martedì 6 gennaio 2009

Epifania. Oggi è la festa di tutti i bambini, soprattutto di quelli a cui qualcuno vuol fare la festa.

Caro diario del 2009,
oggi per tutti i nostri bambini è la festa della Befana, o anche dell'Happyfania Kinder & Ferrero. Quindi un giorno di felicità, perché in inglese "happy" vuol dire felice. I nostri bambini l'inglese lo sanno perché lo studiano già alle elementari, non come noi della scorsa generazione che l'inglese non lo sappiamo né lo sapremo mai. Noi che ancora scriviamo "Epifania", traducendo sbagliato dall'inglese. Noi che non sappiamo cosa vuol dire.

Oggi, caro diario del 2009, sono andato a messa. Ormai ci vado "a chiamata", cioè quando mi sento chiamato. E stamattina mi sono svegliato con una grande voglia di andarci. Ho scelto la chiesa dei gesuiti perché so che lì trovo una predica decente. Di tutto avevo bisogno fuorché di un pretastro che mi rovinasse tutto con un pistolotto morale di venti minuti condito in salsa di ovvietà, banalità e madornali errori teologici. Con i gesuiti vado abbastanza sul sicuro. E infatti non mi sono sbagliato. Pensa, caro diariuccio, che ho scoperto che la parola "Epifania" non deriva dall'inglese "Happyfania" e, sebbene abbia che fare con la felicità, si traduce invece con "manifestazione". La manifestazione della gloria di Dio, ha detto il prete. A dire il vero, io lo sapevo già e sapevo che in questo giorno solenne si ricorda l'episodio evangelico della venuta dei Magi.

Non mi ero mai soffermato però sul termine "gloria". Cos'è la gloria di Dio? Il prete ne ha dato una duplice accezione: la prima, quella che conoscevo anch'io, richiama lo splendore, e quindi il tema della luce, anticipato già nella prima lettura da Isaia e ripreso dalla evangelica stella cometa; l'altro, che non conoscevo, chiama in causa l'"universalità". L'universalità di Dio, che si manifesta appunto a tutte le genti (ancora Isaia e la diversa estrazione geografico-culturale dei Magi).

Mentre il prete (teologo esperto di bioetica, sull'insegnamento di Teilhard de Chardin) si sofferma sull'adorazione dei Magi come simbolo della scienza che, sapendo di non sapere, contempla il mistero, io rimugino un po' su questa universalità. Il Bambino che è tutti i bambini. Allo stesso tempo però è anche un bambino particolare. Voglio dire, geograficamente, è un bambino nato in Palestina; storicamente, è invece un bambino che qualcuno (Erode) voleva uccidere. Dunque, un bambino palestinese che rischia di essere ucciso.

Oggi, caro diario del 2009, Dio si manifesta in quei bambini palestinesi che rischiano di essere uccisi. Più che nei nostri che scartano felici i Kinder Ferrero.

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