venerdì 23 aprile 2010

Annozero 22 04 2010 SEPARATI IN CASA 9/15

Ora che Fini parla di immigrazione, dicendo quello che dovrebbe dire il Pd, è necessario ricordare che la legge in vigore si chiama ancora Bossi-Fini, fino a prova contraria. Dove non funzione quella legge è nell'obbligo di avere un lavoro per avere il permesso di soggiorno. Non solo perché in tempi di crisi, l'extracomunitario che perde il lavoro rischia seriamente di essere mandato via dall'Italia, dove magari risiede, lavora e paga le tasse da anni, e i cui figli magari sono nati in Italia, ma può presentarsi anche il caso di un ragazzo che non lavora ma studia all'università. Che facciamo, lo cacciamo via? O lo costringiamo a rinnovare di anno in anno il permesso di soggiorno, come accade al ragazzo che ha parlato ieri da Santoro spiegando questi meccanismi al ministro delle pari opportunità? E' avvilente che un ragazzo ne sappia più di un ministro.

Ancora più avvilente è l'intervista del sindaco leghista che precede l'intervento del ragazzo. Quello che è peggio è che quel sindaco, che fa una politica tranquillamente razzista, esprime e rappresenta il sentire della sua comunità. Mi domando dov'è la Chiesa in quei territori, se il suo silenzio è complice.

A questo proposito mi ha colpito molto la lettera di quell'imprenditore di Agro che ha pagato la retta della mensa a quei bambini che ne erano rimasti esclusi per colpa dei genitori inadempienti. Tutta la lettera meriterebbe di essere pubblicata, letta e meditata, come l'ultimo baluardo di civiltà nel nostro Paese, ma mi limito a riportare solo le parole riferite appunto alla Chiesa:
Ma dove sono i miei sacerdoti. Sono forse disponibili a barattare la difesa del crocifisso con qualche etto di razzismo. Se esponiamo un bel rosario grande nella nostra casa, poi possiamo fare quello che vogliamo? Vorrei sentire i miei preti "urlare", scuotere l'animo della gente, dirci bene quali sono i valori, perché altrimenti penso che sono anche loro dentro il "commercio".

giovedì 22 aprile 2010

nota politica


Chiunque si auguri la fine dell'epoca-Berlusconi, già da tempo, credo, abbia smesso di pensare che ciò possa avvenire grazie al Pd. Dopo l'elezione a segretario di Bersani, il Pd è semplicemente scomparso, com'era prevedibile. Desaparecido.

E sì che occasioni di mettersi in mostra ne avrebbe avute! Io, per esempio, da segretario del Pd sarei andato all'Asinara, per trascorrere qualche giorno con i cassintegrati della Vynils. Ma è più facile vederlo, Bersani, all'isola dei famosi.

Chiunque speri nella fine di Berlusconi, dicevo, ha smesso di credere nel Pd, concentrando tutte le proprie aspettative sull'implosione del Pdl, grazie a Gianfranco Fini. Quel giorno sembra arrivato e lui, lo speranzoso oppositore, trema dall'emozione, ma anche dal timore che le sue attese vadano infine deluse, e tutto rientri.

Qualche tempo fa un mio amico mi ha chiesto: "Ma cosa vuole ottenere Fini?" La risposta mi sembrava scontata: "La Presidenza della Repubblica!" A cosa può aspirare la terza carica dello stato, che per ovvi motivi non può diventare la seconda? Il punto è che a quella poltrona mira anche Berlusconi, dopo una bella riforma presidenzialista, ovviamente.

Insomma, una poltrona per due.
Era solo questione di tempo. Lo sapevo, e il mio amico me ne darà atto. Glielo dissi: "Vedrai, romperanno". D'altronde era una facile previsione.

Ora, meglio tra un po', si formerà una nuova destra, liberale-presentabile. Qualche nome? Fini, appunto, Tabacci, Rutelli, Montezemolo, Casini, Draghi, Tremonti...

Dall'altra parte, ho sentito Di Pietro invocare un nome che faccia sintesi a sinistra, perché è ovvio che Bersani non può fare il Presidente del Consiglio, né lo stesso Di Pietro, del resto. Il nome di sintesi era Prodi, ma l'hanno affossato. Ora trovarne un altro è un po' un casino. Forse Di Pietro farebbe prima a entrare nella nuova destra che si prepara...


martedì 20 aprile 2010

Mezza recensione

Tempo fa ho acquistato questo libro: Don Vito, in cui Francesco La Licata, noto giornalista della Stampa, raccoglie le confessioni dei figli di Vito Ciancimino, in particolare di Massimo, il più piccolo.

Avevo intenzione di scriverne una recensione sul blog, una volta ultimata la lettura, ma, non so perché, non mi va di aspettare.

Premesso che, a tratti, è una lettura agghiacciante, per lo spaccato che dà della pax mafiosa che regna in Italia, quello che non riesco a trattenermi dal raccontare è un episodio curioso, e assolutamente secondario.

Giovanni, uno dei figli di don Vito, racconta della superstizione di entrambi i genitori: il padre, ipocondriaco, credeva nel malocchio, la madre, invece, subiva il fascino di maghi e taumaturghi di ogni sorta.

L'episodio è quello dell'agenda rossa (mi chiedo perché, quando si tratta di mafia, le agende siano sempre di questo colore). La signora Ciancimino comprò una nuova agenda telefonica e, come sempre accade, si dedicò a trascrivere i nomi da qualla vecchia. Nelle pause di questa lunga operazione, il figlio burlone, volendo fare uno scherzo, conoscendo le manie materne, sottrasse l'agenda per appuntarvi i nomi dei maghi più famosi, da Nostradamus al divino Othelma. Di fianco, non mancò di scrivere i numeri di telefono, naturalmente inventati.

Quando don Vito fu arrestato, la casa fu perquisita e l'agenda sequestrata dalle forze dell'ordine. L'Espresso fece uscire un articolo in cui rivelava i particolari del sequestro, riportando anche le ipotesi investigative che vedevano in quei nomi di maghi e in quei numeri un misterioso codice da decifrare, magari di conti esteri.

Il buon Giovanni si guardò bene di dire la verità, finché ne parlò con l'avvocato del padre, che lo consigliò di recarsi immediatamente dal giudice Falcone per chiarire il tutto. Il giudice gli credette e tutto finì lì.

Riporto questo episodio perché, non lo nascondo, in mezzo a tante cose agghiaccianti, l'ho trovato una nota di colore simpatica.

A pensarci bene, però, è la fotografia della lotta alla mafia, che per anni ha combattuto contro i mulini a vento, indagando sull'inutile e lasciandosi sfuggire le cose importanti. Ora, grazie ahimè al sacrificio di quel giudice e di altri, sembra che gli obiettivi vegano centrati meglio.

Leggendo il libro si capisce però che sono sempre gli obiettivi della mafia che spara. Ciancimino faceva parte invece di un'altra mafia, quella che non spara e che continua a morire nel suo letto.

martedì 13 aprile 2010

Sociolinguistica

Devo fare l'esame di sociolinguistica. Però devo anche lavorare. Perciò, studio nei ritagli di tempo. Tipo in autobus, mentre vado a scuola.

Alcune cose della materia sono interessanti. Per esempio, quando tratta delle interazioni asimmetriche, in cui uno degli interagenti ha più potere, l'esempio classico è quello dell'insegnante e dell'alunno. Dunque, il mio campo.

Anche l'interazione con un extracomunitario è un argomento che m'interessa, preché è di stretta attualità. L'interazione nativo/non nativo, così la chiama il mio libro. Comporta un processo di semplificazione linguistica, se ho ben capito, perché il nativo è portato a abbassare il livello della sua comunicazione linguistica per trasmettere il messaggio. Semplifica la sintassi, usa un lessico il più possibile vicino allo standard, indulge nelle ripetizioni e nelle riformulazioni del pensiero, ecc.
Interessante...

Certo è difficile che mi rimanga qualcosa in testa di tutto quello che leggo. In autobus è quasi impossibile sottolineare, e faccio perfino fatica a leggere:

ci sono un gruppo di studentelli cinesi che vociano, né più né meno come i loro coetanei italiani quando salgono sull'autobus di ritorno da scuola. Le loro scarpe da tennis puzzano uguale. Però non si capisce niente di quello che dicono.

Sono urla indistinte. Sirene cinesi dentro l'autobus. Tante, sirene. Un signore, omone di un metro e ottanta, viso rubicondo, giacca lunga di pelle nera, capelli bianchi corti e pizzetto caprino, aggrotta le sopracciglia e li apostrofa:

"OOH...!! MA INDO' VU' SSIETE?!!"

Non c'è che dire, nativo è nativo.


(foto presa da internet)

venerdì 2 aprile 2010