giovedì 20 marzo 2008

Mi si nota di più se vengo e sto in disparte...



Già lo so che non ci voglio andare. Ma ci devo andare. Anzi, no. Non "ci devo", un po' mi fa piacere. Anche più di un po'. È che in queste situazioni mi viene l'orchite. Già immagino l'ambiente...poi non conosco nessuno. Anzi, uno lo conosco. Purtroppo. Almeno piovesse, avrei la scusa. Ma ha smesso. Stamattina pioveva, ora no. Sfiga. Sculo. Va be', vado. Magari, hai visto mai?, in questi casi si fanno degli incontri...


Mando un sms a Naomi: "Devo andare in un posto e non ci voglio andare, mi accompagni?" Ecco, magari con la modella al fianco mi passa meglio. - "Devo andare da un'amica". Certo che anch'io quanto a pretese...! Bom, niente. Andrò da solo. Ma chi mi obbliga? Mi obbligo io, puffarbacco! Io voglio andarci. E poi devo prendere qualche copia del libro. Una per me, una per mia mamma, una per Naomi...no, per Naomi no. Se la voleva, doveva venire (oh profe, la consecutio!).


Via, vado.


Fa un freddo cane. Mi metto il piumino di babbo, quello bianco, con il cappuccio in testa. Così il freddo se la piglia in ... In via Nazionale incrocio un gruppetto di americane con gli infradito. Qualcuno tra noi non appartiene alla stessa specie animale o allo stesso pianeta. In effetti però questo spiega perché le donne vivono in media dieci anni in più degli uomini: se sopportano così le basse temperature devono avere una tempra ben più forte della nostra. Altro che sesso debole! E guarda quell'altra: minigonna inguinale e senza calze! Brrr, sotto i pantaloni di velluto pesante una scossa elettrica mi sale dai polpacci alle...all'orchite (...c'è anche da dire che le donne campano dieci anni di più perché non hanno da sopportare...le donne!).


Così, mentre Nico Fidenco vuole legarla a un granello di sabbia (il mistero delle perversioni sessuali!), arrivo nella casa che, come recita la targa, "già dei frati cappuccini diede i natali a Filippo Lippi". Spengo il lettore mp3. Entro. C'è un giardino e dei locali, dove intravedo delle persone. Dev'essere lì. Ci sono già stato nel pomeriggio, per un sopralluogo. Quindi so dove andare. Almeno quello. Sto per entrare, quando mi viene incontro un ragazzo: "Tu sei l'amico di Carlo?". "Già...", chi non lo è? Povero! Non è colpa del Piroz se sono un cinghiale. Anzi, se non fosse per lui...dovrei fargli un monumento! Comunque, ormai sono dentro. C'è buio. Cioè, c'è una penombra e due faretti che mandano luce, uno rossa e l'altro blu, che fa molto pub-discoteca o Eyes Wide Shut. Uff, quanto la faccio lunga! Ecchessaràmmai! Eccolo lì il banchetto con i libri. Adesso ne prendo qualche copia: una per me, una per mamma, una per Naomi...no, per Naomi no. Dietro il tavolino c'è naturalmente la ragazza carina, con un fogliolino in mano e una penna. A chi si avvicina, chiede: "Lei è l'autore?". E segna. Prendo in mano una copia e m'informo: "Per gli autori è gratis, no?" "No, ma c'è uno sconto: tre copie quaranta euro, cinque copie..." Ma già al no avevo smesso di ascoltarla e ho guardato il prezzo di copertina: 15 euro?! Roba da matti! Allora non ne prendo nemmeno una copia. Credevo di pensarlo e basta e invece l'ho detto a voce alta: "Allora non ne prendo nemmeno una copia". Oopss, mi sa che ho fatto una gaffe. Lei mi guarda male. E anche il signore affianco a me, che sembra il padre di Mario Venuti, e che parla con quell'affare in gola che fa la voce metallica, mi guarda sgradevolmente sorpreso. Tiro fuori le 15 euro insieme alle 15 maledizioni, che però questa volta tengo per me. Però devo dire che il libro sembra carino, fatto bene. Scorro l'indice: pagina 100...bene, cifra tonda, vediamo se c'è tutto quello che ci deve essere. Si, c'è tutto. Sono sorpreso. Mi siedo, cercando di stare in disparte e dare le spalle a quanta più gente possibile. Leggo qualche racconto, qualche poesia. Ogni tanto alzo il naso per vedere chi c'è. La gente continua ad entrare. Quello che vedo è esattamente quello che mi aspettavo di vedere. Soprattutto quel tipo lì che arriccia il naso in continuazione. Cocaina, eh? C'è una ragazza carina, con cinque copie del libro in mano. Ma quanti soldi avrà?


Inizia la presentazione. Il ragazzo che mi ha chiesto se sono l'amico di Carlo è bravo. Parla bene. Dice che i lavori sono stati selezionati con scrupolo; che si è privilegiata la qualità dei testi, e si sono scelti quegli scrittori che si pensava potessero funzionare a livello editoriale. E poi, che i testi non sono stati rimaneggiati, il che è una rarità in campo editoriale. A morte gli editor! Bravo, sono d'accordo con lui. Il guaio è che quando smetterà di parlare, lo dovrà fare qualcun altro, magari il pubblico. Quello sarà il momento di andare. Ecco, ci siamo. Vado... Però, aspetta un attimo. Sta prendendo la parola il cocainomane: "Perché non scambiarsi le mail di tutti gli autori, così ci conosciamo, ci scambiamo pareri sul libro..." Lo sapevo, è pazzo. L'ho visto subito. E il suo amico è pure più pazzo di lui: "Perché non fare una festa con tutti gli autori..." Sì, meglio andare. Moderatore: "Ok, non aggiungo altro, ora interagite fra di voi, c'è del vino..." VIA, FUGGIRE!!!!


Bene. Sono fuori, taglio il freddo con la mia lunga falcata. L'unica cosa che mi interessava sapere è la distribuzione di questo libro. Lo troverò alla Feltrinelli, all'Edison? Mah, si vedrà.



"Sotto la lente" un'antologia di autori fiorentini
Introduce Giulio Perrone, editore, presenta Gabriele Ametrano, curatore dell’antologia, partecipano gli autori dell’antologia. Giovedì 20 marzo 2008, ore 21,00, Centro Giovani Giardini Nidiaci via Ardiglione, 30/a (zona Piazza del Carmine) Firenze

“Ferma tra le sponde di un fiume che scorre da millenni, Firenze si rispecchia ancora nel sapore dantesco, nell’umore caricaturale del Decamerone, si gratifica di quei panni lavati in Arno dal Manzoni, celebra i versi scalfiti dai poeti tra le due guerre mondiali, recita a memoria le opere di alcuni autori novecenteschi ma poco conosce e stima i percorsi letterari dei suoi attuali abitanti. Mi trovai così di fronte la possibilità di gettare un sasso nel calmo specchio di uno stagno, lasciando che quelle piccole onde infrangessero la quiete. Mobilitarsi in una visibile evoluzione letteraria/fiorentina: è con questo animo che mi apprestai a coinvolgere gli autori nella speranza di regalare a Firenze un poco di presente e un nuovo futuro letterario.”
dall’introduzione di Gabriele Ametrano

Autori del testo “Sotto la lente – antologia di autori fiorentini” (Perrone LAB):
Luca Baldoni, Caterina Bigazzi, Michele Brancale, Berta Calvani, Marisa Cestelli, Tommaso Chimenti, Miriam Cividalli Canarutto, Andrea D'Amore, Filippo Frittelli, Anna Maria Guidi, Tommaso Lisa, Simone Mani, Dalmazio Masini, Galeotti Menotti, Massimiliano Moscarda, Roberto Mosi, Niccolò Murru, Jacopo Ninni, Leonardo Nuti, Giovanni Pacini, Giuseppe Panella, Diletta Parlangeli, Elisa Pirati, Alessandro Raveggi, Francesca Ronconi, Gian Luca Rossetti, Vanni Santoni, Marco Simonelli, Simone Spadaro, Mirko Tondi, Novella Torre, Anna Maria Volpini, Cesare Lorefice, Iole Troccoli, Andrea Brancolini, Rino Garro, Giovanni Stefano Savino, Alberto Presutti, Marcello Moretti, Comencino, Gabriella Maleti, Aine Cavallini, Mariella Bettarini


lunedì 17 marzo 2008

Cortellesi - Santanché

L'avevo perso in tv. Mi sembra un pezzo comico straordinario.

domenica 16 marzo 2008

Nuovo sondaggio: la più bella battuta del cinema

Visto il successone del sondaggio sul nuovo look del blog, che non ha votato praticamente nessuno, insisto proponendo un nuovo sondaggio sulle migliori battute del cinema. Ne ho selezionato tre in maniera del tutto arbitraria, perciò invito chi ne conoscesse di migliori a postarle in un commento.

La prima battuta l'ho sentita l'altro giorno. Stanno ridando per la milionesima volta tutti i film di Bud Spencer e Terence Hill e, naturalmente, noi maschietti ce li riguardiamo, perché sono irresistibili come una partita di calcio o un film di James Bond o di Sergio Leone. Insomma, il film è Non c'è due senza quattro, e la battuta è questa:

C'è Terence Hill che sta leggendo il dossier di una donna che dovranno incontrare e dice: "Donna Olimpia ama Proust, Baudelaire e Whitman, impazzisce per Thomas Mann, Beckett e Joyce". E Bud Spencer risponde: "Ah! È una bella baldraccona!"


Poi c'è il genere meno triviale, quello della battuta intelligente. Naturalmente in questo campo il maestro è Woody Allen. Ne ho in testa almeno un migliaio, ma posto quella di Misterioso omicidio a Manhattan:

Se ricordo bene, Diane Keaton lo voleva portare a teatro a sentire Wagner, mentre lui preferiva restare a casa a vedere il basket in tv. Però cede per accontentarla e finge di essere interessato:
Keaton: "Ma davvero ti piace Wagner?" Allen: "Certo, anche se ogni volta che lo sento mi viene voglia di invadere la Polonia!"




Infine voglio provocare tutte le bloggiste con la battuta di Jack Nicholson in Qualcosa è cambiato. Nel film Nicholson interpreta uno scrittore misantropo e misogino. Una tipa in estasi per i suoi libri lo tormenta: "Come fa a descrivere le donne così bene?" E lui, secco: "Penso a un uomo, e gli tolgo razionalità e affidabilità".

martedì 11 marzo 2008

Persepolis

Persepolis è un’opera complessa nella sua semplicità. Più precisamente: comunica messaggi complessi in un linguaggio semplice.
Ci sono diversi motivi per andarlo a vedere. Il primo è di ordine estetico. Persepolis è un bel film di animazione. La sua bellezza consiste, se non altro, nell’essere diverso rispetto alle mega produzioni disneyane o della Warner Bros: digitali, tridimensionali, con effetti speciali senza soluzione di continuità. La bidimensionalità di Persepolis restituisce all’animazione cinematografica una qualità artistica artigianale, che ha fatto giustamente pensare alle origini del cinema, alle coreferenze di Méliès. Il prevalere del bianco e nero esalta la portata emotiva del colore, ad esempio nel rosso del cappotto della protagonista, correlativo oggettivo del suo carattere, così vitale a dispetto delle situazioni difficili in cui si trova a vivere.
Il secondo motivo è di ordine contenutistico. Persepolis racconta la vicenda autobiografica di una ragazza iraniana, Marjane Satrapi, dagli anni della rivoluzione islamica ai giorni nostri. In realtà, grazie a opportuni flashback, Persepolis fa iniziare la storia dell’Iran fin dai tempi del colpo di stato dello Scià, nel quale erroneamente il popolo aveva identificato un altro Atatürk, capace di riformare lo Stato in una moderna democrazia laica. La delusione per la successiva manifesta subalternità dello Scià (e, soprattutto, del figlio, succedutogli sul trono) alle potenze occidentali e ai loro interessi economici per il petrolio della regione, porta gli iraniani a sposare la causa della rivoluzione, nata sotto gli auspici palingenetici del marxismo e finita nell’oscurantismo della teocrazia islamica. Marjane Satrapi vede questi passaggi storici del suo Paese con gli occhi innocenti della bambina che era in quegl’anni. E i bambini hanno il “difetto” di dire la verità, perché non conoscono ancora l’arte della mistificazione, della dialettica simulazione/dissimulazione, dell’ipocrisia, propria del linguaggio degli adulti in generale e della politica in particolare (di certi adulti e di certa politica, naturalmente). Ora, in realtà, questo è vero sino a un certo punto. Il film inizia con la protagonista ormai ragazza che, dall’aeroporto europeo in cui si trova, ricorda la sua infanzia in Iran; e così il racconto della piccola Marjane è inserito in un lungo flashback. Perciò, ogni tanto, affiora sopra le righe il punto di vista della Marjane adulta, in particolare della Marjane che ha vissuto a Parigi e studiato in un istituto francese quanto basta per contaminare la sua cultura con alcuni cliché di quella illuministica. Tuttavia, non è questo che conta. L’importante è che la ricostruzione della storia iraniana consente allo spettatore occidentale di farsi un’idea della sofferenza di un popolo, che ancora oggi perdura. Rimettere al centro il popolo iraniano è importante per capire la complessità di una cultura, che nella sua distanza dalla nostra ha però anche molti elementi in comune, e la stessa dignità, che viene offesa e non rappresentata dal regime che lo governa. L’appellativo di “canaglia”, attribuito dall’attuale amministrazione americana all’Iran, oltre che essere odioso, appare a chi guarda questo film ingiusto per la facilità con cui può e viene superficialmente trasferito dall’opinione pubblica occidentale alle persone che vivono in quel Paese, che così soffrono due volte. Per questo è significativo che la vicenda di Marjane Satrapi, il suo sentirsi apolide tanto in Europa quanto in Iran, sia la parabola della difficoltà di assimilazione della cultura occidentale della ragazza iraniana e, alla fine, il ritrovato orgoglio della propria identità. Il messaggio che emerge è che nel rispetto delle diverse identità culturali sta la ricchezza e la pace tra i popoli. A questo si aggiunge, ovviamente, il tema centrale della condizione della donna in Iran, che però, anche in questo caso, è presentato con più sfumature rispetto ai nostri luoghi comuni.
L’ultimo motivo per cui vale la pena andare al cinema e vedere Persepolis è la bellezza dei personaggi, che risiede principalmente nella loro umanità. Questo vale soprattutto per tre di essi: la piccola Marjane, di cui si è già detto; la nonna, che col suo “moralismo pragmatico” forma la coscienza della nipote; e…Dio. Sì, perché anche il personaggio di Dio colpisce per la sua “umanità”: in un mondo dove le religioni appaiono invadenti (sia quella islamica del regime teocratico iraniano, che quella cristiana delle suore del collegio austriaco), Dio mostra tutta la sua discrezione nel saper ascoltare le ragioni della bambina, prendendole sul serio, ma anche nel saper farsi da parte quando lei, arrabbiata per la morte dello zio, lo manda via. Dio si lascia allontanare in malo modo dalla piccola Marjane: china la testa e si ritira. Ma quando lei avrà bisogno di Lui, non esiterà a prenderla in mano (letteralmente) e chiamarla “Figlia mia”.
Persepolis è un film bello, importante, che fa ridere e fa piangere come la vita. Che fa riflettere.

sabato 8 marzo 2008

Samantha chi?

Dopo il dottor Oss (leggi House) questa serie tv è la mia nuova droga. La protagonista ha avuto un incidente e quando si sveglia dal coma scopre di avere perso la memoria, per cui deve ricostruire tutti i suoi rapporti personali, con i genitori, il ragazzo, gli amici, ecc. Senonché capisce subito che la "vecchia lei" era una str.... e la cosa non le piace affatto. Perciò cerca di rimediare con la sua nuova personalità ai torti fatti in passato. Raccontata così non rende tanto l'idea, ma fa ridere. Qualcuno di voi la vede? Per ora la danno sul satellite, ma chi ha il mulo...

venerdì 7 marzo 2008

Patrick and me

Da molti anni ormai un poeta e intellettuale maltese, Patrick Sammut, mi onora con la sua amicizia. Lo considero uno di quegli incontri che nella vita non si fanno per caso. Ci siamo conosciuti a Firenze quando io cominciavo la mia avventura universitaria e avevo tanto bisogno di qualcuno che non mi desse ragione, avesse un punto di vista diverso dal mio e mi volesse bene. Ricordo tanti episodi divertenti della nostra vita in collegio che ci si potrebbe scrivere un libro. Tante discussioni, tante passeggiate, come quando tornammo a piedi dalla palestra del Cus, che praticamente è fuori Firenze. Ora lui è un poeta affermato e mi concede il privilegio di pubblicare sul blog una sua poesia dedicata alla madre scomparsa. La conobbi a Malta. Ho il ricordo di una donna gentile, attorniata dai suoi gatti.


QUELLO CHE MI RIMANE DI TE...


“De’ tuoi bianchi capelli, si leggeri

Alla carezza e pur sì folti, in uno scrigno
Una ciocca serbo...”
(La ciocca bianca, Ada Negri)


Quello che mi rimane di te
e` il calore materno
che mi hai forgiato
in quel momento estremo
quando ti baciavo la fronte
quando ti tenevo la mano, forte
mentre il tuo respiro si ritirava
poco a poco
come si ritirano i fiori
anche i piu` semplici
dai campi freschi di primavera.

Quello che mi rimane di te
e` l’estrema scoperta...
le dita lunghe
della tua mano cara
erano quelle di un’artista
che suonava il pianoforte
non quelle sciupate dal duro lavoro
che donavi con amore.

Quello che mi rimane di te
e` qualcosa che gioca a nascondiglio
dentro di me
ma che non posso esprimere
con penna e inchiostro
né con queste misere parole
che cadono pesanti e si seccano come foglie...
e` qualcosa d’impercettibile ma presente
che bussa spesso alla mia porta
e io, lieto, le apro ogni volta
anche se vedere non posso né toccare
ma solo godere della sua amabile presenza.

Quello che mi rimane di te
non e` una ciocca né nera né bianca
ma un cestello di beati ricordi e fotografie
e questa penna e questo inchiostro
che m’aiutano a ricordarti
a ridarti vita e respiro
anche se per pochi effimeri istanti
dopo lunghi lunghi mesi di esilio.

Quello che mi rimane di te
e` un pugno di lettere minuscole
con un significato maiuscolo
...A M O R E.

Questa e altre poesie di Patrick Sammut potete leggerle sul suo blog:
patrickjsammut.blogspot.com

giovedì 6 marzo 2008

Sondaggio

Raccolgo la provocazione della sorella, secondo la quale il verde sa molto di Padania. Se fosse questa l'impressione generale, cambierei di nuovo il look del blog. Io ho replicato che il verde è anche il colore scelto da Veltroni per la campagna elettorale del Pd. È anche vero che visto chi candida Il Veltro c'è da chiedersi se ci saranno grandi differenze con la Lega...!
Comunque partecipate al sondaggio. Se la maggioranza è per cambiare, cambio (ma anche no, vediamo). Suggerirei però di aspettare un po' prima di decidere. All'inizio non mi piaceva, ora ci sto facendo l'occhio.
Buon sondaggio a tutti!

P.S. Avete tempo per votare fino alle 20.00 del 13/3/2008

mercoledì 5 marzo 2008

5 marzo 1974 - 5 marzo 2008



Ringrazio tutti per gli auguri. Questa foto testimonia che c'è stato un tempo che ero giovane, bello e grasso. Come regalino pubblico una nugella che a mia mamma non piacque per niente, se ben mi ricordo...



IRONICA MORTE DELL'IO

Cinque marzo Duemila, ore 10,
giorno della mia morte.
Giornata plumbea. Minaccia,
ma non piove.
Fuori di casa incontro una mamma
che porta all'asilo la figlia.
La bambina mi guarda
cattiva, poi abbraccia
l'ombrello e mi spara.
«Marcello, sei morto!» - mi dico.
Sorrido, passo oltre.
A metà della via

mi accascio, muoio, io.


P.S. vi piace il nuovo look del blog? a me no...è che ho fatto casino: volevo modificare una cosa, non ci sono riuscito e alla fine sono stato costretto a cambiare tutto. SIGH!

martedì 4 marzo 2008

Comunicazione di servizio

In tanti mi dicono che hanno difficoltà a lasciare un commento.
1) Per chi ne ha già lasciato uno non dovrebbe essere difficile: basta scrivere il commento, ricopiare la parolina nell'apposita stringa, e pubblicare il commento.
2) Per i nuovi arrivati, c'è da creare l'account (qualunque cosa voglia dire): scrivere il commento, ricopiare la parolina, mettere il nome e una password; a questo punto si apre una scheda con una serie di campi da compilare con nome, indirizzo e-mail, ecc. ecc. Una volta creato l'account, si segue la procedura al punto 1.