sabato 13 giugno 2009

Uomini che odiano le donne - recensione


Non si trova nei manuali di teoria della letteratura, né nell’opera omnia di Genette, ma il best seller fa parte ormai da decenni del mondo letterario. La sua importanza è cresciuta esponenzialmente insieme alla dittatura dell’economia di mercato, e in maniera inversamente proporzionale al progressivo declino della critica letteraria. Con l’acclarata estinzione di quest’ultima, potremmo dire che il “libro che vende meglio” è a tutti gli effetti il genere letterario più importante, nell’ottica di un sistema economico che giudica il profitto come il primo dei valori. Anche il caso letterario, non è più tale perché sperimenta un linguaggio nuovo, un nuovo stile narrativo (d’altronde, morto l’ultimo critico, chi potrebbe certificarlo?), ma perché inaspettatamente vende!
Col tempo, il best seller, ha acquisito caratteristiche ben precise, di genere appunto, ma anche di sistema. Intrigo, violenza, sesso, azione, sono solo alcuni dei suoi ingredienti principali, tanto importanti quanto la sua traducibilità in sequenze cinematografiche. Il linguaggio del best seller, il montaggio, devono essere già cinematografici. Perché il libro non si vende solo in libreria, ma anche (soprattutto?) al cinema. Diventa best il libro che, oltre alle copie stampate, vende anche i diritti ai produttori cinematografici, e quindi le ristampe ad hoc nei giorni della proiezione. Nei supermercati dei libri (non è più il caso di parlare di librerie, estinte insieme alla critica suddetta), già da tempo, accanto allo scaffale dei libri sul cinema, ce n’è uno apposito di libri al cinema.
Non è detto, tuttavia, che questo nuovo genere escluda a priori la letteratura. Si pensi, in Italia, al Nome della rosa, o il più recente La solitudine dei numeri primi, prossimamente nelle sale. In una società consumistica, può essere di consumo anche la letteratura. Ma è un caso più raro e non implica che debba esserlo per forza, tutt’altro.
Avviene più di frequente che i best sellers non assurgano ad opere letterarie, ma rimangano nell’alveo di un onesto artigianato, più funzionale che artistico. Funzionale all’intrattenimento (altra parola chiave della nostra società depressa) più che all’elevazione culturale.
Uomini che odiano le donne, primo volume della Millennium trilogy, scritto dallo svedese Stieg Larsson, è l’ultimo dei best sellers da cui è stato tratto un film. È stato presentato come caso letterario, non solo perché inaspettatamente ha venduto milioni di copie in tutto il mondo, ma anche perché il suo autore è scomparso prematuramente; e si sa che la morte prematura crea il mito, suscitando l’interesse generale: da Marilyn Monroe a James Dean, da Grace Kelly a Heath Ledger, da Ofelia a Teresa Fattorini.
Il merito di Stieg Larsson è stato quello di aggiungere qualche ingrediente supplementare a quelli base del thriller di successo. In Uomini che odiano le donne c’è azione, intrigo, violenza, sesso, ma anche un pizzico di analisi sociologica, con toni di denuncia sociale. Non solo l’immancabile killer, dunque, chissà perché sempre seriale, ma anche la saga familiare dei Vanger. Attraverso la storia dei magnati industriali, Larsson traccia un profilo della società svedese diverso dall’immagine convenzionale che di solito si ha della stessa: alta, capelli biondi e welfare state. La sua eroina, Lisbeth Salander, straordinario personaggio subito amato dai lettori, è tutt’altro che bionda: piccola, nera, con tatuaggi e piercing. Hacker professionista, è soprattutto cattiva, ma solo se provocata dagli uomini che odiano le donne. Nella finzione cinematografica ha assunto il volto di Noomi Rapace, attrice danese autodidatta, venuta dal nulla come Lisbeth, e anche lei destinata con la sua interpretazione ad imprimersi a lungo nell’immaginario collettivo. Meno espressivo il suo partner, Michael Nyqvist, nei panni del giornalista d’assalto Mikael Blomkvist. Il regista, Niels Arden Oplev, ha reso bene, nel complesso, la trama già cinematografica di Larsson, senza però spunti di particolare pregio. Forse apprezzerà maggiormente il film chi non ha letto il libro, ed è perciò ignaro dei colpi di scena. Per i cultori della trilogia di Larsson si tratterà solo di un compitino, svolto senza infamia e senza lode, in attesa di prove migliori per i due libri che restano da vedere al cinema.

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