lunedì 6 aprile 2009

Lo sceriffo e il cronista dilettante

Lo conosco, lui. Lo vedo quasi tutti i giorni. Fa parte di quel gruppetto di balordi che chiede l'elemosina di fronte all'Edison. Qualche volta li trovi anche dietro la stazione, con le facce peste dal vino e da chissà cos'altro. Dalla vita. Lui mi è rimasto impresso perché ha l'accento sardo. L'amico suo invece dev'essere napoletano. Da qualche giorno ha un taglio sul naso. Un pugno, sicuramente.

Lo vedo in piazza della Repubblica, di fronte alla Rinascente. Intorno a lui alcune persone, una in divisa. Polizia municipale.

Ma non è lui che ho riconosciuto per primo. Il mio sguardo è stato attratto da una di quelle persone attorno a lui. No, non quella in divisa. Quella col cappotto verde. Non c'è dubbio, è Cioni, l'assessore alla sicurezza sociale della giunta Domenici. Quello al centro dell'attenzione mediatica, prima per l'ordinanza anti-lavavetri, poi per essere stato inquisito per corruzione, nell'inchiesta sugli appalti urbanistici nell'aria di Castello, in cui è implicato anche Ligresti.

Eccolo lì. L'assessore sceriffo, come l'ha definito la stampa, con due guardaspalle e una poliziotta che prendono i documenti al balordo. Chissà che avrà fatto. Per terra c'è un cartone, quelli su cui in genere si scrive "Ho fame". Ma questo è un po' più grande, forse di quelli dove si dorme.

Lui, il sardo, piange. Farfuglia qualcosa che non capisco. Il naso gli sanguina ancora. Forse ha rubato, chissà. Ma la cittadinanza non deve temere, c'è chi veglia su di lei!

Lo portano via. Lo sceriffo se ne va, portando con sè il cartone. Che sia una prova del delitto? Lo seguo con lo sguardo. E' entrato in un vicolo dietro la Rinascente. Mi sporgo per vedere e lo sceriffo è lì. Sta tornando indietro. Mi vede, ma io distolgo subito lo sguardo, facendo finta di niente.

Prima ho anche scattato qualche foto con il cellulare, ma temo che non si possano pubblicare. Un tempo si poteva in luogo pubblico. Ora no, senza l'autorizzazione del soggetto fotografato. Anzi, credo che non si possa neanche scattare la foto. Non ne sono sicuro, ma ignorantia legis non excusat. Perciò le cancello. Erano anche venute male. Magari come giornalista me la cavo, ma come paparazzo faccio pena.

Nel frattempo, lo sceriffo si è girato. Segue con lo sguardo due senegalesi che lo hanno appena incrociato. Loro ridono e anche lui. Meno male, credevo che ce l'avesse con me. Temevo che mi avesse notato mentre scattavo.

"Ora arresta anche me. Infondo sono sardo anch'io!". Mentre lo penso, lui si gira di nuovo. Si è fermato. Mi sembra proprio che guardi nella mia direzione. Gli sarò distante una ventina di metri. Per precauzione guardo da un'altra parte. Sto parlando al cellulare, quindi posso fingere di essere un normale cittadino che telefona. Poi mi volto di nuovo. Lo sceriffo e i guardaspalle hanno ripreso a camminare. Riprendo l'inseguimento. Una decina di passi e si volta di nuovo verso di me. Sono ancora al telefono. Per la seconda volta giro i tacchi, ma adesso deciso ad andare via. Invece gironzolo un po' nella piazza. Alla fine mi ritrovo i tre cowboy davanti. Non mi ero accorto di essere vicino all'auto blu...pardon, nera. Aiuto.

Ma lo sceriffo non mi sta guardando. Paranoia inutile. Probabilmente non mi aveva neanche notato. Chissà chi mi credevo di essere, un giornalista vero?

Torno a casa. Ripenso all'accaduto. In piazza della Repubblica c'era anche uno di quegli ambulanti che dipingono acquerelli. Anche lui osservava la scena dell'arresto. A un tratto ha gridato: "Bravo Sciòni!". Però rideva. Il tono era canzonatorio.

Se questa è la sinistra...

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