lunedì 21 giugno 2010

400esimo post, o della cecità intellettuale


Mi dispiace dover dedicare il 400esimo post alla morte di José Saramago. È stato uno scrittore che ho amato molto. Di lui ho letto Tutti i nomi, La caverna, L'uomo duplicato, Saggio sulla lucidità, L'anno della morte di Ricardo Reis e, soprattutto, Cecità.

Scrivo "soprattutto" non solo perché ho letto Cecità più di una volta (penso tre...) ma perché lo ritengo un capolavoro, uno dei più bei romanzi del Novecento. Non sono un critico letterario, la mia è l'opinione di un lettore, neanche troppo vorace. Cecità è stato uno di quei libri che, appena finito, mi ha invogliato a leggere ancora, a nutrirmi immediatamente di nuovo di letteratura, come la ciliegia che ne chiama un'altra. Ricordo perfettamente che dopo averlo terminato la prima volta ho pensato: "Questo è il più bel libro che ho mai letto". Perciò, l'ho consigliato e l'ho regalato molto.

Ho letto anche il "necrologio" che l'"Osservatore romano" ha dedicato a Saramago, a firma Claudio Toscani (http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/text.html#12). È una sorta di anatema, che si chiude così:
"Saramago è stato dunque un uomo e un intellettuale di nessuna ammissione metafisica, fino all'ultimo inchiodato in una sua pervicace fiducia nel materialismo storico, alias marxismo. Lucidamente autocollocatosi dalla parte della zizzania nell'evangelico campo di grano, si dichiarava insonne al solo pensiero delle crociate, o dell'inquisizione, dimenticando il ricordo dei gulag, delle "purghe", dei genocidi, dei samizdat culturali e religiosi."

Lo trovo un giudizio miope, per non dire affetto da "cecità" intellettuale. Capisco che Il Vangelo secondo Gesù Cristo possa essere spiaciuto in ambiente ecclesiastico. Io stesso non l'ho letto, volutamente, per timore che urtasse la mia sensibilità. Tuttavia, non si può disconoscere l'alto valore culturale dell'opera di Saramago.

Il suo "peccato" è stato prendersela con Dio, se interpreto bene le parole di Toscani:
"Un populista estremistico come lui, che si era fatto carico del perché del male nel mondo, avrebbe dovuto anzitutto investire del problema tutte le storte strutture umane, da storico-politiche a socio-economiche, invece di saltare al per altro aborrito piano metafisico e incolpare, fin troppo comodamente e a parte ogni altra considerazione, un Dio in cui non aveva mai creduto, per via della Sua onnipotenza, della Sua onniscienza, della Sua onniveggenza."

Bene, se l'è presa con Dio. E allora? Davvero Toscani crede che Dio, l'Onnipotente, che ha sconfitto la morte, ha resistito alle tentazioni di Satana, ha afffrontato il Sinedrio e il processo davanti a Pilato, abbia bisogno di un avvocato difensore per difendersi dalle critiche di una Sua creatura?

Soprattutto, Saramago è stato forse il solo a rivolgere le sue critiche e lamentazioni così in alto? Cosa ne pensa l' "Osservatore romano" di Giobbe? O di Leopardi?

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