti su "zingaropoli", questi hanno fatto presa e lui è dovuto tornare nei quartieri dove già aveva fatto campagna elettorale, ricevendo applausi e consenso, per fare opera di "riconvincimento".
Insomma, le stoccate alla sinistra, secondo me, questa volta sono più venute dal sindaco di Milano che da quello di Firenze. Eppure il popolo ha osannato il primo e condannato il secondo.
Non sembri questa una propaganda per Renzi. Spesso non condivido le sue posizioni e sono semmai più vicino a quelle espresse da Pisapia; però mi sembra che ci sia un pregiudizio doppio da parte della gente, alimentato dai giornali (Lerner era chiaramente benevolo con Pisapia e scettico con Renzi): uno ostile a Renzi a prescindere, e uno favorevole, altrettanto a prescindere, per Pisapia. Quest'ultimo, secondo me, è il primo a rendersene conto, e a temere un voltafaccia.
Per entrambi, parleranno i fatti. E solo quelli dovremmo da elettori imparare a giudicare, per non cadere nella trappola della cultura dell'immagine, che è poi il primo aspetto del "berlusconismo".

martedì 6 settembre 2011

Lo stato dell'arte

A Firenze non c'è solo il mercato di San Lorenzo, c'è anche il mercatino di S. Ambrogio. Tutt'altro genere di mercanzia: di là pellame e souvenirs, di qua carabattole di pseudo antiquariato.

Ogni tanto si sente in qualche notizia di cronaca di qualcuno che compra al mercatino delle pulci un disegno autentico di Michelangelo, o una prima edizione autografa di Baudelaire. Gli amanti del genere sognano il colpaccio, come un giocatore incallito il 6 al superenalotto. E le probabilità penso siano le stesse.

A me è successo il contrario. Ho trovato al mercatino di S. Ambrogio una bancarella sgangherata di un tipo altrettanto sgangherato. Era un ragazzo giovane, evidentemente omosessuale, con due fondi di bottiglia al posto delle lenti degli occhiali. Vendeva dei disegni fatti da sua nonna. Si trattava di modellini di abiti da donna. Spiegò che sua nonna aveva lavorato per una casa di moda (al momento non ricordo quale fosse) e che i modelli erano tutti originali. Tutti quei vestiti erano stati realizzati e qualcuno era stato indossato anche da qualche star dell'epoca.

Incuriosito dal personaggio, mi sono convinto a compragli un paio di quei disegni per cinque euro l'uno, domandandomi se la nonna era al corrente della vendita ed era soprattutto d'accordo a disfarsi del lavoro di una vita. Magari sì, lo faceva volentieri per aiutare quel nipote un po' stravagante ed evidentemente bisognoso di qualche spicciolo. Magari no, o non era in grado d'intendere e di volere per difendere i suoi lavori.

Sta di fatto che, un paio di giorni fa, mi è capitato di passeggiare per quella via di Firenze dove ci sono tutti i negozi delle più grandi case di moda. I pochi fondi liberi sono comunque occupati da negozi di gran lusso. C'è ad esempio un noto antiquario, che vende incunaboli o libri rari, risalenti anche al Medioevo, e stampe antiche. Mi sono fermato a guardare la vetrina, colpito da un disegno d'epoca in cui si vedeva la facciata originale di Santa Maria del Fiore. In città è ancora fresca la polemica per la proposta del sindaco Matteo Renzi di rifare la facciata della Basilica di San Lorenzo sul progetto originale di Michelangelo, perciò mi sono interessato all'argomento. Mentre studiavo i particolari del disegno del Duomo, però, il mio occhio è stato attirato da alcuni disegni che stavano esposti poco sotto.

Si trattava inequivocabilmente degli stessi modellini che avevo acquistato mesi prima al mercatino di S. Ambrogio! Senza alcun dubbio erano quelli della nonna-stilista! La mia sorpresa è stata enorme, ma si è ulteriormente rafforzata quando ho notato il cartellino del prezzo: 100 euro!!

Delle due l'una: o io ho acquistato due Michelangelo, oppure qualche amante dell'antiquariato rischia di prendere una sonora fregatura!