lunedì 31 agosto 2009

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Fine agosto, primi di settembre. Tempo di matrimoni. Quanti di noi, rientrati dalle ferie, hanno partecipato alle nozze di amici e parenti? Io a due. Uno si è svolto ieri.
Di quei matrimoni che piacciono a me. Gioiosamente informali. Anche il rito in chiesa, grazie a don Andrea, non è stato ingessato. Interessante anche il fatto che, in ottemperanza alla recente riforma del matrimonio, si è svolto fra un coniuge credente e uno agnostico.
Don Andrea, tra una battuta e l'altra, trova sempre il modo di far riflettere. Ha parlato del matrimonio non come la certificazione di vincoli e responsabilità, e via discorrendo di pesi e contropesi, ma come un "moltiplicatore della felicità".
Poi ha parlato dell'accoglienza che deve contraddistinguere la Chiesa cattolica...anche se non sempre è così.
La seconda lettura consente un po' più di libertà di scelta, e così ha trovato spazio un testo non proprio liturgico, ma che io adoro, perché tocca le corde profonde del mio animo. È stata letta una lettera di Bonhoeffer alla fidanzata. I due si erano conosciuti e messi insieme pochissimo tempo prima che lui fosse arrestato dai nazisti, per essere poi giustiziato a guerra ormai finita, nell'aprile del 1945, su ordine preciso di Hitler che voleva vendicarsi di Bonhoeffer, reo di aver partecipato al complotto dell'ammiraglio Canaris. Vorrei pubblicarla tutta, ne metto solo un pezzetto:
"Mia carissima Maria! Non puoi assolutamente comprendere che cosa significhi nella mia attuale situazione l'avere te. Sono certo di essere sotto la speciale guida divina. Il modo in cui noi ci siamo trovati, e il momento, così prossimo al mio arresto, ne sono per me chiare prove. [...] Se poi penso alla situazione del mondo, alla totale oscurità che avvolge il nostro destino personale e alla mia attuale prigionia, credo che la nostra unione - se non è stata una leggerezza, e sicuramente non lo è stata - può essere soltanto un segno della grazia e della bontà di Dio, che ci chiama alla fede. [...] Non intendo la fede che fugge dal mondo, ma che quella che resiste nel mondo e ama e resta fedele alla terra malgrado tutte le tribolazioni che essa ci procura. Il nostro matrimonio deve essere un sì alla terra di Dio, deve rafforzare in noi il coraggio di operare e di creare qualcosa sulla terra. Temo che i cristiani che osano stare sulla terra con un piede solo, staranno con un piede solo anche in cielo..."
A commento di questa lettera, don Andrea ha augurato agli sposi di essere felici e fiduciosi nel futuro, come atto di resistenza ai tanti mali del mondo.
Da questa lettera, da queste parole, ho tratto linfa vitale per alimentare la mia fede rinsecchita.
Poi stamattina, ho letto di Berlusconi a Tripoli, delle Frecce tricolori che omaggiano Gheddafi, mentre un barcone con 75 somali che scappano dalle disgrazie della loro terra vengono intercettati dalla nostra capitaneria di porto e rispediti indietro.
C'è tanto da resistere. Ci vuole tanta fede.

domenica 30 agosto 2009

Giallo di fine estate

Non se ne può più! Tutti i misteri italiani rimangono tali e chiamano in causa i Servizi segreti deviati. Piazza Fontana, Ustica, e via discorrendo. Non si arriva mai alla verità perchè qualcuno lavora per truccare le carte. Sarà così in tutto il mondo o solo in Italia?
Anche questo giallino di fine estate, thrillerino di serie B, con molto sesso e poco sangue (per fortuna), finisce che chiama in causa di nuovo i Servizi deviati, come dire il signor Nessuno.
Lo ipotizza D'Avanzo su Repubblica. Dietro le indiscrezioni sulla presunta omosessualità del direttore dell'Avvenire ci sarebbe il lavoro di qualche funzionario dei Servizi segreti, che raccoglie dossier compromettenti contro gli avversari politici del Governo.
Già immagino le reazioni. Da una parte l'IDV, i grillini e quant'altri che diranno: "Ecco, è il disegno eversivo della P2 in atto! Come potete non vederlo!". Dall'altro lato, quelli del PDL che diranno: "Queste sono cose che avvenivano nell'Unione Sovietica, non certo nella nostra democrazia. Chi le prende in considerazione è un nostalgico comunista".
Il solito teatrino. E a noi non resta che schierarci con gli uni o con gli altri, come buoi. Oppure, disprezzare entrambi, cioè la politica. In entrambi i casi il risultato è la paralisi del nostro Paese, che continua a sprecare tempo, soldi, intelligenze, risorse morali e spirituali. Un declino inesorabile che ci porta a vivere sempre peggio. E non se ne vede l'uscita. Anche la speranza è in crisi, se si vive aspettando solo il miracolo: il 6 al Superenalotto.

sabato 29 agosto 2009

Editoriale

Ieri ho messo sul blog l'articolo di Mancuso che, con una colta ironia, criticava la Chiesa per la "perdonanza mediatica" che si apprestava a concedere al Presidente del Consiglio. In serata, il contenuto di tale riflessione è stato superato dalla notizia del forfait di Berlusconi alla cena con Bertone, sostituito dal fido Letta, la sua faccia presentabile.
Credo che dal Vaticano abbiano fatto una telefonatina per dire che non era il caso di creare una situazione di imbarazzo...
Nel frattempo però, il Berlusca è passato al contrattacco. Sposando in pieno la filosofia craxiana (da una posizione però di forza), quella del "se cado io mi trascino tutti", ha mandato due forti messaggi. Il primo, con la chiamata di Feltri alla direzione del Giornale di famiglia, che ha il compito di picconare senza riguardi per nessuno, neanche per quelli che finora erano stati considerati intoccabili, cioè gli alti esponenti ecclesiastici: occhio per occhio, dente per dente. Il secondo messaggio, con la querela ai quotidiani. Anche in questo caso, l'asticella si è alzata, e quello che fino a ieri era considerato un tabù, ora non lo è più (scusate la rima). Al diavolo la libertà di stampa, al diavolo il rispetto fra i poteri dello Stato: chi di coltello ferisce, di coltello perisce. Senza prigionieri.
Lo scontro è totale. È una prova di forza. E Berlusconi è il più forte. Abbiamo lasciato che lo fosse, come, fatte le dovute distinzioni, una novantina di anni fa abbiamo lasciato che un altro signore diventasse il più potente d'Italia. E c'è voluto del bello e del buono (si fa per dire, in realtà del cattivissimo) per scalzarlo. Quando non si difendono a dovere le libertà democratiche, lasciando che qualcuno diventi più uguale degli altri, legibus solutus, questo è il rischio che si corre.
Non credo, che questa volta si pagherà un prezzo in termini di vite umane, come nel caso di Mussolini. Grazie a Dio! Perché la realtà è diversa da allora, i tempi sono cambiati, certi anticorpi nella società ci sono, e la storia qualcosa deve pur avere insegnato (anche se poco)! Ma un prezzo da pagare c'è, e lo stiamo già pagando. È il prezzo di una crisi che colpisce tutti noi, mentre quelli che ci dovrebbero tirare fuori si azzannano per conservare il potere e i privilegi acquisiti. Quello che gli italiani sembrano non avere colto è che la causa dei nostri mali non è la sfortuna, la Natura indifferente, il Caos-Caso. Il nostro stare male, impoverirci, non riuscire ad arrivare a fine mese, non essere felici, avere paura del futuro, avere paura degli altri, dei diversi...dipende da questa gestione egoista del potere (a 360 gradi). Se il potere non è legato alla solidarietà, al servizio, al bene comune, al disinteresse personale, diventa un Leviatano che finisce per divorare tutti.
Per questo a suo tempo si è pensato alla democrazia, alla divisione dei poteri, ai checks and balances... In Italia, sembrano tutte cose messe da parte, o comunque intaccate, indebolite, da una lotta di potere che si sta radicalizzando di giorno in giorno.
Come se ne esce? Non credo nelle rivoluzioni, per la loro componente violenta. L'unica via, allora, è che la società civile reagisca dando il meglio di sè in tutti i settori: i giornalisti servano solo la verità, i sacerdoti solo Dio, gli insegnanti solo i propri alunni... Sinite venire parvulos!

venerdì 28 agosto 2009

Se lo dice lui...

La prossima mostra del cinema di Venezia (ahimé non ci posso andare!) sta facendo notizia non solo per il bel film di Tornatore, che tutti aspettiamo con ansia, ma anche perché accoglierà una retrospettiva (e non c'è parola più azzeccata, chissà come l'apprezzerà il protagonista!) su i film di Tinto Brass.
A questo punto di solito bisogna mettere le mani avanti, dicendo che i film del regista veneto sarebbero belli, però... prima erano meglio, dopo è solo macelleria, ecc. ecc. Con tutti i distinguo e le prese di distanze che levano dall'imbarazzo di ammettere che si sono visti.
Per quanto mi riguarda, di Brass mi piace come mette la macchina da presa, lo stile, la pulizia dell'immagine e, naturalmente, anche la fantasia erotica. Non ho visto tutti i film e non tutti quelli che ho visto mi sono piaciuti, ma ho sempre apprezzato le qualità del regista. Lo trovo, visivamente, uno dei migliori. Forse dirò una bestialità, e i critici veri mi spernacchieranno, ma le inquadrature e le soluzioni stilistiche di Sorrentino, il regista de Il divo, per intenderci, mi danno lo stesso piacere estetico di quelle di Brass. Non so se i due hanno qualcosa in comune, non sono così bravo per capirlo, ma voglio dire che certe immagini dell'uno e dell'altro mi sorprendono allo stesso modo. Mentre di Garrone mi piace il film nel suo complesso, di Sorrentino o di Brass mi rimangono in testa singole soluzioni stilistiche e, in generale, la cifra stilistica. Chissà come la prenderebbero i due per questo accostamento che, mi rendo conto, può apparire un po' azzardato.
Comunque, ben venga la retrospettiva! Se potessi andare a Venezia, la vedrei volentieri, anche perché credo che attinga a molto dal suo primo lavoro, giudicato più impegnato e rivoluzionario. Tuttavia, mi sembra molto di sinistra con la puzza sotto il naso apprezzare la sua prima produzione e disprezzare l'ultima. A proposito trovo interessante la svolta "filosofica" che c'è dietro il disimpagno di Brass e che il regista ha dichiarato nella recente intervista su L'Espresso:
Nel film c'è Tina Aumont che dice la famosa battuta: "Che me ne frega a me della guerra se continuo ad avere difficoltà di orgasmo?". Cominciava a prendere le distanze dai cosiddetti film politici impegnati. Perché?
"Perché alla fine ogni rivoluzione si riduce a un bagno di sangue e alla sostituzione di un potere con un altro. Spesso ancora più crudele e dispotico. Da allora ho preso le distanze da tutte le rivoluzioni. Salvo una, quella sessuale". [...] "Personalmente, [...] credo più al linguaggio del corpo che al linguaggio delle parole. Il corpo, a differenza della mente, non mente."
Continuando a leggere l'intervista, ho sorriso a leggere le dichiarazioni su "Papi". Riporto qui non quella ripresa dall'Unità di oggi nella striscia rossa, ma questa:
Non trova che un premier che frequenta minorenni e puttane e seleziona il personale politico in camera da letto dia un'immagine delle donne mortificante?
"Soprattutto penso che Berlusconi abbia dato un bel contributo a cambiare in peggio gli italiani, abituandoli a credere che è normale quel che normale non è. Che va bene pagare dei pedaggi sessuali per fare carriera e soldi. Che ogni comportamento è assolto se porta al successo".
E se lo dice lui...

perdonanza mediatica, l'articolo di Mancuso su Repubblica

Ho dato spesso spazio in questo blog a quello che dice o scrive Vito Mancuso, perché lo ritengo vicino alla mia sensibilità religiosa e al mio modo di intendere la fede. Lo faccio ancora una volta, linkando l'articolo di oggi su Repubblica. Buona lettura!

venerdì 21 agosto 2009

tutte le strade portano... al regime

Sembra una notizia da niente. L'ho appena letta. Di quelle notizie estive, leggere, che fanno sorridere. Quelle cronache curiose della provincia, che dopo qualche tempo finiscono disegnate e fumettizzate sul Giornalino o sul Guerin Sportivo (esistono ancora?).
Invece, io l'ho trovata inquietante. A Castiglion della Pescaia, alcuni ragazzi partecipano a una gara e la vincono. Anziché la medaglia, però, si prendono una multa perché indossano una maglietta con la caricatura di Berlusconi, sbarrata come in un divieto d'accesso.
Una goliardata simpatica, niente di più. Ma tanto è bastato al sindaco del centrodestra per chiedere che i vogatori vengano esclusi dalla futura edizione del palio acquatico, minacciando di non sponsorizzare più l'evento con i soldi del Comune.
Ecco, è questa reazione isterica che mi preoccupa. Non è neanche colpa di Berlusconi, ma è questa sindrome di lecchinaggio e servilismo diffuso che sembra aver colpito molti italiani che apre la strada al regime.

Un bacione a Firenze

Notizie da Firenze.

Il sindaco, Matteo Renzi, va in Sardegna con tutta la famiglia. Ma non al mare. A fare gli esercizi spirituali con Padre Deidda. Ci manca un po' padre Enrico. Lo hanno rimandato a casa. Quando arrivò a Firenze conquistò subito tutti con la sua umanità e le omelie, che forse erano meno forbite di quelle di padre Aldo, ma altrettanto incisive. Tuttavia, ho anche un ricordo negativo legato a lui. La confessione. Riceveva nel suo studio. Ogni cinque minuti squillava il telefono e lui rispondeva!! Una volta interruppe anche la confessione dicendomi che non pensava fosse una cosa lunga e che doveva andare. Brutte eperienze che mi hanno allontanato dal sacramento (ma non è solo colpa sua, ovviamente). Per tanti altri è stato sicuramente anche un'ottima guida spirituale. Evidentemente ne ha beneficiato anche il sindaco, se decide di trascorrere parte delle sue vacanze da padre Enrico.


Per di più, gli esercizi spirituali dei gesuiti non sono certo una passeggiata. Non ho mai partecipato, però ricordo che ci andarono alcuni miei amici. Uno sclerò subito: non era preparato a stare in silenzio per tutto il giorno, compreso durante i pasti. Gli unici momenti in cui c'era facoltà di parola erano gli incontri comuni, in cui ciascuno esponeva le proprie riflessioni su un testo dato da meditare (Sant'Ignazio o la Bibbia, non ricordo). Io non avrei avuto difficoltà, propenso come sono al silenzio e alla meditazione. Mi domando se lo sia altrettanto Renzi, di solito tendente al logorroico. E soprattutto mi immagino i figli...poveri! Ma forse le modalità degli esercizi spirituali saranno tarate sulle persone. Certo Matteo Renzi in silenzio sarebbe da vedere, se ci riesce padre Enrico è un grande. Scherzo!


In realtà, sembra che il neo sindaco si stia dando da fare per mantenere le promesse. La sua prima battaglia è il recupero delle zone disagiate. Quelle intorno alla stazione, per intenderci. Ma anche San Lorenzo. Detta così uno pensa subito agli immigrati. Invece i problemi più grossi li creano i giovani turisti americani, e soprattutto le ragazze. So che è difficile crederlo, ma chi vive in città sa che è così: si ubriacano tutte le sere, schiamazzano, fanno la pipì dietro i cassonetti... Poi, ci sono delle strutture da recuperare: l'ex cinema Ariston, dove io andavo il primo anno che sono arrivato a Firenze (quanto sono vecchio!), ora abbandonato, fra via Palazzuolo e la Stazione; l'ex Apollo: era un cinema o un teatro? Boh, io l'ho sempre conosciuto così, diroccato, in via Nazionale; quell'enorme palazzone in via Guelfa, perennemente in ristrutturazione: lo finiranno mai?


Proprio la zona di via Guelfa, che conosco bene, visto che ci abito, andrebbe bonificata, caro sindaco. Penso a via Panicale. Lì, di fronte alla chiesa dei filippini, poveri!, ci sono sempre ubriachi e sbandati. Una volta ho visto due ragazzini di otto anni massimo, che scappavano dopo uno scippo. Prima ci passavo tranquillamente. Ora, se posso faccio il giro, e nascondo l'orologio in tasca.


Vicino a Santa Croce, dietro le poste, ci sono spesso dei barboni che dormono per terra. Hanno preso il posto dei punkabbestia, che chissà dove sono andati. Sono vecchi. Possibile che non ci sia una struttura che possa accoglierli per la notte, dargli una lavata un pasto caldo e un letto? Signor sindaco, lei che si ispira a La Pira, o a Lazzati, provveda!

sabato 8 agosto 2009

Cadaveri eccellenti

L'estate, si sa, è la stagione dei gialli. Chi non resiste alla tentazione di leggere un thriller sotto l'ombrellone?
Dopo aver terminato la lettura dell'ultimo camillerino, mi sono immerso negli articoli dell'Europeo, raccolti in una collana dal Corriere della sera. Il titolo del libro che ho in mano è Cadaveri eccellenti, ed ha in copertina Giovanni Falcone. Non solo di lui si parla, ma anche di Ambrosoli, Calvi, Dalla Chiesa, Ilaria Alpi, ecc. Una serie di nomi che rimandano a persone di estremo valore, veri e propri eroi della Patria, caduti come soldati in una guerra civile combattuta ad armi impari contro la malavita organizzata.
Quello che colpisce, arrivati in fondo alla lettura, non è solo la qualità delle persone venute a mancare, il senso di vuoto che hanno lasciato, e il senso di sconfitta dello Stato, cioè di tutti noi. Quello che colpisce è che si tratta di uomini e donne apparentemente distanti, non solo per professione, ma perchè appartenenti a generazioni diverse, a epoche storiche diverse. Accumunati dalla stessa passione civile, purtroppo dalla stessa fine, ma contro nemici diversi, in contesti diversi...
Invece, no. Non è così. Leggendo il capitolo sul delitto Rostagno, ecco che saltano fuori, tutti insieme, quasi come i fili del commissario Colombo che alla fine si annodavano tutti, i nomi di Renato Curcio, del commissario Calabresi, del giudice Falcone, di Licio Gelli, di Ilaria Alpi perfino!
Ed ecco che il '68 si unisce al '78, all'88, al '92, al '94...
Non sono storie diverse, allora. Sono la stessa storia! Una storia che non è mai finita. Gladio, Skorpio, Cosa nostra, P2, politici corrotti, servizi deviati...
Un'unica pozione venefica di cui non è possibile distinguere gli ingredienti. E chi si avvicina al punto di assaggiarla, è destinato a morire.
Un'unica storia, un solo veleno. Un unico giallo... E noi non lo stiamo leggendo, lo stiamo vivendo. Non da oggi, da decenni. Non siamo gli assassini, né le vittime. Siamo le comparse.

venerdì 7 agosto 2009

Paolo Guzzanti e gli uomini che odiano le donne

Credo di aver già dedicato un post a Paolo Guzzanti. Lo seguivo quando scriveva sulla Stampa, poi non l'ho seguito più da quando si è schierato apertamente con Berlusconi. Soprattutto, ho avuto l'impressione che si sia prestato, con la Commissione Mitrokhin, ad un gioco più grande di lui per distruggere politicamente quel Romano Prodi, che era l'unico avversario in grado di battere alle elezioni quello che lui ora definisce "un gran porco".
Ritrovare ora Paolo Guzzanti dalla parte di chi, suoi figli in primis, ha sempre denunciato l'involuzione culturale che Berlusconi rappresenta per il nostro Paese, mi fa un certo effetto, non so dire se di piacere. Ho l'impressione che papà Guzzanti cambi un po' troppo spesso bandiera. Magari lo fa perché si lascia guidare dalla passione (politica), e quindi in questo è per certi aspetti "candido", però la cosa non mi convince.
Lo trovo simile a Sabina, sua figlia, la cui comicità, a volte, esce fuori dal seminato. Padre e figlia, hanno un eloquio che qualche volta tracima nell'insulto personale. Della famiglia, è Corrado, a mio modestissimo parere, quello che ha il linguaggio più appropriato per esprimere la propria intelligenza (qualità, pensando anche alla minore, Caterina, che pare iscritta nel dna dei Guzzanti): un'ironia pungente, anche corrosiva, ma mai "violenta" o "rabbiosa". Ma queste cose mi sembra di averle già scritte in un post precedente.
Comunque, il capofamiglia Paolo è tornato tra le mie letture, sebbene sporadiche. Perciò ne condivido qualcuna con voi sul blog. Buona lettura!
http://www.paologuzzanti.it :
Lettera ai nuovi arrivati. Chi sono io, perché andai con Berlusconi nel 1999 e accettai una candidatura nel 2001, perché poi l’ho lasciato: lo considero un traditore di tutti coloro che speravano di costruire un’Italia liberale, per non dire del suo tradimento putiniano della Commissione del Parlamento della Repubblica. Sono sicuro che lui non capisca l’enormità di quel che fa e che dice, e questo aspetto disarmante me lo rende umano. Ma occorre chiudere la pagina del berlusconismo e fare la rivoluzione liberale partendo da zero. Faccio notare ai miei detrattori che io sono uno dei rari italiani saltati DAL carro del vincitore e non SUL. Ieri questo blog è stato citato anche su tutti i giornali e media russi.

7 Agosto 2009
Specialmente per tutti i nuovi amici (e meno amici) di Rivoluzione Italiana, due parole su di me, così da non ripetere sempre le stesse cose. Io lasciai il mio posto, molto ben remunerato, alla Stampa, per soccorrere Berlusconi nel 1999 - quando era al suo punto più basso - e andai al Giornale con l’ottimo Maurizio Belpietro con la carica del tutto onorifica di vicedirettore editorialista. Dal 2006 sono pensionato e con il Giornale ho un rapporto di collaborazione esterna.
Io, come molti giornalisti e intellettuali di area socialista e liberale o ex comunista, pensai che si potesse aiutare l’imprenditore Berlusconi a varare quella rivoluzione liberale che l’Italia non ha mai avuto (e che meno che mai ha adesso) e di cui ha estremo bisogno: libertà, cultura, ricerca scientifica, televisione intelligente, scuola di altissimo livello, premio delle eccellenze, giornalismo libero e Stato laico nel rispetto di tutte le religioni, distruzione a mano armata dell’anti-Stato mafioso che occupa il territorio della Repubblica, decentramento amministrativo federale ma con un rilancio forte delle prerogative dello Stato centrale sul modello americano, creazione di una società con la massima attenzione per i bambini, i giovani e le donne e per queste ultime una particolare attenzione nella ricostruzione del rispetto loro dovuto.
Nel 2000 scoperchiai il verminaio dello scandalo Mitrokhin come giornalista e provocai la decisione del governo D’Alema di istituire una Commissione Mitrokhin che fu poi abbandonata dopo aver coperto quasi tutto l’iter parlamentare. Nel 1996 Berlusconi mi aveva già offerto un seggio alla Camera - è sui giornali - lo avevo ringraziato dicendogli di no: “Sono un giornalista, non un politico, la mia prima linea è la verità e servirla ai miei concittadini”, gli dissi e scrissi. Ringraziai e declinai anche un invito di Mario Segni per il suo Patto.
Nel 2001 Berlusconi mi propose un posto in lista al Senato con l’intesa di far parte di una eventuale futura Commissione Mitrokhin. Accettai per poter continuare in Parlamento la battaglia che avevo condotto sulle colonne del giornale. La legge per l’istituzione della Commissione fu discussa fra Camera e Senato per un anno e diventò legge nel 2002. Io ne fui eletto Presidente. Tutta la storia di questo immane lavoro che svela la verità su gran parte dei cosiddetti “Misteri d’Italia” è nel mio libro “Il mio agente Sasha” che è uscito da poco e che sta andando, senza aver avuto alcuna recensione, molto bene: 4.000 copie vendute nelle librerie durante il mese di luglio e malgrado la crisi. Considero questo libro il mio testamento spirituale e il rendiconto della più grande e mostruosa operazione di depistaggio che l’Italia abbia subìto, con un tappeto dei morti, l’ultimo dei quali fu “il mio agente Sasha” Litvinenko, assassinato proprio perché era il mio informatore segreto.
Visto che Berlusconi era amico di Putin, pensavo- io cretino - che ciò avrebbe costituito un vantaggio: “il nostro grande amico Vladinir” ci avrebbe aperto tutte le porte. In realtà Putin ce le chiuse tutte e con lui fece altrettanto Silvio Berlusconi, diventato ormai suo fratello, il fratello di uno dei più impuniti banditi del nostro secolo, esaltato con applausi che considero vergognosi.
Berlusconi e Putin, insieme e in combutta, hanno determinato - il primo passivamente e il secondo attivamente - il massacro della Commissione che Berlusconi all’inizio aveva voluto, sperando di trovare un po’ di nomi “di sinistra” da sputtanare a scopo elettorale.
Berlusconi si è comportato, con la sua collusione con il capo del KGB, di fatto come un traditore del Parlamento della Repubblica. Tutto ciò io a Berlusconi l’ho scritto e detto a bruttissimo muso, e glie l’ho ripetuto poche settimane fa quando mi ha chiamato per sapere come mai ce l’avessi tanto con lui.
Dal punto di vista personale, che è il meno importante, io sono stato da lui pugnalato alle spalle. Come ho già detto, i dettagli della vicenda sono tutti in “il mio agente Sasha” e non li ripeterò qui, benché su questo blog ci sia tutta la storia, per chiunque abbia la pazienza e la voglia di cercare e leggere.
Quando il brigante internazionale Putin ha provocato dopo lunga e accurata preparazione, con provocazioni di frontiera identiche a quelle che Hitler inscenò nel 1939 alla frontiera polacca, l’invasione della Georgia con la scusa che la Georgia tentava di riprendere il controllo della sua regione Ossezia, io corsi a Roma dagli Stati Uniti, era la fine di agosto dello scorso anno e le Camere erano chiuse, per partecipare alla sessione straordinaria delle Commissioni Esteri riunite a causa dell’invasione.
Io e Casini fummo gli unici a insorgere contro l’aggressione russa e la ignobile posizione italiana di sostanziale appoggio all’invasione. Due ore dopo mi fu comunicata la fine del servizio di protezione che mi aveva fatto vivere fra due angeli custodi armati per quattro anni, fra minacce di ogni sorta, italiane e straniere.
Prima ancora c’era stato l’ignobile tentativo della signorina Maria Rosaria Carfagna, detta Mara, di servirsi del mio nome per usarlo nel suo conflitto con la signora Sabina Guzzanti, di 45 anni, “comedian” di fama internazionale, la quale è certamente anche mia figlia, ma che tutto è fuorché la pupetta del suo papi.
La questione femminile dei berlusconismo mi aveva sempre colpito: il signor SB era ed è uno che non lesina commenti espliciti fino alla brutalità sulle donne ed è un uomo che incarna la sconfitta non dico del femminismo, ma di quel po’ di politica di dignità della donna come persona che gli anni Settanta e Ottanta avevano portato, e che oggi appare morta e sepolta.
Infine, la morte del Parlamento, malsopportato come un impaccio, e la distruzione di quasiasi forma di checks and balances. Già verso la fine del primo lungo mandato di SB, fra il 2001 e il 2006 (mentre io ero impegnato nella mia lotta all’ultimo sangue per la Commissione Mitrokhin) era chiaro che costui non aveva la più pallida idea di che cosa fosse una politica di riforme liberali e che puntava piuttosto verso una autocrazia personalistica, di tipo aziendale condita con le tecniche dello show televisivo.
Il suo applauso spudorato all’invasione della Georgia, la mignottocrazia, il tradimento della Commissione del Parlamento della repubblica italiana, mi hanno convinto che non c’era spazio, possibilità, margine di manovra per influire in alcun modo su SB, ebbro delle adunate oceaniche in cui una platea di persone di mezza età delirava per lui. Nasceva così il berlusconismo di massa, popolare, per nulla simile ad una forma di democrazia liberale, ma piuttosto ad un culto, una setta, una rabbia collettiva espressa da persone frustrate che vedono in SB il vendicatore della loro frustrazione.
Questo blog nacque nel settembre del 2006 dopo una serie di miei articoli sul Giornale, intellgentemente promossi dal direttore Belpietro, in cui io scudisciavo dall’interno Forza Italia, dimostrandone l’inconsistenza liberale e l’incapacità ad affrontare con strumenti culturali moderni l’egemonia, fallimentare e sterile, della sinistra. Quegli articoli provocarono uno tsunami di lettere di lettori del centro destra delusi da FI e da SB che inondarono per settimane il Giornale. Feci un data base, fondai questo blog e invitai tutti coloro che avevano scritto a partecipare. Fu così che nacque Rivoluzione Italiana, sulle ceneri di una mailing list che si chiamava Rivoluzione dei Nuovi Liberali, che avevo gestito dal 2001 al 2006.
Nel novembre di quell’anno il mio agente Sasha veniva avvelenato ed eliminato, Mario Scaramella attirato sulla scena del delitto affinché apparisse l’assassino e su quell’ondata emotiva mondiale la Commissione Mitrokhin, oscurata dalle televisioni di Berlusconi e della Rai per quattro anni sicché nessuno in Italia ne sapeva nulla, venne massacrata e resa infame: “la vergogna della Mitrokhin”, “la bufala della Mitrokhin”, Scaramella ridotto al rango di pagliaccio, io distrutto fisicamente e moralmente e precipitato in una depressione terrificante da cui sono uscito grazie a mia moglie e a bravi medici, fino alla ricostruzione di tutta la trappola, allo smascheramento di tutte le false interviste di Repubblica, e alla mia interrogazione parlamentare al ministro degli Interni Amato, che si risolse nel silenzio più assordante nella mia inutile e postuma vittoria, di cui nessuno seppe nulla.
Berlusconi taceva, parteggiava per Putin che abbracciava ad ogni pie’ sospinto e che rappresentava il nemico contro cui mi ero battuto da solo con le unghie e con i denti, insieme ai valorosi della commissione.
Io non ho nulla da rimpiangere.
Ho fatto il mio dovere, avrò compiuto molti errori di ingenuità e se tornassi da capo, ripeterei il mio cammino. Io non ho “creduto IN Berlusconi”.
Io ho creduto CHE Berlusconi fosse l’uomo che avesse chiesto l’aiuto mio e di tante altre intelligenze per costruire un’Italia moderna, liberale, democratica, libera, aperta, intelligente rispettosa dell’individuo e delle regole.
Ha fatto il contrario: ha costruito il suo cesarismo ed ora siamo alla tratta delle bianche, alle sgualdrine con il registratore che ricattano il Capo del Governo della MIA Repubblica e che lo sputtanano davanti al mondo perché lui non ha fatto il piacere che la sgualdrina si aspettava. E’ intollerabile e devo dire che era imprevedibile un tale degrado, lasciando stare Noemi, il racconto del suo fidanzato e tutto il resto, registrazioni fantasma comprese.
Il governo di SB lo trovo senza infamia e senza lode, ma la politica estera è disastrosa, amici del pirata Gheddafi cui regaliamo una flotta e del satrapo del KGB da cui dipendiamo per l’energia, ma che ha un suo letto a Palazzo Grazioli.
L’Italia intanto ha perso la bussola della democrazia liberale, non sa più neanche che cosa sia. Gli italiani sono stati violentemente rimbecilliti dalle televisioni omologate MediaRaiset, a mazzate di grandi fratelli e isole dei famosi, veline e meteorine, mignatte e mignotte, fanciulle corrotte dal berlusconismo che in piena innocenza non sanno decidersi tra essere una show girl o un parlamentare europeo, ma se hai culo magari farai il ministro.
La FORMA della democrazia è devastata e la sua sostanza appare ridotta all’osso. Per questo ho accettato l’invito a resuscitare il Partito Liberale Italiano e farne la zattera su cui racogliere gli italiani profughi dai due partitoni che hanno spaccato e spappolato l’Italia senza costruire nulla e uccidendo la dignità di una nazione.
All’estero parlano di noi tutti.
Da noi non si parla di noi.
Ieri in compenso siamo stati, noi del blog, su tutti i giornali russi.
Ultima nota: molti mi accusano di nutrire o mostrare una particolare violenta animosità nei confronti di SB. Errore: personalmente, conoscendolo bene, mi è simpatico. Lui non capisce assolutamente la gravità di quel che fa e dice. Ed è questo l’aspetto più terribile, ma anche quello più disarmante.
Però la sua rivoluzione liberale è stata una controrivoluzione liberticida. La sua apertura di spazi di libertà, si è trasformata in un unico ghetto televisivo in cui sui si procede per “book” di ragazzette carrieriste misurate col metro e i centimetri di vita tette e culo.
Sul piano internazionale siamo derisi e commiserati. E gli americani non perdonano as SB l’idiozia maggiore: quella di credere di essere il mediatore fra Usa e Russia. Tutto ciò ha precipitato l’immagine dell’Italia indietro, molto indietro.
Dunque la nostra Rivoluzione Italiana che era nata per dare al nostro Paese il liberalismo che non ha mai avuto, è più viva che mai. Più necessaria che mai. E io non intendo affatto mollare.
Non essendo più giovane, non nascondo subdole ambizioni.
Inoltre, lo faccio notare a chi mi insulta, sono l’unico italiano che sia saltato DAL carro del vincitore, anziché SUL carro del vincitore.
Il mio carro è quello della democrazia dei Paesi liberi, occidentali, figli delle grandi rivoluzioni inglese, americana e francese (prima parte). E questa, penso, è tutta la storia della mia vicenda che può interessare chi si affaccia oggi per la prima volta su questo blog.