mercoledì 30 giugno 2010

la verità è una condanna


Già hanno cominciato a dirci che è un'assoluzione e invece è una condanna.

Perciò, tappiamoci le orecchie. Limitiamoci a leggere il capo d'imputazione per cui il senatore Dell'Utri è stato condannato. Rabbrividiamo e soprattutto ricordiamocelo quando saremo chiamati a votare.

Marcello Dell'Utri ha "concorso nelle attività dell'associazione di tipo mafioso denominata "Cosa Nostra", nonché nel perseguimento degli scopi della stessa. Mette a disposizione dell'associazione l'influenza e il potere della sua posizione di esponente del mondo finanziario e imprenditoriale, nonché le relazioni intessute nel corso della sua attività. Partecipa in questo modo al mantenimento, al rafforzamento e all'espansione dell'associazione. Così ad esempio, partecipa personalmente a incontri con esponenti anche di vertice di Cosa Nostra, nel corso dei quali vengono discusse condotte funzionali agli interessi dell'organizzazione. Intrattiene rapporti continuativi con l'associazione per delinquere tramite numerosi esponenti di rilievo del sodalizio criminale, tra i quali Stefano Bontate, Girolamo Teresi, Ignazio Pullarà, Giovanbattista Pullarà, Vittorio Mangano, Gaetano Cinà, Giuseppe Di Napoli, Pietro Di Napoli, Raffaele Ganci, Salvatore Riina. Provvede a ricoverare latitanti appartenenti alla detta organizzazione. Pone a disposizione dei suddetti esponenti di Cosa Nostra le conoscenze acquisite presso il sistema economico italiano e siciliano. Rafforza la potenzialità criminale dell'organizzazione in quanto, tra l'altro, determina nei capi di Cosa Nostra la consapevolezza della responsabilità di Dell'Utri a porre in essere (in varie forme e modi, anche mediati) condotte volte a influenzare - a vantaggio dell'associazione - individui operanti nel mondo istituzionale, imprenditoriale e finanziario. Reato commesso in Palermo (luogo di costituzione e centro operativo di Cosa Nostra), Milano e altre località, da epoca imprecisata sino al 28.9.1982".

Qui potete anche ascoltare l'audio delle telefonate che Dell'Utri faceva con il boss Tanino Cinà:
http://palermo.repubblica.it/cronaca/2009/12/10/news/quando_il_boss_cin_telefonava_a_dell_utri-3382062/?ref=HREA-1

Quello che mi spaventa di più, però, non sono queste cose in sé, ma il fatto che il conoscerli da parte dell'opinione pubblica non provoca alcuna riprovazione morale e una conseguente reazione con tutti i mezzi democratici di protesta di cui si dispone. Prevarrà invece un atteggiamento di rassegnazione. Siamo inseriti in un sistema mafioso, stiamo rinunciando piano piano ai nostri dirittti costituzionali, senza battere ciglio. Come se nulla fosse.

Siamo come la rana del documentario di Al Gore:



La differenza è che nessuno verrà a salvarci. Ci dobbiamo salvare da soli.

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