martedì 26 febbraio 2008

va be', interrompo momentaneamente lo sciopero, ma non ditelo a nessuno...

Per festeggiare l'arrivo di Mattia, interrompo lo sciopero. Pubblico l'incipit di un racconto che presenterò in questi giorni a un concorso letterario. Non so se si può o se funziona come a San Remo e mi squalificano prima ancora di partecipare. Perciò acqua in bocca!
Ultima cosa: se lei mi autorizza, questo racconto è dedicato


a Elena, che ha scelto la vita

L'ARNO, ANNA, I SOGNI, LA LUNA

La sera, cala dalle oreficerie un mantello d’oro che si posa e veste di luce l’Arno, proprio sotto Ponte Vecchio; o forse, è una polvere di stelle, che Dio manda al morir del Sole, perché la notte non nasconda lo spettacolo dell’arte agli innamorati. Anna ed io venivamo qui, sul ponte Santa Trinita, per vedere rinnovarsi il miracolo della nostra unione, chiusa nel cerchio perfetto delle fedi nuziali, che parevano attingere dall’acqua un poco di quell’oro, per risplendere più vive nelle nostre giornate di gioia del pane quotidiano. Ma ora che Anna non c’è più, ora che il dolce lume non fiere li occhi suoi, questo stesso spettacolo, un tempo dilettoso e caro, appare, ai miei affetti disperati, molle, come per Saffo la notte placida e il raggio verecondo della Luna cadente, nel suo ultimo dispregiato canto.
Era lei, Anna, a parlarmi di poesia e letteratura. Per me era un mondo sconosciuto e lontano. Quale fosse, il mio mondo, non lo ricordo. Anzi, non lo so più, da quando Anna, dolcezza mia!, se n’è gita, portandosi via il mio nome.
A scuola l’adoravano tutti: i colleghi, i genitori, gli alunni. Sono i miei bambini, diceva. Ed io, mi vergogno ma devo ammetterlo, un po’ ne soffrivo, perché ero geloso… Perché non avevamo mai avuto figli nostri. Abbiamo provato, ma niente. Ora si va dai dottori e trovano loro il modo, ma a quei tempi non stava bene. Se questa è la volontà di Dio… Così dicevamo. Ma perché Dio non ha voluto dare un figlio ad Anna? Non dico a me, ma a lei! Oppure, è proprio a me che non l’ha voluto dare? A lei ha pur dato i “suoi bambini”!

Mi chiamo Melisso. Così ci ho risposto. Fornisca le sue generalità, mi dice. Ho fatto finta che non capivo, ma io lo so cosa sono le generalità. Non ci ho nulla, gli rispondo. Questa è la mia casa. E ci indico il cartone, le buste, e la bottiglia vuota del vino. Se ce n’era ancora te ne offrivo, ci ho detto, e ci ho sorriso. Ma lui mi ha fatto gli occhi cattivi. Nome e cognome, mi dice quell’altro. Io ci sorrido anche a lui. Lo sai il tuo nome? No che non lo so, ci volevo rispondere, ma poi come celo spiegavo? Così ci ho detto il primo nome che mi è venuto in mente, Melisso. Melisso? E che nome sarebbe? E il cognome? Ungaretti, ci ho risposto. Quello cattivo mi ha spinto che manca poco che cado. C’era il muro che mi ha retto, se no cadevo. L’altro parlava con una specie di radio trasmittente. Quando finisce, ci ha detto al cattivo: Dai andiamo, ci chiamano. Lascialo, non vedi che è di fuori? Il cattivo mi ha tenuto gli occhi addosso ancora per un po’ e mi ha detto: Qui non puoi stare, capito? Se quando torno ti ritrovo, ti porto in centrale. E lavati, che puzzi di piscio!

Camminavo, l’altra (o forse dovrei scrivere l’atra?) notte, lungo l’Arno. S’ella è morta, io come son vivo?, mi chiedevo, e non riuscivo a persuadermi. In alto, sopra la chiesa del Carmine, c’era un’unghia sottile di Luna.
[continua...]

Il resto lo potrete leggere se il racconto vincerà e sarà pubblicato.
Sono graditi commenti e in bocca al lupo vari. Quel buon uomo del Piroz, che si rifiuta di leggere il mio blog e per questo non lo sputo se no lo profumo, mi ha già bocciato le citazioni letterarie. A proposito: le sapete individuare? Ce ne sono almeno quattro...

P.S. Non ho la più pallida idea del perché non lo pubblica con gli spazi che voglio io. Mi sa che anche questo blogspot si sta prendendo confidenza...

venerdì 22 febbraio 2008

Sciopero

Tutti leggono e nessuno commenta.







Entro in sciopero.

giovedì 21 febbraio 2008

Sogni e delitti

Per vivere al di sopra delle proprie possibilità, per mantenere un tenore di vita alto, superiore a quello degli altri, se non si è disposti a negoziarlo, bisogna essere pronti anche ad uccidere. Per essere disposti ad uccidere, non bisogna mai porsi la domanda: «E se Dio esistesse?». Chi si pone questa domanda, magari racchiudendola in una cornice ovale con la Creazione di Adamo del Giudizio Universale di Michelangelo e mettendola sul comodino della camera da letto, è perduto. Già il solo porsi la domanda implica una messa in discussione della propria esistenza, della propria condotta, del proprio passato. Ma chi vuole vivere meglio degli altri, cavalcare la tigre del lusso, non può guardare al passato, perché nel passato c’è sempre qualcosa che bisogna dimenticare, che nessuno deve sapere. Ci sono le proprie responsabilità. Perciò, bisogna guardare sempre avanti, al futuro; e il futuro è un eterno presente: «Adesso è sempre adesso». Per avere successo nella vita, per vivere la vita dei sogni, non bisogna mai confessare, nemmeno a se stessi, i propri delitti, né chiedere perdono. Perché non c’è nessuno a cui chiedere perdono. Non c’è nessun Dio, nessun Grande Inquisitore, ma solo il caso, o meglio, la fortuna. La fortuna che ti mette in mano una scala reale di cuori, e subito dopo una coppia di donne. Ma, come si dice, la fortuna è cieca, non vede quello che fa, perciò è irresponsabile, nel senso di esente da responsabilità. Come disse la Natura leopardiana all’Islandese: «Quando io vi offendo in qualunque modo e con qual si sia mezzo, io non me n’avveggo, se non rarissime volte: come, ordinariamente, se io vi diletto o vi benefico, io non lo so; e non ho fatto, come credete voi, quelle tali cose, o non fo quelle tali azioni, per dilettarvi o giovarvi.»
Nell’altra vita, non ci sono delitti, ma neanche sogni. Nell’altra vita si lavora al ristorante dalla mattina alla sera, tutti i giorni, per mesi, per anni. Si mangia il pane del sudore del proprio volto. È una vita in cui ci sono dei limiti, delle regole, delle responsabilità. In una parola: c’è l’etica; e, in un’altra, la famiglia, che ugualmente pone dei vincoli morali: i vincoli di sangue. Di là, nel mondo degli affari, del business, delle barche e delle macchine sportive, anche il vincolo di sangue obbliga fino a un certo punto. Vale di più la famiglia o il proprio tenore di vita? Nel mondo dei sogni (in realtà forieri di sventure, come le profezie di Cassandra) e dei delitti, vale di più il secondo. Allora la famiglia, se c’è, è quella tragica di Giasone, che prima conquista il vello d’oro, poi è disposto a ripudiare la moglie davanti al trono di Creonte; e di Medea, che sacrifica i figli sull’altare della vendetta.
L’ultimo film di Woody Allen, Cassandra’s dream (Sogni e delitti, nella versione italiana), chiude una doppia trilogia: quella geograficamente “londinese”, trattandosi del terzo e ultimo film girato a Londra, dopo Match Point e Scoop; e quella tematicamente “dostoevskijana” del delitto e castigo, inaugurata nel 1989 con uno dei suoi film migliori, Crimini e misfatti, e “bissata” nel 2005 da Match Point. Rispetto a questi ultimi, Sogni e delitti è certamente inferiore. Tuttavia possiede delle peculiarità che non autorizzano a parlare di film già visto o di ripetitività del regista newyorkese. Prendendo in prestito gli strumenti critici di Michael Bachtin, Match Point è omofonico, laddove Crimini e misfatti è polifonico. Sogni e delitti rimane invece a metà strada, limitando la “polifonia” a tre personaggi principali, che incarnano però, a ben vedere, visioni della vita non abbastanza divergenti per essere considerate diverse, se non per sfumature. Che poi Allen affidi a Terry (il personaggio interpretato da Colin Farrell) l’atteggiamento psicologico più vicino al suo, quello di chi ancora qualche scrupolo di coscienza se lo pone, è confermato dalle ripetute dichiarazioni del regista, che, per altro, non perde occasione per ribadire la sua meraviglia ogni qualvolta un suo film ha successo, come se si trattasse meramente di un caso, di uno scherzo del destino, di una mano fortunata a poker. Risalire da ciò all’aspetto nevrotico che vi è sotteso (nevrosi del personaggio e dell’autore), è un attimo, ma pertiene più al registro del saggio che a quello della recensione. Inoltre, la tentazione di compiere tale lettura psicoanalitica è troppo forte e troppo scopertamente tesa a indirizzare il discorso critico verso il saggio di Freud del 1927, Dostoevskij e il parricidio, per non far sorgere il dubbio che sia una “trappola” ordita dall’astuto e ossessivamente nevrotico regista. Per non caderci, allora, sarà sufficiente accennare alle considerazioni freudiane sul Fato come tarda proiezione paterna, o sul gioco d’azzardo come modo del nevrotico di crearsi un sostituto palpabile del senso di colpa edipico, attraverso l’accumulazione del debito; in altre parole, come modo per punirsi. Sogni e delitti, dunque, è più dalle parti dei Fratelli Karamazov che di Delitto e castigo, non solo per la tematica “familiare” dell’intreccio, ma per la continuità della diegesi, che Allen rende il più possibile asciutta ed essenziale, senza stacchi repentini di montaggio.



lunedì 18 febbraio 2008

Non ci sono più i comunisti di una volta!




Programma di video musicali, oggi pomeriggio. Il giovinastro che conduce, col suo ciuffo impomatato, legge in diretta una mail appena giunta: "Cercando l’impossibile, l’uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo." Ce lo scrive Bakunin. Bella questa cosa, grazie Bakunin! Scrivici ancora!




Stamattina, in classe. Spiego la Rivoluzione russa: Uno dei leader del partito bolscevico era Vladimir... La classe in coro: LUXURIA!

domenica 17 febbraio 2008

Ricordati di santificare le feste

Il buon Carlo Magno, da quasi analfabeta che era, aveva capito il valore della cultura. Essendosi accorto che le invasioni barbariche avevano provocato un regresso culturale, in particolare in seno al clero, che spesso non era più in grado di capire o addirittura di leggere i testi sacri, scritti in latino, aveva disposto che presso ogni monastero o vescovado sorgesse una scuola, per fornire l'istruzione necessaria ai futuri monaci e sacerdoti.

Col tempo i riusultati ci furono (d'altronde, quando Carlo Magno si metteva in testa una cosa...). Nel corso dei secoli nacquero nuovi ordini religiosi, che presto acquisirono la fama di essere molto dotti. Per esempio l'ordine maggiore dei domenicani aveva progressivamente scelto di concentrarsi sullo studio, lasciando alla corrente minore degli "osservanti" il compito di seguire alla lettera la regola di San Domenico, dedicandosi alla predicazione e alla cura delle anime. Non che con questo si realizzasse una separazione tra studiosi e predicatori, intellettuali e sempliciotti. Basti pensare che uno di questi frati osservanti, Giovanni (al secolo, XV, Guido di Piero), riuscì nel corso della sua vita a realizzare un'opera complessiva, fatta di quadri, affreschi, miniature, che un filosofo protestante, Hegel, definirà "insuperata per la profondità della concezione". Alla sua morte, per le sue qualità morali, venne accostato agli angeli, con l'appellativo di Angelico, e per le sue doti artistiche fu giustamente considerato Beato.

Oggi, seconda domenica di Quaresima, si celebra la Trasfigurazione di Gesù. Concetto assai difficile. Chi me la può spiegare? Bisogna trovare qualcuno che ne sappia: un dottore in teologia, un filosofo... Idea: andiamo a sentire la messa dai domenicani!

Prima lettura: Abramo...
Se leggete i primi capitoli della Genesi, vedete che è tutto un allontanarsi da Dio: prima caccia Adamo ed Eva, poi punisce Caino... Poi Noè, va beh, poverino, lui doveva salvarlo!... Poi dopo Noè gli uomini continuano a fare del male, un po' come quando metti i conigli tutti dentro una scatola, che iniziano a picchiarsi, così gli uomini... Ma Dio capisce, cioè...come quelle madri che a voglia dare botte ai bambini, se continuo finisce che lo distruggo! Allora ci parlano coi figli... Così Dio capisce che a voglia malmenare gli uomini, e Adamo e Caino e Noè..., bisogna parlarci! E allora Abramo.

Ma che cacchio sta dicendo??!! Roba da matti! Peccato che sia capitato questo qui. Se ci fosse stato quell'altro, che sembra Leopoldo Mastelloni, ma almeno, ogni tanto ci azzecca! Va beh, pace, è andata così. Mi devo ricordare di non venire più a quest'ora. Anzi, potrei uscire adesso. Se mi sbrigo, alle undici c'è la messa di là, nell'altra basilica... No, meglio di no. Alle undici c'è sempre quel prete che quella volta ha detto che la famiglia è come il collant di una donna: se si smaglia anche solo un po', poi la smagliatura cresce ed è da buttare; e così i matrimoni finiscono! Oppure quando ha detto, durante la funzione delle ceneri, che la conversione è come quella che si fa con la macchina, ad "u"; e che il peccato è trasgredire le regole, come quando posteggi in doppia fila. Meglio di no. Però potrei andare da lui a fare ripetizione per l'esame della patente! Niente. Andrò stasera, alle sette, lì nella chiesa solita, ché almeno ci sono un po' di giovani, perché il parroco è responsabile della pastorale universitaria, se non erro. Qui sono tutti vecchi, a parte quei quattro filippini e quelle due africane. Si, meglio se esco da qui e vado a messa stasera. Certo che è brutto uscire prima! E poi c'ho questo accidenti di sacrestano che si è messo proprio dietro di me (che sono all'ultimo banco, vicino all'uscita) per bloccare tutti i turisti che entrano. Appena vede una macchina fotografica, li caccia via, facendo più baccano lui dei turisti. Non solo: come se non bastasse, risponde alle invocazioni con una voce che si sente fino all'altare. Mi sta strombando le orecchie! Si, vado stasera, in quell'altra chiesa... Certo però che anche lì... c'è quel prete giovane, lampadato, che si fa le sopracciglia, e che l'altra volta delle Beatitudini aveva capito che i cattolici sono oggi in minoranza e perseguitati, perché la morale dominante è quella del sesso, delle veline... e poi si è messo a raccontare che qualche giorno prima un suo "amico" lo aveva invitato a uno spettacolo teatrale, e lui era lì, in prima fila, e lo spettacolo era osceno e blasfemo, perché metteva in scena un cristo non so come... Ah, già! E quella volta che se l'è presa con un barbone, che è entrato in chiesa durante la messa e si è messo in fondo, a parlare da solo? Lui dal microfono dell'altare, visibilmente infastidito, ha detto: Vedete, cari cristiani, la Chiesa accoglie proprio tutti! ...Fate questo in memoria di me. Siamo già all'Elevazione? Opss...mi sono perso l'Offertorio! Il Padre nostro l'ha già detto? No, quello è dopo, meno male. Non mi devo distrarre più, se no che ci sono venuto a fare? Certo che non sarebbe male, visto che sono qui, andare dopo a vedermi il Beato Angelico. Lui sì che aveva capito la prospettiva, altro che ultimo pittore del Medioevo! Era già nel Rinascimento! Fossi a Madrid, potrei vedere la Pala del Prado!

Riguardo alla prospettiva... mi ricordo di quella discussione sulla messa in latino. Lei mi diceva che era un ritorno al Medioevo, quando la Chiesa imponeva il suo potere sulle masse incolte attraverso la lingua dotta; io sostenevo che il senso del rito era un altro: il celebrante di spalle perché i fedeli non guardassero lui, ma fissassero la loro attenzione (il De pictura: la prospettiva frontale dell'Alberti!) sul Santissimo. Ecco! È quello che ci vorrebbe ora: che il prete si girasse, così potrei recuperare la concentrazione. A proposito, a che punto siamo? ...la messa è finita, andate in pace.

venerdì 15 febbraio 2008

NUGELLAE PER SAN FAUSTINO

Rovistando tra vecchi quaderni di appunti, ho trovato una cosa che mi ha fatto tenerezza: quattro pagine in cui un giovane me stesso alternava, un po' per gioco e un po' per mettersi alla prova, una poesia di Saba e una di Caproni con due poesie sue proprie. Ora, come diceva De André nella famosa intervista, citando Croce, chi scrive poesie dopo i 18 anni o è un poeta o è un cretino. Siccome io non appartengo alla prima categoria ma rivendico l'affiliazione alla seconda, ho deciso di pubblicare il tutto qui nel blog. Non me ne voglia il lettore di metrica esperto! Consideri la sincerità di un giovane studente che cerca di mettere in rima le avventure storiche del suo animo, pensando di riporle in un cassetto e mai più rivederle!




Che diresti di me, dopo tanti anni,
anima cara, se tornassi al mondo?
Anche il luogo natio mutato è tanto!
Ti riconosceresti, io credo, appena.
Rancor mi serbi come a uno spergiuro
d'aver protratta senza te la vita?
M'hai perdonata quella che t'infersi
- oh giovanezza! - amorosa ferita?



misogino autunno

Argine di rami stecchito,
diaframma d'orizzonte,
immagine pronta dell'utile
lontananza. Parvenza
futile: le tue acque
nessuno più le rompe.
Ricostruiresti il ponte
derelitto al ventre tuo vicino?
La donna torna sempre
e l'assassino sul luogo
del delitto!
1/2001



Quelle impalpabili voci
clarinescenti...
Quei neri
occhi azzurri...
L'azzurro
di quei loro occhi neri
inesistenti? - d'acqua
e d'ossidiana.
Ne ho perso il nome...
Angeli? Messaggeri
senza messaggio nel vuoto
dell'inesistere?




Amore 4 stagioni


Al sole di questa primavera
divertita, ti scrivo la mia lettera
a matita. Versi grigi
come i cieli di Parigi,
ingenui e tersi,
come amori di un'estate.

Verrà il tempo senza rima
a cancellare tutto ciò che ora ti piace,
quando il manto della neve
adamantina (e anche il vento
inesorabilmente)
tace?
7/2/2001


Impressionante quanto sono belle le poesie di Saba e Caproni e quanto fanno schifo le mie! Già all'epoca, lo dico a mia discolpa, me ne rendevo conto. Per questo le avevo abbandonate. Mi sembravano ingenue. Il guaio è che ora, dopo sette anni, caro San Faustino, non mi sembrano più così ingenue. Anzi...


P. S. Misogino autunno è ispirata a questo quadro di Alfred Sisley - L'île de la Grande-Jatte (1873):



Partite truccate

Firenze. Alle cinque del pomeriggio, in un normale giorno feriale, un centinaio di persone si ritrovano accalcate nella sala grande della libreria Feltrinelli, in via de' Cerretani. Non stanno aspettando una rockstar, ma Marco Travaglio. Anche a me è arrivato un sms: C'è Travaglio alla Feltrinelli, e ho mollato i libri e sono andato a sentire. In realtà c'è anche Peter Gomez, ma non importa a nessuno, o almeno così pare. La signora che lo presenta lo chiama Peter e non Piter, come dovrebbe pronunciarsi il suo nome; e quando annuncia che dovrà andare via prima per un impegno, qualcuno accanto a me commenta: Allora poteva anche non venire, così sentivamo direttamente Travaglio. I due giornalisti presentano il loro ultimo libro sulle magagne italiane. Anzi, no. Gomez presenta il libro: attacca a parlare per primo, diretto, conciso, elencando gli argomenti caldi delle 900 pagine e passa del loro lavoro. Bustarelle, bustine, cartoni di latte (Parmalat)... Trentacinque minuti e una media di uno scandalo al minuto. Finisce, e il microfono passa a Travaglio. Brusio di attesa repressa. Là dove Gomez era piegato in avanti, ad aggredire il microfono, Travaglio è stravaccato, parla più lentamente del collega, usa sapientemente le pause, è ironico, dice la parolaccia e la battuta che strappa l'applauso... Parla della puntata di Anno Zero della sera prima, di Mastella, di Cuffaro... All'uscita dalla libreria, parlando con gli amici, mi viene da commentare non tanto il contenuto delle sue parole (sono d'accordo con lui su quasi tutto, ma lo sapevo già prima di venire), quanto sulle diverse tecniche di comunicazione: Non vi sembra che solo Gomez ha presentato il libro, mentre Travaglio ha fatto altro? Non ha forse fatto... un comizio? Ecco che, pur essendo d'accordo con lui, non posso fare a meno di notare come la popolarità lo stia trasformando in qualcos'altro. Una cosa simile mi sembra sia accaduta a Grillo. C'è qualcosa in Italia che trasforma i comici, i giornalisti...in politici? Aiuto!!



A parte gli scherzi, Grillo e Travaglio facciano icché vogliono, e se c'è un vuoto in politica da riempire, che lo riempia chi vuole. Siamo in democrazia. Ma ecco che mi è venuta una riflessione.
Quando ho aperto questo blog e mi sono arrivati tanti commenti, tutti così belli e lusinghieri, mi sono subito montato la testa. Ho ceduto alla tentazione di pubblicare un post tipo questo, in cui filosofeggio, dicendo la mia su un argomento qualsiasi, tra quelli di mio interesse, ovviamente. In altre parole di "grillizzare" il blog, anziché usarlo per le recensioni.
Potrei parlare di qualsiasi cosa: dagli "aiutini" all'inter, al confronto tra il "prossimo" di Sofri e quello di Ratzinger. In effetti è elettrizzante manifestare le proprie idee e vedere che hanno un riscontro positivo nelle altre persone. Però mi sono subito spaventato, perché ne ho percepito il pericolo. Da quando insegno ai bambini delle scuole medie, se c'è una cosa che ho imparato è quanto sia sottile il confine tra formare le coscienze e manipolarle. Quando in terza spiego certi argomenti, i problemi dell'ambiente, della fame nel mondo, della guerra, mi sento in dovere di far sviluppare ai bambini una coscienza civica, di farli ragionare, di fare in modo che possano farsi un'idea loro sulla base dei dati oggettivi. Eppure percepisco anche quanto sia facile portarli dalla mia parte, convincerli, fargli vedere le cose come le vedo io. La cosa, lo confesso, mi terrorizza. Se lo facessi, anziché uomini liberi, formerei uomini schiavi. Da adulti non avrebbero i mezzi per difendersi dal plagio mentale di chi ha una personalità più forte della loro. E se qualcuno sta pensando che un adulto non si fa plagiare facilmente, lo invito a venire con me in classe la prossima settimana, per aiutarmi a spiegare il nazismo...
Ma ora basta con i comizi! Sarebbe tempo che si parlasse di cinema su questo blog! Dovrei postare la recensione sull'ultimo film di Woody Allen. È già pronta, ma prima voglio aspettare che me la pubblichino sul giornale. Allora, per rinfrescarvi la memoria, pubblico quella che ho scritto due anni fa su Match Point, che è opportuno rivedere prima di Sogni e delitti. Buona lettura!


MATCH POINT
Chris Wilton, giovane tennista irlandese, dopo aver abbandonato l’agonismo, si trasferisce a Londra. Inizialmente si mantiene facendo lezioni di tennis in un circolo molto esclusivo. Qui fa amicizia con Tom Hewett (Matthew Goode), suo allievo e rampollo dell’alta società londinese. Quando Chris sposa Chloe (Emily Mortimer), sorella di Tom, e ottiene dal suocero un posto di prestigio nell’alta finanza, sembra che nessuno possa più frenare la sua scalata sociale. Solo lui può rovinare tutto. Come? Per esempio innamorandosi di Nola Rice (Scarlett Johansson), sensuale attricetta americana, fidanzata (poi ex) di Tom.
«Chi disse preferisco avere fortuna che talento, percepì l’essenza della vita. La gente ha paura di ammettere quanto conti la fortuna nella vita. Terrorizza pensare che sia così fuori controllo. A volte in una partita la palla colpisce il nastro, e per un attimo può andare oltre o tornare indietro. Con un po’ di fortuna va oltre, e allora si vince. Oppure no, e allora si perde». Non è l’inizio di un romanzo ma il prologo dell’ultimo film di Woody Allen, Match Point. Nella patria del torneo di Wimbledon, il regista newyorkese mette in scena la partita della vita, facendo leva sulla valenza simbolica della pallina che colpisce il nastro e, per un lunghissimo istante, rimane indecisa se cadere al di là oppure al di qua. Per Allen è la metafora del fattore “caso” nella vita degli uomini. L’esplicito riferimento dell’intertesto a Dostoevskij ha indotto la critica a parlare, parafrasando il titolo del famoso romanzo, di “delitto senza castigo”. Il tema non è nuovo per Woody Allen, che nel libro-intervista di Stig Björkman, Io, Woody e Allen. Un regista si racconta, descrivendo il protagonista di Crimini e misfatti, spiegava così la sua personale visione del mondo: «Noi viviamo in un mondo in cui non c’è nessuno a punirti, se non ti punisci da solo. Judah è una persona che quando deve, fa ciò che gli conviene. E la fa franca! E dopo, probabilmente, conduce una vita meravigliosa. Se non sceglie di punirsi, allora se l’è cavata. È proprio come la conversazione durante la cena in casa dei genitori di Judah, quando si parla dei nazisti. Noi abbiamo avuto la fortuna di vincere la guerra. Ma se non l’avessimo vinta, la storia sarebbe stata scritta in maniera diversa». A distanza di sedici anni (Crimini e misfatti è del 1989), Allen non ha cambiato opinione. Anzi, sembra che col tempo il suo pessimismo si sia radicalizzato. Per fare un solo esempio, in Crimini e misfatti viene dato spazio anche alla fede “cieca” del rabbino Ben, mentre in Match Point manca un contradditorio alla filosofia nichilista, o forse, più precisamente, “caospolitica” del protagonista, che ricalca quella del regista. Sono illuminanti le parole spese da Allen, sempre nell’intervista resa a Stig Björkman: «Ci creiamo un mondo falso, e ci viviamo dentro […] ci creiamo un mondo che in effetti non significa nulla. È privo di significato. Ma è importante che noi ce lo creiamo, un qualche significato, dal momento che un significato oggettivo, percettibile, non esiste per nessuno». Si confrontino queste parole con quelle del protagonista del film: «Sarebbe appropriato se io venissi preso e punito. Almeno ci sarebbe un qualche piccolo segno di giustizia. Una qualche piccola quantità di speranza di un possibile significato».
In una lettera a M. Katkov del settembre 1865, citata da Cesare G. De Michelis nella sua introduzione a Delitto e castigo, Dostoevskij afferma: «La pena giuridica comminata per un delitto spaventa il delinquente assai meno di quanto pensino i legislatori, perché è lui stesso che moralmente la vuole». Dunque, secondo De Michelis, «la società commina una “pena” che il reo accoglie come “castigo”, dando luogo a una sorta di rapporto chiasmatico col parallelo tra “giustizia Divina e legge terrena”». Anche Raskòl’nikov era convinto che la ragione stesse dalla parte dei vincitori: «“La mia coscienza è tranquilla. Certo, è stato commesso un delitto penale; certo, la lettera della legge è stata violata ed è stato versato del sangue, allora, prendete la mia testa per la legge interpretata alla lettera…e fatela finita! Certo, in questo caso però anche molti benefattori dell’umanità che non hanno avuto il potere in eredità, e che anzi se lo sono preso, avrebbero dovuto venire giustiziati ai loro primi passi. Ma quelli hanno retto i loro passi, e pertanto loro hanno ragione, mentre io no e dunque non avevo il diritto di permettermi quel passo.” Ecco l’unica cosa in cui ammetteva che consistesse il suo delitto: solo nel fatto di non aver retto e di essersi costituito». Ma poi Raskòl’nikov si converte ed è “risuscitato” dall’amore. Chris Wilton non si converte, è ateo e tale rimane; razionalizza il suo senso di colpa fino a farlo acquietare del tutto. In lui il rapporto chiasmatico tra giustizia terrena e giustizia divina si realizza in negativo, nel sussumere dall’assenza della prima l’assenza anche della seconda. Ma la giustizia che Chris considera è soltanto quella retributiva; così il Dio che nega, o che, per restare nella metafora sportiva, sconfigge, non è il Dio cristiano di Raskòl’nikov (Woody Allen ha dichiarato di riferirsi sempre e solo alla religione ebraica, perché è l’unica che conosce), ma piuttosto il Dio veterotestamentario degli amici di Giobbe, che giudica con un criterio meramente retributivo, e non secondo misericordia.
Interrogato da Björkman sulla sua fede, Woody Allen ha risposto: «Ritengo che nella migliore delle ipotesi l’universo sia indifferente. Nella migliore delle ipotesi! Hannah Arendt ha parlato della banalità del male. Anche l’universo è banale. E poiché è banale, è malvagio. Non è diabolicamente malvagio. È malvagio nella sua banalità. La sua indifferenza è malvagia. […] Per me l’indifferenza equivale alla malvagità».

lunedì 4 febbraio 2008

Andando per mostre...





In questi giorni, a Firenze, è possibile visitare due mostre spendendo solo cinque euro. A Palazzo Medici Riccardi sono esposti cinquanta quadri di Ottone Rosai e una decina di sculture di Francesco Ciusa. Ora, chi mi conosce un pochino sa che non potevo resistere alla tentazione! Lo studio di Rosai in cima alla salita del Forte Belvedere è da sempre una delle mete preferite delle mie passeggiate domenicali. C'è chi ancora mi odia per quella volta che mi sono fatto accompagnare fino al Piazzale Michelangelo (dove poi si è messo a piovere!). I quadri dedicati da Rosai a quelle vie strette, Via di San Leonardo (ma anche via Toscanella, qui nella foto) mi emozionano sempre. Mi vengono in mente i pomeriggi a casa Bigongiari, quando, nelle pause di un lungo e faticoso lavoro di schedatura, alzavo lo sguardo e potevo ammirare da vicino i quadri di Rosai appesi alle pareti della biblioteca. Devo ammettere che mi sentivo proprio un privilegiato (per non parlare dei quadri del Seicento fiorentino, disseminati nella casa, i due Hartung, i fiori di Morandi nella sala al primo piano, i Morlotti nell'anticamera della stanza da letto della signora, il carboncino di Balthus nel salotto...e chi più ne ha più ne metta!).




Per quanto riguarda Ciusa, beh... devo dire che fa un certo effetto vedere La madre dell'ucciso appollaiata su una pedana, ospite dei Medici nella saletta a sinistra della limonaia. Che ci fa quella tzia per noi sardi così familiare in questa città istranza? ...direi che l'effetto è appunto straniante... Personalmente io non riesco a vederla che nella chiesetta di Santa Croce a Nuoro. L'emozione però rimane. Come vedere una parente che ti è venuta a trovare a Firenze, portando con sè i valori della nostra terra, che sono scritti nei nostri geni: il valore del silenzio e del dolore, per esempio, portati con dignità da quelle labbra serrate e aggrinzite, a riprendere simmetricamente le rughe dell'arcata sopracciliare. Del silenzio che vale più delle mille parole dette con leggerezza e che, allo stesso tempo, dà valore a quelle poche che si sceglie di pronunciare, magari nella sentenziosità e concisione del nostro dialetto. Ecco...la sensazione che ho avuto è che quella scultura parlasse in sardo. Non credo che i fiorentini, e men che meno i turisti stranieri, possano capirla.




Una volta dentro il palazzo che fu di Lorenzo il Magnifico e di Cosimo I, e poi dal Seicento dei marchesi Riccardi, merita fare una rampa di scale e andare a vedere la cappella di Michelozzo affrescata nel 1459 da Benozzo Gozzoli con L'andata dei Magi a Betlemme. Quello che colpisce, quando si entra nello spazio angusto della cappella, è anzitutto la vividezza dei colori. Poi, il movimento di queste figure che si dirigono in processione verso la Natività, copia della tavola di Filippo Lippi, ora a Berlino. Confesso che mi è venuto anche un pensiero triviale: nel vedere raffigurate nell'affresco tutta una serie di personalità dell'epoca (dai Medici allo stesso Gozzoli, al papa, ai banchieri amici dei Medici, ecc.), ho pensato a un equivalente contemporaneo. Cioè ho immaginato che oggi in una pittura del genere ci sarebbero Prodi, Berlusconi, Benedetto XVI, Montezemolo... e non ho potuto fare a meno di commentare che l'affresco all'epoca doveva essere una "truzzata"!

Ma la cosa più figa di tutte, che vale da sola i cinque euro del biglietto, è la rivisitazione virtuale che si può fare della cappella. Al piano terra infatti hanno allestito una sala con due grandi schermi e una serie di apparecchiature: il visitatore si mette in piedi davanti allo schermo che riproduce l'affresco, sotto una specie di casco della parrucchiera, e può, semplicemente puntando il dito, ingrandire il particolare dell'opera che gli interessa. Contemporaneamente parte l'audio con la spiegazione. Bellissimo e divertentissimo. Vale la pena provare!


Ultimo consiglio e poi basta, se no questo post diventa lunghissimo. A pochi chilometri da Firenze, a Pontassieve, sono esposte una trentina di opere di Guttuso. Anche queste vale la pena vederle. Primo, perché è gratis e si spende solo per il biglietto del treno. Secondo, perché i quadri sono belli (anche se devo dire che io mi porto dietro il ricordo soprattutto di uno solo, I pescatori in riposo, che ho trovato molto "pasoliniano"). Terzo, perché Pontassieve è un bel paese. A questo proposito, suggerisco a chi abbia intenzione di andarci una gita domenicale, magari quando smette quest'accidenti di pioggia, in primavera. La mostra dura fino a marzo ed è in via Tanzini, vicino alla stazione. All'uscita da lì c'è una bella piazzetta (Vittorio Emanuele, se non sbaglio) con la chiesa, e a sinistra la porta con l'orologio. Alle coppiette suggerisco di proseguire in giù fino alla Sieve, per una romantica passeggiatina mano nella mano...(quanto sono diabetico, sto proprio invecchiando!)

domenica 3 febbraio 2008

Ciao e benvenuti!

Il tre febbraio di due anni fa
che dura ancora, dentro.
Il ricordo vivo del tuo parlare
onesto. E il nostro inquieto
veleggiare senza l’albero maestro.



Questo è il primo post che pubblico su blogspot. Siccome non è una data qualunque, ho scelto di ricordare mio padre. Ho un altro blog all'indirizzo marcellomoretti.blog.kataweb.it Ho deciso di abbandonarlo perché non mi riesce di fargli fare quello che voglio. Credo che abbia una volontà sua propria che gli fa pubblicare i testi e le immagini come vuole lui e non come voglio io. Questo blogspot mi sembra più malleabile e più facile da usare. Comunque, chi fosse interessato ai miei vecchi post, che riguardano soprattutto recensioni cinematografiche, non ha che da visitarlo. Naturalmente mi auguro che chiunque capiti su questo blog lasci un commento. Nell'altro li lasciava solo mia mamma!