domenica 31 maggio 2009

Nota politica...cioè, volevo dire, musicale

Il gigante e la bambina sotto il sole contro il vento in un giorno senza tempo camminavano tra i sassi camminavano tra i sassi camminavano tra i sass. Il gigante è un giardiniere la bambina è come un fiore che gli stringe forte il cuore con le tenere radici con le tenere radici con le tenere radici. E la mano del gigante su quel petto di creatura scioglie tutta la paura è un rifugio di speranza è un rifugio di speranza è un rifugio di speranza. Del gigante e la bambina si è saputo nel villaggio e la rabbia da' il coraggio di salire fino al bosco di salire fino al bosco di salire fino al bosco. Il gigante e la bambina li han trovati addormentati falco e passero abbracciati come figli del Signore come figli del Signore come figli del Signore. Il gigante adesso è in piedi con la sua spada d'amore e piangendo taglia il fiore prima che sia calpestato prima che sia calpestato prima che sia calpestato. Camminavano tra i sassi sotto il sole contro il vento in un giorno senza tempo il gigante e la bambina il gigante e la bambina il gigante e la bambina il gigante e la bambina il gigante e la bambina il gigante e la bambina il gigante e la bambina il gigante e la bambina

venerdì 29 maggio 2009

Vota Li Avete!

L'avrete già letta, però fa troppo ridere per non pubblicarla anche sul blog. A Firenze ci sono le elezioni. In questi casi io mi diverto a guardare i manifesti elettorali, perché ci sono facce e slogan che fanno veramente ridere. Questa volta però ce n'è uno che li batte tutti, questo:


La tipografia ha chiesto al candidato Pdl che nomi mettere nei volantini. Risposta: "Li avete". E loro naturalmente hanno eseguito.

Come cambiano i sogni

È sempre stato così. Semplicemente, il mio cervello non stacca. Ai tempi del liceo, sognavo di essere interrogato e di non riuscire a rispondere a nulla. All'Università, in prossimità degli esami, continuavo a sognare l'interrogazione liceale, o l'esame di maturità, sempre con esiti disastrosi, salvo poi riuscire a correggere il sogno, dicendomi "non è possibile, sono all'Università!".
Ora che non sono più studente, le cose dovrebbero essere migliorate. Invece i sogni di interrogazioni subite continuano. Tuttavia, continua anche la capacità di interrompere l'imbarazzante scena muta, autoconvincendomi dell'impossibilità del sognato: non posso essere all'interrogazione! Sono io l'insegnante, ora!
Forse, negli ultimi tempi, dopo due anni d'insegnamento, qualcosa sta cambiando nella mia mente. Mi sto abituando a vedermi seduto alla cattedra e non sul banco. Infatti, i miei sogni più recenti mi vedono nei panni del docente. Il punto è che non per questo sono più rassicuranti. Le tematiche vanno dalle sgridate che mi tocca dare ai più indisciplinati (che nel sogno arrivano ad atti di puro teppismo), all'incapacità di rispondere alle domande degli alunni.
Tutta questa premessa mi serve solo per raccontare l'ultimo sogno che ho fatto. Essendo giugno, sono in attesa del rinnovo e magari di un aumento delle ore e quindi dello stipendio, cosa tutt'altro che scontata. Così, ci sono notti più calme, in cui ricevo notizie incoraggianti dalla Presidenza, e notti più agitate, in cui la risposta che attendo è immancabilmente negativa. La notte dell'altro ieri era una di queste. Seduto davanti alla commissione, come un imputato alla sbarra, ricevevo la condanna: niente ore in più, niente aumento di stipendio. Seguiva una discussione animata, in cui cercavo di far valere le mie ragioni, con una determinazione che nella realtà mi manca. Il punto è, ed è il motivo per cui racconto i fattacci miei sul blog, che la ragione che mi veniva addotta per giustificare la decisione della scuola era che non ero riuscito a gestire un alunno particolare. Un alunno, cioè, un po' irrequieto.
A quel punto il sogno virava nel surreale, come spesso accade. Nella messa in scena onirica, infatti, tale alunno prendeva i contorni di un adulto. Non un adulto qualsiasi...
Lui:


martedì 26 maggio 2009

Occhio al link!

Leggendo un articolo di Gad Lerner su Repubblica di ieri, ho scoperto un blog interessante: www.ilcorpodelledonne.blogspot.com

Visitatelo. Guardate soprattutto il documentario che trovate sulla destra della pagina. Fa riflettere sul modo in cui le donne sono viste e trattate nel nostro mondo voyeristico della tv.
Mentre lo guardavo e la voce che commenta il filmato invitava le donne a ribellarsi, mi sono venute in mente le parole di Veronica Lario: " [...] quello che emerge oggi attraverso il paravento delle curve e della bellezza femminile, e che è ancora più grave, è la sfrontatezza e la mancanza di ritegno del potere che offende la credibilità di tutte e questo va contro le donne in genere e soprattutto contro quelle che sono state sempre in prima linea e che ancora lo sono a tutela dei loro diritti."
Forse abbiamo trovato la prima che si è ribellata. Femministe d'Italia, seguitela!
P.S. Metto l'indirizzo del blog fra i link, in basso a destra, così potete collegarvi quando volete.

articolo ventuno

Il discorso sarebbe lungo. In Italia poi non si può discutere di libertà di pensiero e di stampa senza cadere nel manicheismo dei guelfi e ghibellini, fra chi inveisce contro il regime e chi invece giura che tutti possono parlare, anzi che semmai la stampa è schierata contro il Premier.


Ognuno è libero di pensarla come vuole, appunto. Però è un fatto che il nostro Paese sotto questo aspetto non gode di buona fama all'estero. Nelle classifiche internazionali sulla libertà di stampa nel mondo non siamo mai in una bella posizione. Non entriamo neanche in "zona Uefa". Bisognerebbe interrogarsi sul perché. Lo hanno fatto pochi giorni fa il Presidente della Camera Fini e Massimo D'Alema. Quindi qualcosa su cui discutere c'è.
Il conflitto d'interessi non sembra interessare nessuno, a giudicare dagli esiti plebiscitari delle ultime elezioni. Eppure all'estero non passa inosservato. Editoria, cinema, tv in mano al Presidente del Consiglio sono cose intollerabili in Francia, Inghilterra, Germania, Stati Uniti.
Agli italiani sembra non importare niente.


C'è una notizia piccola, passata inosservata. A me sembra che meritasse più attenzione. In un film che è uscito in questi giorni nelle sale, Notte al museo 2, c'è un personaggio che rappresenta Napoleone. A un certo punto fa una battuta su un suo discendente italiano che è diventato molto importante, che è "alla sua altezza" e che cantava nelle navi. Il riferimento è molto esplicito. Napoleone si meraviglia che il suo interlocutore non lo conosca e dice, nella versione originale, "c'è pure chi lo ama". Bene. La battuta, nel doppiaggio italiano è stata cambiata in "tout le monde lo ama".
Freedom House, l'organizzazione indipendente americana che si occupa di monitorare la libertà nel mondo, ha recentemente retrocesso l'Italia da Paese libero, per quanto riguarda la libertà di stampa, a Paese "parzialmente libero". Non siamo alle veline fasciste, al carcere per gli oppositori, quindi possiamo dire di essere liberi. Ma parzialmente. Mi sembra di capire da questa notizia che la retrocessione non sia immeritata:

lunedì 25 maggio 2009

Nota politica ... cioè, volevo dire, poetica

In questa città eterna

mente sporca più dell'Africa,

non dire "lusingata, presi

dente"!

No, è mia (e sia!)

la letizia di averti

conosciuta!

giovedì 21 maggio 2009

Guccini aggiornamento download

Piccola città vecchia bambina
che mi fu tanto fedele
a cui fui tanto fedele
tre lunghi mesi

Un branco di gazzelle e bufali corre. Poi, d'improvviso, s'arresta.
Non immagini il lettore una nuvola di polvere che si alza e poi, pian piano, s'adagia nuovamente a terra. Non siamo nell'arida savana.
Siamo nel corridoio di una scuola media.
Il branco s'arresta, dicevo, in prossimità dei bagni. Capannello, voci confuse.

- Che succede qua, eh?

La suor preside incombe sul branco come una leonessa affamata. L'effetto è lo stesso visto in mille e mille documentari: fuggi fuggi generale. Come atomi impazziti, ognuno scappa senza una direzione che non sia quella del mettersi in salvo. Volatilizzarsi. Ma il volo è breve, destinato a ricomporsi subito in formazione compatta, come gli stormi neri nei cieli estivi. Il nuovo capannello, questa volta, è a ridosso di una classe, la seconda.
- Che succede?, chiede un professore accaldato che si trova a passare di lì per caso. Nessuno gli risponde. Non direttamente, almeno. La risposta viene dalle urla di una ienetta che azzanna un bufalo, già mezzo agonizzante per gli attacchi ripetuti dei feroci predatori:
- Dovevi dirglielo così? Mandare *? Se la volevi mollare, dovevi dirglielo tu!
Il profe, che è un po' tardo ma poi c'arriva, ha ormai capito. Manca solo un tassello: chi è la lei? È presto detto: una di seconda (lui uno di terza). L'ha lasciata e non gliel'ha neanche detto in faccia. Ha mandato una compagna. Quindi doppia tragedia. Lui viene trascinato a forza dal branco inferocito a scusarsi, lei però a questo punto non lo vuole più vedere e zampilla lacrime di dolore, attorniata dalle amiche del cuore. Lui torna in classe, col marchio a fuoco dell'appestato.
- Che hai combinato **? - Nulla profe! - Come nulla? Hai lasciato *** senza neanche dirglielo in faccia? Che uomo sei? - Ma profe! Io non ho mai avuto una ragazza! Che ne sapevo che reagiva così? [zigomi arrossati per l'imbarazzo; sguardo smarrito; cannuccia del succhino infilata in bocca] - Come che ne sapevo? A te avrebbe fatto piacere ricevere lo stesso trattamento? - A me quando **** mi ha lasciato non me n'è importato nulla! - Vuol dire che non eri innamorato. E poi vedi che una ragazza l'hai avuta? - Si, va beh, ma non conta. Non siamo stati insieme tanto. - E con *** quanto siete stati insieme? - Due settimane, e mezzo.
Commento sconsolato del profe: - Almeno un tempo erano nove settimane e mezzo! Per fortuna il riferimento non può essere colto.
Il fuoco della tragedia, come questo primo amore di paglia, si spegnerà presto. Al massimo ritarderà di dieci minuti la lezione successiva. Ci vuole poco per capire che la gazzella ferita sta per trasformare le sue lunghe zampe in due lunghe gambe. Quando succederà sarà lei, forte dell'esperienza e della sua bionda criniera, a trafiggere i cuori dei tanti bufali che le capiteranno a tiro. E dall'alto della sua media del nove, quelli come chi ora l'ha delusa, che a mala pena strappa il sei, non li guarderà nemmeno.
Ah, la vita! Ah, la primavera!
(Perché non rendi poi quel prometti allor? Perché di tanto inganni i figli tuoi?)
Tornato a casa, il profe si ritrova a canticchiare:
Piccola città vecchia bambina
che mi fu tanto fedele
a cui fui tanto fedele
due lunghe settimane e mezzo

martedì 19 maggio 2009

Dove siamo andati a finire, in questi ultimi 30 anni?

Solo un momento. Finisco le fragole e inizio a scrivere.
...
Eccomi.
Dunque... Come volevo iniziare? Ah, jà (dal fiorentino: ah, già)! ...Un pomeriggio come gli altri.
Aspetta, però. Prima posto questa notizia. Proprio stamattina pensavo al mio cellulare nuovo e mi dicevo, vedrai che ora lo supereranno con cellulari che avranno una batteria che durerà tantissimo, anzi magari faranno cellulari che si ricaricano col sole! ... Questa cosa l'ho pensata stamattina, facendo colazione. Ora sono le 19 e 10 e su Corriere.it ecco cosa trovo:

Incredibile. Allora, dov'ero rimasto? Ah, jà...

Un pomeriggio come gli altri. Doposcuola. Argomento: la tratta degli schiavi. Nel Settecento le compagnie nazionali lasciano il posto a mercanti privati, soprattutto arabi africani che facevano razzie dei neri africani per venderli come schiavi. Nel Settecento, mica oggi! Profe, i libici che abbiamo visto nel documentario "Come un uomo sulla terra" sono arabi africani, vero? ...Ah, jà...
Fine doposcuola. 16.31. Orario dell'autobus: 16...29...47... Porca vacca! Mi tocca aspettare un quarto d'ora!. Cuffie, mp3. Così scarico queste ultime due tacche di batteria del cellulare. Passa un'ex alunna. Profe!! Ecchìssei?...Ah, jà...Ciao, come va? A quanto pare va bene: il classico è sempre pesante come un sacco di cemento. Latino e greco, greco e latino. Massì, vedrai che è solo il Ginnasio, poi vivi di rendita. Te lo dico io....che ho fatto lo scientifico.
17.25. Firenze, stazione. Accidenti ai lavori per la tranvia! Mi tocca fare tutto il giro. Vabbè, faccio il sottopassaggio, così vedo i negozi. Però! Ce n'è di scarpe! Magari trovo i sandali per l'estate. Quest'anno mi sveno ma li voglio come si deve. Quelli dell'estate scorsa li ho pagati trenta euro ma sono già sfondati. Luce. Via de' Cerretani: più in là c'è il negozietto della Mephisto. Se trovassi quel bel modello di sandali che avevo comprato sei anni fa! Macchè, non li fanno più. Francesi del c...!
Via. Andiamo alla Feltrinelli, visto che ci siamo. Magari trovo quel giallino che sto cercando. Non ho voglia di libri pesi. Dunque, vediamo. Che c'è di nuovo? Gli sconti su Einaudi tascabili. Trenta per cento. Tentazione. Meglio di no. Prima finisco di leggere Addio alle armi, poi comprerò un altro libro. Che cavolo, devo risparmiare! Il movimento dei conti che ho ritirato stamattina dallo sportello bancomat parla chiaro: sono in rosso. Basta spendere! Però quel dvd sugli anni di piombo...
Chi c'è lì? Cheppalle, il solito dibattito! Fai vedere? Come si chiama quello? Ma sì, dài! È quel politico...non è dei radicali?...No, aspetta...Ah, jà! Claudio Fava. Ah, ma c'è anche Sofri! Beh, allora quasi quasi mi avvicino. Anche Deaglio? Resto.
Sta parlando Claudio Fava. L'argomento è Capaci. Quello che ci ricordiamo sono i mozziconi di sigaretta. Le intercettazioni con le voci degli assassini che si domandano "Dove andremo a finire? Ci arresteranno. Ci uccideranno. Ci siucideremo con i lacci delle scarpe". Basta. Non colgo altro. L'intervento è finito. Parola a Sofri. Non si sente niente. Arriva la donnina della libreria, quella che prima lavorava alla Martelli e gli dice un paio di volte di avvicinare il microfono. Insomma, non sta dicendo granché. Quando tornerò a casa e scriverò sul blog, dirò che l'unica cosa che ha detto è che conosce Deaglio come le sue tasche, fin dai tempi che volevano fare la rivoluzione. Poi però comincio a mettere insieme il suo ragionamento. Non dice scemenze, c'è un senso. Deaglio è non solo un amico ma anche un medico. Il suo medico personale. Non capisco se Sofri dice sul serio o no. Forse sì. È un medico sintomatologo, per questo applica la sua passione per la medicina alla storia dell'Italia degli ultimi trent'anni. Ah, ecco. Ora capisco. Se ci avessero detto, continua Sofri, trent'anni fa che un fascista sarebbe diventato ministro della difesa e avrebbe detto che l'Unhcr non conta un fico secco, non ci avremmo creduto. Questa è perfetta per il blog, si aggancia al post di qualche giorno fa. Me la segno. Ma dove? Non ho il taccuino. Che m. di giornalista sono? Ah, jà! Ho il block notes sul telefonino! Primo appunto: fico secco-fico fresco. Catone, dice Sofri, per convincere i Romani che Cartagine era molto vicina e si poteva distruggere, faceva portare da lì un fico fresco che rimaneva tale fino a Roma. Diavolo d'un Sofri! Come gli vengono queste associazioni d'idee? Dal fico fresco di Catone al fico secco di La Russa. Dove siamo finiti? Questo è un Paese in cui non ci si chiede dove andremo ma dove siamo finiti. Annoto la malinconia di queste parole: eccoli qua i rivoluzionari che credevano di cambiare il mondo! Dietro un tavolo, alla Feltrinelli, a presentare l'uno il libro dell'altro! È malinconico o no? Sembra una canzone di Guccini. Intanto Sofri continua: Il nostro è un popolo strano, schizofrenico tra l'osannare un grande uomo e allo stesso tempo dileggiarlo; il confine tra il balcone di piazza Venezia e piazzale Loreto è molto vicino. È la psicologia della folla, come quella del Manzoni: in un attimo può cambiare direzione emotiva. Secondo dato: da noi le cose arrivano dopo, magari di trent'anni, ma quando arrivano recuperiamo in fretta il tempo perso. Gli immigrati sono arrivati tardi, per trent'anni siamo stati un Paese non razzista, ma ora siamo il più razzista d'Europa. Poi conclude, caustico come sempre: Ora smetto e cedo la parola, devo andare via, perché sono detenuto ai domiciliari. Ah, jà...incredibile.
Anche Deaglio tiene troppo lontano il microfono. Prendo appunti: la storia per aneddoti. L'Italia è il paese dei mozziconi di sigaretta, dei miracoli, delle sedute spiritiche di Prodi per trovare Aldo Moro. Tra parentesi, aneddoto per aneddoto, uno dei killer di Capaci si è poi davvero suicidato col laccio di scarpe in carcere, un anno dopo l'attentato. Conclusioni di Deaglio: dove siamo andati a finire negli ultimi trent'anni? C'è più commistione mafia-politica e il declino economico.

Metti un pomeriggio in primavera, ad ascoltare i rivoluzionari, trent'anni dopo.

Angeli e demoni - recensione


Angeli e demoni è precedente al Codice da Vinci ma in Italia è stato pubblicato dopo. Rispetto a quest’ultimo ha avuto meno successo. La cosa non desta meraviglia, non solo perché battere l’exploit del Codice era difficile, anche per lo stesso Dan Brown. Il vero motivo è che Angeli e demoni è un romanzo meno riuscito. Il suo peccato originale è l’inverosimiglianza. Il miracolo della letteratura è che si possono inventare infiniti mondi, lasciando briglia sciolta alla fantasia. L’unico limite è che devono essere mondi possibili. Devono, in altre parole, consentire al lettore quella sospensione dell’incredulità che gli fa dire: “Ok, è incredibile, non succederà mai… però, chissà…”; oppure: “Nella vita reale è impossibile, ma qui si tratta di un mondo fantastico, totalmente immaginario…”.
Questo secondo caso pertiene al campo della letteratura di fantascienza, in particolare del fantasy, ma non è il genere a cui fa riferimento Angeli e demoni, che si ambienta nel mondo reale e quindi ha l’obbligo di rimanere entro i paletti della verosimiglianza. Il buono spunto iniziale del romanzo, incentrato sulle ricerche scientifiche nel campo dell’antimateria, avrebbe dovuto garantire la patente di scientificità che Brown ricerca sempre nei suoi scritti. Ma non è stato sufficiente. Man mano che ci s’inoltra nella lettura di Angeli e demoni anche il lettore meno esperto di cose di scienza ha l’impressione che l’autore non padroneggi bene la materia (…dell’antimateria). La sensazione acquista più corpo quando la vicenda si sposta nei corridoi più segreti del Vaticano, che Brown immagina ma evidentemente non conosce. In particolare, è il personaggio del camerlengo a suscitare le perplessità maggiori. Più cresce la sua importanza nell’intreccio più la sua inverosimiglianza mina la credibilità della storia, fino al punto da distruggere la sospensione della incredulità e spingere il lettore a sorridere proprio nei momenti in cui dovrebbe invece sentire la tensione, il thrilling. Peccato mortale per un giallo. Da questo punto di vista, Il codice da Vinci, pur conservando qualche difetto, è sicuramente un libro più riuscito e il successo planetario che ha ottenuto è giustificato. I lettori sono meno ingenui di quanto si creda.
Il film tratto da Angeli e demoni conserva questo peccato originale del romanzo. Per non cadere nell’inverosimiglianza avrebbe dovuto discostarsi maggiormente dallo scritto di Dan Brown. Avrebbe potuto, per una volta, tradire il romanzo, in particolare ridisegnando in maniera più compiuta il personaggio cruciale del camerlengo. Ma il regista, Ron Howard, non l’ha fatto. In più, ha voluto condire il suo piatto con le pietanze tipiche del thriller commerciale. Alcune buone, come certi effetti speciali e la steadycam, altre più indigeste, come i particolari splatter. Anche sugli effetti speciali ci sarebbe qualcosa da dire. La ricostruzione virtuale della Basilica di San Pietro è per certi aspetti straordinaria e testimonia quante cose si possono realizzare oggi con la grafica digitale. Tuttavia la moderna tecnologia non ha raggiunto ancora quel grado di perfezione tale da identificarsi completamente con l’immagine dal vero. In altre parole, lo spettatore può cogliere un che di posticcio nella ricostruzione virtuale dei luoghi sacri della religione cattolica. La conseguenza è che il film ha ancora più difficoltà a conservare nello spettatore la sospensione dell’incredulità, obiettivo come detto già fallito dal romanzo.
A dire il vero, però, questa colpa del regista ha un attenuante nel fatto che non gli è stato consentito di girare all’interno della Basilica di San Pietro. Il Vaticano ha ritenuto che la storia mostrasse uno scarso rispetto del sentimento religioso. E forse erano ancora vivi gli strascichi delle polemiche sul Codice da Vinci. Nella conferenza stampa di presentazione del film, Ron Howard si è lamentato di questo ostruzionismo che ha creato non poche difficoltà alla realizzazione del film. Per certi aspetti la posizione del Vaticano è comprensibile, ma forse le gerarchie ecclesiastiche avrebbero potuto cogliere l’occasione per aprire le porte al regista e allo scrittore, che sono pur sempre persone rispettabili e di cultura, per mostrare loro come vanno realmente le cose all’interno delle mura vaticane. Avrebbero potuto far loro conoscere il vero camerlengo. Farli parlare. Mettere in contatto, in dialogo. Questo avrebbe probabilmente aiutato tanto il regista quanto lo scrittore a realizzare un’opera migliore perché più verosimile, e magari meno irriverente. Chiudere le porte, rifiutarsi di accogliere, non è mai una buona cosa, tantomeno se le porte sono quelle della Chiesa. D’altronde non ci può essere blasfemia in un’opera che non parla di Dio ma della Chiesa. E la presentazione della stessa come un’istituzione di potere può essere sbagliata, ma si può capire perché è funzionale a un thriller, che si occupa di morti violente, non di carità e missioni umanitarie. Infine, l’immagine della Chiesa come potere oscuro, chiuso in se stesso, autoreferenziale, si sarebbe potuta confutare proprio con un atteggiamento di collaborazione e di apertura verso quelle che sono pur sempre opere di fantasia, che hanno come unico scopo l’evasione, e che perciò lasciano il tempo che trovano.

domenica 17 maggio 2009

Italia decadente

Ignazio La Russa non è nuovo a espressioni offensive contro le donne. Aveva già dato prova poco tempo fa del suo maschilismo becero, apostrofando Concita De gregorio in una trasmissione tv. Ora si ripete definendo "disumana o criminale" Laura Boldrini, portavoce dell'Alto commissariato per i rifugiati dell'Onu (Unhcr). Tanto per non farsi mancare niente, ha pure liquidato l'agenzia Onu in questione con un lapidario "Non conta niente". Parole che si commentano da sole.
Se queste parole le dice il ministro della Difesa, evidentemente il nostro Paese è in piena decadenza. L'involuzione culturale e morale dell'Italia mi rattrista molto.
Dove sono gli intellettuali di questo Paese, le associazioni, l'opinione pubblica? Anche la Chiesa, che pure ha fatto sentire la sua voce, tramite la Cei, Famiglia Cristiana, le Acli, potrebbe e dovrebbe fare molto di più. La tutela della vita non dev'essere chiamata in causa solo quando si parla di eutanasia, aborto... Se si vuole essere coerenti, la vita umana va difesa sempre, in tutte le circostanze. Il papa non ha mancato di parlare di preservativi nel suo viaggio in Africa e non può dire una parola in difesa di quei poveri cristi che vengono torturati in Libia, e se riescono a imbarcarsi verso l'Italia vengono respinti al mittente? Fanno tanto casino per il film di Dan Brown e non fanno casino per uomini venduti come schiavi?
Ma che schifo è diventato il nostro Paese?

giovedì 14 maggio 2009

Geni della lampada

A un mese dall'esame non sappiamo ancora come dovremo giudicare i nostri studenti. Andrà a finire che dopo che per un anno abbiamo dato i voti in decimali ci diranno che ritornano i giudizi perché il decreto non è ancora in vigore. Speriamo almeno che il ministero ci fornisca i bianchetti per correggere i registri!

http://www.repubblica.it/2009/03/sezioni/scuola_e_universita/servizi/scuola-2009-10/esami-medie/esami-medie.html

mercoledì 13 maggio 2009

Nuova incursione della sorella nel blog del fratello

Adesso vi racconto una storia…. Non so se ve la posso raccontare, comunque ve la racconto lo stesso…

C’era una volta… “Un burattino di legno!” diranno i nostri lettori… Beh, quasi. Un burattino di legno con gli occhi a mandorla. Un po’ diverso dai suoi simili, quelli tanto tranquilli, silenziosi, che dormono tutti i giorni di tutto l’anno nei banchi in fondo alla classe.
Lui no, lui si faceva sentire, eccome! Disturbava in tutte le lingue, nella sua, nella nostra, nella lingua veneta. Disturbava in maniere sempre più creative, geniali quasi, come quando nel laboratorio di L2 ha fatto coriandoli dei materiali didattici e li ha gettati gioiosamente al vento. Democratico nell’andare male in tutte le materie, nessuna esclusa, persino in matematica dove (in genere) i suoi connazionali stanno al passo con gli altri. Democratico anche nelle alleanze (a delinquere) con compagni di ogni nazionalità (marocchini, italiani, kossovari ecc…ecc…). Egualmente sprezzante per ogni autorità costituita: il Preside, gli insegnanti, gli psicologi, il padre (severissimo) e la madre (esausta e rassegnata al peggio).
Insomma: un disastro totale, che non si sa da dove iniziare a prenderlo e si ha la tentazione di non iniziare nemmeno.
Giusto per provare gli si manda una mediatrice: chissà che potendo parlare liberamente, nella sua lingua madre, riusciamo a cavargli qualcosa.
La mediatrice, semplicemente, domanda: “ma perché ti comporti così?”
E lui, improvvisamente serissimo e lucido, risponde: “perché tanto io non ho speranza”.

Credo che non ci sia molto da aggiungere.
Ovviamente queste storie, il più delle volte, non prevedono il lieto fine.

Immigrati. La voce della Chiesa

Sappiamo che la Chiesa si sbatte parecchio per gli immigrati. Perciò la presa di posizione della Cei e di Famiglia Cristiana sui respingimenti sono molto positive.
Forse chiedo troppo, ma mi domando cosa succederebbe se il Papa dicesse mezza parola sull'argomento domenica all'Angelus. Sono sicuro che sparirebbe anche il ricordo del ddl sulla sicurezza.
Chissà perché Pio XII...ops...volevo dire Benedetto XVI non lo fa.

Saviano sui migranti

Su Repubblica di oggi c'è un bell'articolo di Saviano che spiega come dietro la criminalità degli stranieri in Italia ci siano sempre le organizzazioni criminali italiane, e ci ricorda come di recente gli unici a ribellarsi alla mafia siano stati proprio gli extracomunitari.

martedì 12 maggio 2009

Hanno pagato il biglietto

http://www.corriere.it/politica/09_maggio_12/berlusconi_diritto_asilo_b047dbe8-3eb6-11de-914a-00144f02aabc.shtml

Non sa quello che dice

Respingimenti

Per una volta mi trovo abbastanza d'accordo con Sergio Romano. Nei punti in cui critica il Pd, che non ha perso occasione anche in questo caso di dimostrare la sua inadeguatezza, con Franceschini che parla di leggi razziali e Fassino che dichiara che i respingimenti non sono uno scandalo. Partito Desolante.
Sono abbstanza d'accordo sul fatto che bisogna trattare con la Libia obtorto collo. Sarebbe l'ideale se il controllo dei documenti avvenisse lì e non a Lampedusa. Si potrebbe accertare chi sta veramente scappando da una persecuzione (che comunque ammonta a una percentuale superiore al 50%) e chi no. Il punto è che la Libia non è uno stato democratico e non ha neanche firmato la Convenzione di Ginevra. Una vera trattativa dovrebbe costringere la Libia ad accettare dei controlli da parte dell'Onu sulle sue carceri e in generale sul modo in cui tratta queste persone. Un po' come si fa quando si vuole monitorare quei paesi che si teme stiano fabbricando armi atomiche.
Un governo serio dovrebbe cercare l'appoggio della UE e dell'Onu per costringere la Libia a rispettare i diritti umani. Di sicuro non dovrebbe stipulare accordi con Gheddafi che prevedono una pioggia di soldi italiani sulle casse libiche.

Che cosa votiamo al referendum sulla legge elettorale?

Ora che la Lega sta tornando a mostrare il suo vero volto xenofobo, sarei tentato di dire che è meglio votare Sì al referendum, perché, da quello che ho capito, verrebbero spazzati via tutti i partitini, e la Lega rischierebbe.
L'altra faccia della medaglia è che il premio di maggioranza al partito più votato favorirebbe Berlusconi, che rischierebbe di diventare ancora più forte.
Insomma, un bel dilemma. Teoricamente sarebbe più democratico il No, perché darebbe modo di offrire una maggiore rappresentanza al popolo. Ma la tentazione di votare Sì per fare un danno alla Lega è forte. Certo rischierebbe anche Di Pietro che è sempre un cane da guardia che è bene che ci sia...
mumble mumble...
voi cosa votate?

lunedì 11 maggio 2009

Sorella dixit e fratello sottoscrivit

Vorrei dedicare un pensiero al popolo silenzioso dei resistenti quotidiani.

A quelli che non urlano, non minacciano, non si sentono minacciati, lavorano ogni giorno a testa bassa e non finiscono sui giornali.

Un pensiero, allora, in ordine rigorosamente sparso:
- a chi fa colletta per pagare un biglietto di ritorno
- a chi ci ha aperto le porte di casa sua, quando non sapevamo dove far dormire
- a chi ha perso la parrocchia, perché ha fatto dormire
- ai piccoli e grandi benefattori, anonimi e non
- alle ginecologhe che visitano in pausa pranzo
- agli insegnanti preoccupati, che vogliono capire
- a chi si è rotta la schiena per troppo lavoro e prepara the alla menta
- al popolo di Giavera, che lavora un anno per fare festa tre giorni
- e agli artisti che a Giavera vengono, gratis, e pagano l’ingresso per sé, per la moglie, per gli amici.

Chapeau.

Lo sfogo di Beatrice Borromeo, oscurata da Rai 2

Non c'è fine al peggio

Dopo aver votato in massa per chi avrebbe portato in Sardegna il G8 e migliaia di posti di lavoro e cantieri aperti ecc ecc, la nostra amata isola torna sulle cronache nazionali per la volontà della Facoltà di Giurisprudenza di Sassari di dare la laurea honoris causa al colonnello Gheddafi.
Complimenti! Bella pessada!
Sarebbe l'occasione per dare un segnale forte. Tutti gli studenti dotati di un minimo di buon senso dovrebbero sommergere la segreteria di domande di cambio di Facoltà o di Università.
Trasferitevi in massa!!!

sabato 9 maggio 2009

L'Italia multietnica


Non c'è fine al peggio
(foto tratta dall'unità.it)

la (dis)par condicio

Ho appena l'etto che il solerte direttore di rai due, Marano, ha bloccato la messa in onda dell'intervista "glaciale" di Daria Bignardi a Vauro e alla Borromeo, perché avrebbero parlato male del Premier in periodo elettorale e senza contradditorio.
Ma, sbaglio o qualche giorno fa Berlusconi è stato da Vespa a osannare se stesso per due ore e senza contradditorio? Come mai nessuno ha detto niente? Perché Vespa non è stato convocato in commissione di vigilanza? Qualcuno me lo sa spiegare? Se l'avesse fatto Santoro?

venerdì 8 maggio 2009

Come un uomo sulla terra

Ho visto questo film. L'ho proiettato a scuola. Lo consiglio a tutti. Ne ho scritto un pezzo che non so se mi verrà pubblicato, ma spero di sì. In ogni caso lo metto sul blog.

È del 2oo8, ma non è uscito nelle sale. Per vederlo si può solo consultare il calendario delle proiezioni sul sito http://comeunuomosullaterra.blogspot.com/ S’intitola Come un uomo sulla Terra. Il regista è Andrea Segre. In termine tecnico si tratta di un docu-film, brutta parola per indicare un’opera che è qualcosa di più di un documentario e (forse) qualcosa di meno di un film. L’avverbio dubitativo è d’obbligo se anche un maestro del cinema come Ermanno Olmi ha scelto recentemente di utilizzare questo linguaggio. Del film ha il montaggio cinematografico, i personaggi con le loro storie intrecciate, intercomunicanti; del documentario ha il fatto che non ci sono attori, perché quei personaggi sono in realtà persone che non recitano ma raccontano la loro vita. Lo fanno con un certo pudore, qualcuno con gli occhi lucidi, qualcun altro con la mandibola contratta, perché non è una bella vita la loro. Vorrebbero dimenticare, cancellare tutto ciò che è stato, ma sentono il dovere di vincere ancora una volta il dolore, riaprendo ferite non ancora rimarginate del tutto, se mai lo saranno, per testimoniare. Come i reduci dai campi di sterminio nazista non molti anni fa.
Dag, che assume il compito del narratore-intervistatore, dice che la storia potrebbe iniziare circa cento anni fa, quando l’Italia cercò di conquistare la Libia, “e i nostri bisnonni s’incontrarono”. Ma poi preferisce non partire da così lontano, anche perché a tornare indietro bisognerebbe ripercorrere tutto il colonialismo europeo, dalla scoperta dell’America in poi. Meglio allora rimanere sull’oggi. Prima di cominciare le interviste, Dag ci tiene a dare conto di sé: ha lasciato l’Etiopia quando, studente di Giurisprudenza, ha capito che nel suo Paese la corruzione non lasciava spazio alla giustizia. È scappato da Addis Abeba senza neanche salutare suo padre, per paura che lo fermasse. Senait, invece, è scappata a causa della guerra tra Eritrea ed Etiopia. Il padre venne espulso, lei rimase sola con la mamma, e quando questa morì decise di lasciare il Paese. Anche Mimi è scappato, pur avendo una moglie e una figlia di sei anni che lo abbracciano e gli sorridono da una fotografia sgualcita. Ha gli occhi rossi e quasi urla quando dice che l’ha dovuto fare. È fuggito perché altrimenti l’avrebbero ammazzato. A Tighist, invece, avevano detto che in Libia avrebbe guadagnato abbastanza per mandare soldi alla sua famiglia. C’era bisogno, perciò è partita.
Non c’è romanzo né poesia nel loro addio ai monti. C’è invece l’inizio del calvario nel loro viaggio in direzione della Libia, poi, chissà, dell’Italia. È Negga, un ragazzo (sono tutti giovanissimi), il primo a raccontare di quella jeep in cui erano ammassati, stretti come sardine, senza aver mangiato, senza acqua nel deserto, senza la possibilità di chiedere una sosta, almeno per andare in bagno o vomitare. Per quello bisognava arrangiarsi con una mezza bottiglia di plastica. Sotto la minaccia del coltello, nessuno aveva il coraggio di lamentarsi. Per Mimi, invece, non era un coltello ma la sciabola che l’autista menava alla cieca, sporgendo la mano dal finestrino in direzione del tetto dove erano stipati i passeggeri, rei di non assecondare come dovuto il veicolo in curva per evitare che cappottasse. E in discesa dovevano scendere, per poi rincorrere di nuovo la jeep e saltare a bordo. Pena rimanere nel deserto, da soli. Come è successo a Fikirte, che aveva pagato duecentocinquanta dollari per quel viaggio, eppure, lì, nel deserto, è stata lasciata per quattordici giorni, prima che i suoi “intermediari” si rifacessero vivi con un altro carico di profughi, provenienti dal Darfur. In tutto quarantacinque persone in una sola macchina, una Land Rover. Poi, arrivati in Libia, per raggiungere Bengasi bisognava pagare ancora. In denaro… o in natura. Fikirte aveva finito i soldi. Porta ancora i segni delle corde che l’hanno stretta per nove giorni, fino ad otturarle le vene e le arterie delle braccia, ancora livide a distanza di anni.
Fin qui le violenze dei trafficanti. Poi quelle della polizia libica. John quasi ride quando Dag gli chiede se l’hanno portato in tribunale. Non ci sono tribunali in Libia. C’è la prigione, a tempo indeterminato. E in prigione può succedere che in un giorno solo arrivano centoquaranta persone, come è successo a Dawit, che non aveva neanche lo spazio per distendere le gambe. La prigione dove Tsegaye racconta che i poliziotti li registravano a schiaffoni, che erano sporchi e gli veniva data solo una bottiglia d’acqua a testa per ventiquattro ore, con cui dovevano fare tutto: lavarsi, bere e pulirsi dopo i bisogni. Le prigioni dove Tighist ha dovuto buttare la croce che aveva al collo, avrebbe preferito morire ma ha dovuto farlo, facendosi coraggio col pensiero che tanto tutti loro rimanevano cristiani anche se li avessero sbattuti al muro. Ma poi non riusciva a non urlare quando vedeva gli uomini picchiati sulle piante dei piedi e in bocca fino a perdere tutti i denti. E per le donne era anche peggio, come quella che era incinta e il poliziotto le premeva la pancia con un bastone e le diceva “Hai in pancia un ebreo e vai in Italia e poi in Israele per combattere gli arabi”.
Uscire dalla prigione non significa libertà. Significa un container con qualche piccola feritoia, per consentire di respirare a un centinaio di persone chiuse dentro. Direzione Kufrah, sempre in Libia ma verso l’interno, distante da quel mare che separa l’Africa dall’Italia. Un altro viaggio, però indietro. Dopo mesi, per qualcuno anni di carcere. Un viaggio di un giorno e mezzo, di nuovo attraverso il deserto. Senza soste per il bagno, ovviamente. Chi non resiste, può farsela addosso, in piedi perché non c’è modo di sedersi. Senza bere, qualcuno non ce la fa. Qualcuno sviene, qualcuno muore. Qualcuno impazzisce. Si dice che questi container i libici li abbiano avuti dall’Italia, in regalo. Insieme a gommoni, fuoristrada, pullman, coperte di lana, materassi, sacchi per i cadaveri. Ventitré milioni nella finanziaria del 2004, venti nel 2005. Nel 2007 l’Eni si accorda con lo Stato libico per la produzione di gas in Libia per 28 miliardi di dollari in dieci anni. Questi dati scorrono sui primi piani di Fikirte, di Tighist. Rientrano nella politica di cooperazione tra i due Paesi. L’Italia (sia i governi di centrodestra che di centrosinistra) ha finanziato la Libia in cambio di un aiuto nella limitazione dei flussi migratori. Così, per l’Italia a Kufrah c’è uno dei centri per stranieri costruiti grazie al finanziamento italiano, per Dag e gli altri c’è la prigione dove sono stati torturati. Si chiedono com’è possibile che i vertici politici italiani ed europei non lo sappiano. Uno di loro si meraviglia che i giornalisti italiani non vadano a controllare: non sono forse liberi i giornalisti in Italia?
Dopo Kufrah, per chi sopravvive, c’è l’espulsione. Ma è solo una tragica messa in scena. La polizia libica, che dovrebbe scortarli fuori dal Paese, li vende di nuovo agli “intermediari”. Per trenta dinari (17 euro). Così ricomincia la giostra dell’orrore. Per tornare a Tripoli, gli “intermediari” vogliono altri soldi. Avanti e indietro. Qualcuno, come John è stato venduto fino a sei, sette volte, prima di riuscire a imbarcarsi per l’Italia. Ma il viaggio verso il nostro Paese è un’altra storia, la storia della Pinar, per esempio. La permanenza, un’altra ancora: la racconta un bell’articolo del National Geographic di aprile. Ed è una storia di schiavitù, ambientata nelle campagne calabresi, pugliesi, siciliane.
Alla fine del film, Dag dice che non gli piacciono i gatti. Quando era piccolo ha visto la sua gatta che uccideva i più deboli dei suoi cuccioli e lasciava vivere i più forti. Secondo Dag, l’Italia fa così con gli immigrati: se riescono ad arrivare gli concede il diritto d’asilo, ma i più deboli li lascia alla Libia.
Chi avrà la fortuna di vedere Come un uomo sulla Terra si chieda se questi sono uomini, che vengono deportati, torturati, venduti, uccisi. E poi torni a casa, rilegga l’articolo tre e l’articolo dieci della nostra Costituzione e si chieda se siamo cittadini italiani, noi che vediamo in Dag, Senait, Mimi, Tighist, Negga, Fikirte, John solo dei clandestini irregolari. Legga l’articolo quattordici della Dichiarazione universale dei diritti umani e si chieda se siamo uomini. Infine ripensi a queste persone vendute per trenta dinari e si chieda se siamo cristiani.

Cancellati gli articoli 3 e 10 della Costituzione

Art. 3.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Chi la fa l'aspetti:
Art. 10.
L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici.
(art. 14 Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo: 1. Ogni individuo ha diritto di cercare e di godere in altri Paesi asilo dalle persecuzioni.2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l'individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.)
...
ho un solo commento da fare: che vergogna!

martedì 5 maggio 2009

Beautiful 3 e poi mi taccio

Mister B. (così lo chiama la Sotis) va nello studio dell'avvocato difensore Vespa (altre volte gli aveva fatto da notaio)...

Chissà se Veronica andrà dal pm Santoro...

Dalla Gruber, Rosy Bindi non vuole speculare su quella parola che nessuno dice perché troppo infamante ma che tutti pensano e alla quale tutti alludono, a cominciare, dice Rosy, dalla moglie. Stessi toni, mi pare dallo spezzone visto su blob, ha avuto Lerner su l'Infedele. Facciano pure. Ma con la tattica dell'allusione secondo me si ottiene l'opposto: l'italiano medio capisce a cosa si vuole alludere, lo ritiene esagerato, e reagisce di conseguenza, cioè schierandosi con il Premier.
Stasera il povero Bondi a Ballarò...l'ho sentito dire che il problema serio è che il Pd candida persone che non sono radicate nel territorio ma che vengono... dalla tv!!!!!!!!!!!! Povero, chi glielo dice che ha invertito gli schieramenti?

lunedì 4 maggio 2009

Beautiful, seconda puntata

Diciamocelo: chi se ne importa dell'accordo della Fiat, del ddl sicurezza, della crisi, del terremoto, ecc. ecc. La notizia è una sola! Quella là. Il gossip dell'anno! Forse del decennio.
Cosa c'è di meglio? Quale altra notizia ci offre l'opportunità di dividerci come sempre in guelfi e ghibellini? Fascisti e comunisti? Maschi e femmine? Conservatori e progressisti? Interisti e milanisti? ... la notizia, quella là.
C'ha ragione lei, gli uomini sono tutti maiali! Macché, c'ha ragione lui, le donne sono tutte isteriche!
Per settimane abbiamo di che discutere e litigare. Al bar, a scuola, a casa, in palestra, in piscina, nel parco, dalla parrucchiera...
...in tv...sui giornali...in Parlamento...(!!)
Già. Forse è questo il punto. In Inghilterra ci sono i giornali scandalistici e i giornali seri, gli show e i programmi d'informazione. In Italia è tutto mescolato. Il bar e le sue chiacchiere sono dovunque.
L'importante è esagerare, trascendere. Soprattutto in tv, direte voi... sì, certo. Ma ancora di più in Parlamento. L'Idv ha fatto un'interrogazione parlamentare per chiedere conto al Governo delle frequentazioni di minorenni da parte del Premier. Si capisce cosa si intende alludere.
Non è un tantino troppo? A me sembra di sì.
La sinistra dice che sono fatti privati, ma poi non resiste ed ecco che sul fondo di oggi l'Unità non perde l'occasione di tacciare di incoerenza un Premier che a parole difende la famiglia, e poi frequenta minorenni; difende la vita, e non esita ad avallare un aborto di sette mesi.
Non è un tantino troppo? Non è una speculazione un po' troppo forte? A me sembra di sì.
Sento anche puzza di quel moralismo di sinistra, inflessibile o indulgente a seconda della convenienza.
Tutto ciò fa solo il gioco di quell'uomo arci-italiano, in cui ci identifichiamo un po' tutti (è questo il dramma): le donne ci vedranno il proprio uomo che sono pronte a giustificare per qualche marachella, ché tanto si sa che gli uomini sono così; gli uomini lo giustificheranno perché con tutte quelle donne che ha intorno, beato lui, come può resistere...
E se tradisce lui, posso farlo anche io. E se non paga le tasse lui, allora anche io. E se aggira la legge lui, allora anche io.
Diceva Gaber: Non temo Berlusconi in sé ma Berlusconi in me.
Ecco perché chi lo attacca troppo (il famoso antiberlusconismo) finisce per fare un autogol: perché attacca l'italiano medio, l'arci-italiano, il costume italiano.
Leggendo l'intervista di Ferruccio de Bortoli sul Corriere di oggi, anche io ho pensato "Ma si infondo povero!..." Poi, leggendo l'altra campana, quella di Veronica, riportata da Maria Latella, mi sono detto "Eh no, però, cavolo! Ha aspettato anche troppo a chiedere il divorzio!"
Scorrendo i titoli dei giornali di destra, sono di sinistra; e scorrendo i giornali di sinistra, sono di destra. Ascolto Silvio e sono maschilista; Veronica e sono femminista.
...
Aiuto! Chi sono!!??
Post scriptum. Fra parentesi: Silvio e Veronica non vi sembrano proprio due nomi da telenovela? No, non da Beautiful! Neanche da Dinasty o Dallas (nonostante il mare di quattrini che sono in ballo). Proprio da telenovela. Di quelle sudamericane di una volta, tipo...come si chiamava?...
...ah, sì! Anche i ricchi piangono.
E noi allora?
A noi... non ci resta che piangere.

domenica 3 maggio 2009

Il Signore degli anelli contro Harry Potter

I riferimenti biblici nel Signore degli anelli sono noti. Non a caso è il libro preferito dei ciellini. Anche la saga Harry Potter attinge a simbologie bibliche. Eppure la Chiesa, dall'allora cardinale Ratzinger in giù, lo avversa, ponendolo appena un gradino sotto il grande nemico, Dan Brown. Perchè? Forse per i numerosi rimandi ad altre simbologie, evidentemente pagane, riconducibili al sogno shakesperiano di una notte di mezza estate, ma ancora di più, a mio avviso, alle creature che affollano il mondo rococò di Alexander Poe.
Forse. Ma maghi e folletti non ci sono anche nel Signore degli anelli? E allora?
Mistero. Eppure la simbologia che attinge alla tradizione ebraica e biblica in HP è altrettanto evidente che nel Signore degli anelli. Tempo fa accarezzavo l'idea di studiarla per farne un saggio. Ho dovuto tralasciare per guadagnarmi il pane. La ricerca letteraria è un lusso che in Italia possono concedersi solo pochi privilegiati. Ci penserà qualcuno di loro che può trascorrere la giornata in Biblioteca Nazionale. Io devo lavorare. E grazie a Dio che ho lavoro!
Comunque, al mio ipotetico collega, non sfuggiranno alcuni rimandi che trovo suggeriti nel libro di monsignor Ravasi sull'anima. A pagina 27 cita un commento giudaico al capitolo 34 del Deuteronomio, in cui si "rielabora in modo molto creativo" l'episodio della morte di Mosè, "descritta attraverso un bacio divino che sugge l'anima del famoso condottiero di Israele durante l'esodo dall'Egitto". Questa l'ultima frase del brano citato da Ravasi: "Allora Dio baciò Mosè e prese la sua anima con un bacio sulla bocca."


I potteriani avranno già capito: i Dissennatori!
L'altro rimando che il libro di Ravasi mi suggerisce viene di lì a poco, quando fra i simboli zoomorfi dell'anima ricorda anche quello della cerva, dal Salmo 42: "Come la cerva anela ai corsi d'acqua, così l'anima mia anela a te, o Dio." (cfr. Gianfranco Ravasi, Breve storia dell'anima, Milano, Mondadori, 2003)


Anche qui, i fans di HP avranno richiamato alla mente come me il finale di Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, quando per la prima volta il maghetto evoca il suo patronus, che lo protegge come un angelo custode dai dissennatori. Guarda caso, un cervo.




Beautiful de noantri

Siamo arrivati al dunque, a quanto pare. Lei non può più stare con uno che frequenta le diciottenni. Neanche il fido scudiero, maestro del cucito, questa volta lo può salvare. Quella che per noi è stata subito una buona giustificazione per chiudere un occhio, l'inganno dei giornali di sinistra, evidentemente lei non se l'ha bevuta. Chissà perché. Si può immaginare un dispiacere iniziale, anche lui infondo è umano. Sotto sotto, però, sa che è la sua grande occasione per pareggiare o magari anche vincere contro quello spudorato Sarcò, che, da quando si è messo con Carlà, ha oscurato il suo primato di playboy. Ora che finalmente tornerà libero potrà scegliere. Ci sarà la fila, c'è da scommetterci. Lei sarà diversa dalla cioccolatina, troppo intelligente per volere un bambinone di settant'anni. Poi intelligenti basta. Già dato, grazie. Sicuramente sarà bionda e con gli occhi azzurri, perché a lui piacciono così, col volto d'angelo. Vedere chi delle candidate alle europee è rimasta in sella. Non sarà lei, no. Anche se, chissà...

venerdì 1 maggio 2009

Rassegna di una stampa "parzialmente" libera

Non mi è piaciuto l'articolo di Adriano Sofri su Repubblica di oggi, ed è forse la prima volta che mi accade. Forse non sono abbastanza intelligente da cogliere l'ironia, ma nel suo commento alla vicenda Berlusconi-Lario non ne ho visto traccia, mi è sembrato invece vagamente diffamatorio.
In compenso, ho letto con una certa inquietudine il pezzo di Ettore Livini che coglie l'aspetto economico della questione, troppo privata per non essere pubblica:
La vicenda parallela delle veline escluse è tragicomica come il nostro Paese:
In tutto questo "ciarpame" la penna biforcuta di Travaglio, ovviamente, ci sguazza, mettendo voluttuosamente il dito nella piaga di un'informazione decadente...
...cosa peraltro risaputa in tutto il mondo:

I muretti da saltare

La settimana scorsa ho fatto il giro delle librerie. Cercavo un libro sul razzismo da portare a scuola. Con il programma sono arrivato all'articolo 3 della Costituzione. Cercavo qualcosa che mi parlasse della situazione in Italia. A casa ho conservato le riviste di alcuni mesi fa, quando era scoppiato lo scandalo per la decisione del governo di prendere le impronte digitali ai Rom e di obbligare i medici alla denuncia dei clandestini. Fu Famiglia Cristiana a schierarsi in modo particolare contro questi provvedimenti, non esitando a chiamarli razzisti.
Si tratta però di notizie datate, e non voglio portare in classe giornali estremisti... come Famiglia Cristiana!
Scherzo, ovviamente. Insomma, cercavo un libro. Un titolo, a dire il vero, ce l'avevo. Qualche giorno prima avevo visto di sfuggita in tv la presentazione di un libro intitolato Bianco. Non avevo fatto in tempo a segnarmi l'autore o la casa editrice, mi era rimasta solo impressa la copertina bianca, non a caso. Con questi pochi dati avrei dovuto chiedere l'aiuto del commesso, ma non lo faccio mai, perciò, naturalmente, non l'ho trovato e mi sono molto infastidito. Durante la ricerca, fra gli scaffali della Feltrinelli ho però notato un settore dedicato al razzismo. Non mi ci sono soffermato più di tanto perché non c'era nessun libro con la copertina bianca. Una volta però fallito il piano A, ho deciso di tornare lì per cercare un'alternativa. La mia attenzione era già stata catturata da un libriccino intitolato Il muretto. Sottotitolo: Storie di ordinaria convivenza tra italiani e immigrati. Donzelli editore.
Ho pensato subito che fosse una buona cosa quella di mostrare ai miei alunni anche gli aspetti positivi della convivenza e i buoni esempi dell'accoglienza. Finora infatti ho mostrato loro solo i tanti episodi di razzismo e discriminazione che affliggono il nostro Paese. Qualcuno ai limiti dell'apartheid. Un esempio su tutti: l'autobus di Foggia per soli immigrati.
Il muretto mi è sembrato il libro giusto, ma non l'ho comprato subito per il prezzo: 15 euro. Per un libro di 170 pagine mi è sembrato troppo. Non troppo in assoluto, troppo per le mie tasche. Uscendo dalla libreria ho però notato un cartello che annunciava uno sconto del 30% su tutti i libri per la giornata dedicata alla Terra. Ovvero, il giorno dopo. Così ho dovuto aspettare solo 24 ore. Sono tornato e l'ho comprato. Ho iniziato a leggerlo con in certo interesse.
Parla di tante cose, Il muretto: del quartiere di Mestre dove i commercianti, italiani e stranieri, si sono riuniti in un comitato per recuperare Via Piave dal degrado, abbellire i negozi, e restituirla ai cittadini; parla della casa di Roma che ospita nell'anonimato le donne strappate alla violenza dei loro mariti, o dei loro magnaccia; delle scuole del Trullo, quartiere di Roma, dove la densità scolastica dei bambini immigrati (i nuovi italiani, come li chiama l'autrice) ha sollecitato la fantasia didattica degli insegnanti; della storia d'amore tra una napoletana e un senegalese; dei bagni pubblici di via Agliè a Torino, luogo d'incontro per tante culture diverse.
C'è poi un capitolo che mi ha interessato molto. Ricostruisce la vicenda del muro di Padova, che tanto scandalo aveva destato nei giornali di tutto il mondo. Si era parlato di un nuovo muro di Berlino. Sono rimasto sorpreso nello scoprire che la storia ha un lieto fine, e che non è solo una vicenda buia di degrado e discriminazione, ma anche un episodio positivo di politica dell'integrazione, pur con tutte le difficoltà e i compromessi del caso (il muro non è un muro, serve per frenare lo spaccio, ma c'è).
Insomma, un libro molto bello e anche scritto bene. Quest'ultimo aspetto mi ha indotto, dopo le prime pagine a fare caso al nome di chi l'ha scritto, che, chissà come mai, non avevo preso in considerazione, attirato com'ero dall'argomento.
Solo dopo l'acquisto ho scoperto che lo ha scritto Livia Turco. Mi ha fatto piacere, da un lato, vedere un politico che "si sporca le mani", va nei posti, parla con la gente, vuole conoscere di persona le realtà sulle quali dovrà poi legiferare. Dall'altro lato, ha accresciuto la mia nostalgia per quel primo governo Prodi (non il secondo), che aveva nelle sue file ben due futuri Presidenti della Repubblica, Ciampi e Napolitano. Altri tempi, altro spessore culturale.
«Maher è un giovane tunisino di ventisei anni, testa rasata, italiano fluente, con accento padovano. [...] Maher si è laureato a Tunisi in letteratura italiana con una tesi sul nostro medioevo, ha fatto un master presso la Facoltà di Lettere all'Università di Padova sulla presenza del cristianesimo nel Corano. Ora segue un dottorato di tre anni dedicato alla diffusione della cultura italiana nel mondo arabo. [...] Maher parla con la tranquilla sicurezza della persona che sa di essere al servizio degli altri e di una causa in cui crede. "Durante la campagna contro la moschea, la Lega promosse una singolare manifestazione portandoci i maiali qui davanti al nostro luogo di preghiera. La manifestazione era capeggiata da una parlamentare. La guardai e le dissi grazie, se volete noi i maiali ve li alleviamo, come già stanno facendo tanti nostri fratelli nelle vostre cascine, ma non li mangiamo e continueremo a non mangiarli. Quando mi si dice che sono ignorante perché non parlo veneto, rispondo che siccome parlo già quattro lingue imparerò anche la quinta, il veneto." [...] "È pochissimo quello che la destra e la sinistra fanno per gli immigrati in questo paese. Il pensiero occidentale prevede il riconoscimento pieno dei diritti della persona e la dignità umana come valore universale. Però a volte i vostri comportamenti contraddicono questi principi. Mi auguro che l'Occidente non faccia l'errore che fecero gli arabi dopo il loro splendore quando si arroccarono in se stessi. Mi auguro che l'Occidente non si chiuda in se stesso. Obama ci fa ben sperare. Noi comunque siamo qui, amiamo l'Italia, stiamo facendo la nostra parte e la faremo ancora."» (Livia Turco, Il muretto, Roma, Donzelli Editore, 2009, pp. 119, 125)
Consiglio a tutti di leggere Il muretto. È una buona lettura e insegna tante cose.