venerdì 25 dicembre 2009

Natale in stazione

Riassumendo: più di due ore in piedi fino all'una di notte, che non se ne poteva più, la mia gente, l'attesa, della nascita o dell'evento?, il treno che parte e non bisogna sostare sulla linea gialla, la vita che nasce senza copula, cioè il soffio di vita dello Spirito, che è anche quindi nella comunità di persone che amano senza appunto copulare, lì dove si posa la stella cometa, lì da dove perciò è difficile andare via, soprattutto se contro la propria volontà, il microfono che si sente solo a tratti, La strada di Gaber all'ingresso e Il pescatore di De Andrè all'offertorio, le preghiere dei fedeli scritte nei post-it, la stretta di mano dal Padre nostro alla pace, il barbone alla chitarra e le zingare in platea, il nero musulmano carcerato che dà la comunione, Maria e Giuseppe coppia irregolare, perché lei era sposa (=fidanzata), non moglie, la fede vissuta religiosamente uccide la fede, il giornalista che stenografa, il fotografo che fotografa, la tv, il Natale scomodo di don Tonino Bello, incarnarsi che vuol dire non vergognarsi di quello che si è, stare in mezzo agli altri, e non giudicare senza prima conoscere, la preghiera a Gesù che andava contro la gerarchia, religiosa e politica e ne ha ricavato la croce...

...partendo dall'inizio: il segno della croce significa iniziare nel nome dell'altro da sé. Chi? Il senza tetto, dice uno. La giustizia, dice l'altro. E chi è senza lavoro, e chi spende la sua vita per gli altri, eccetera eccetera.

Teologia più impegno sociale. O, magari, teologia=impegno sociale. L'onestà intellettuale di chi crede in quello che fa. Personalismo? Sì, forse. Attaccamento fideistico al leader? Chissà. E però un pastore a cui hanno tolto le sue pecore. Un padre a cui hanno tolto i figli. Il diritto di esistere. Di esserci. Di vivere. Di amare.

Tutto ciò è stata la messa di Natale di don Santoro, celebrata alla stazione di Santa Maria Novella.

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