giovedì 23 ottobre 2008

1938-2008: L'ITALIA RAZZISTA

Nel 2008 si celebrano i sessant'anni della Costituzione, ma c'è un altro compleanno: il Manifesto della razza compie settant'anni!! Giustamente in Italia è stato ampiamente celebrato: impronte digitali ai Rom, crani spaccati ai ladruncoli negri, mitragliate di kalashnikov, permesso a punti, cori allo stadio... e ora finalmente anche le classi-ghetto!! Bene! Fa piacere vedere che l'Italia in settant'anni si è conservata salda nei suoi sani principi e non ha ceduto alle sirene "terzomondiste" e "pacifiste" di certi ambienti cattolici e laici. È consolante constatare che da allora non ha fatto passi avanti e, se li ha fatti, ha capito l'errore e ora è pronta a tornare indietro e rinverdire i fasti del mitico 1938 con le sue leggi razziali! Rileggiamoli allora quei dieci punti di cui tutti noi andiamo orgogliosi: 1) LE RAZZE UMANE ESISTONO 2) ESISTONO GRANDI RAZZE E PICCOLE RAZZE 3) IL CONCETTO DI RAZZA È CONCETTO PURAMENTE BIOLOGICO 4) LA POPOLAZIONE DELL'ITALIA ATTUALE È NELLA MAGGIORANZA DI ORIGINE ARIANA E LA SUA CIVILTÀ ARIANA 5) È UNA LEGGENDA L'APPORTO DI MASSE INGENTI DI UOMINI IN TEMPI STORICI 6) ESISTE ORMAI UNA PURA "RAZZA ITALIANA" 7) È TEMPO CHE GLI ITALIANI SI PROCLAMINO FRANCAMENTE RAZZISTI 8) È NECESSARIO FARE UNA NETTA DISTINZIONE FRA I MEDITERRANEI D'EUROPA (OCCIDENTALI) DA UNA PARTE E GLI ORIENTALI E GLI AFRICANI DALL'ALTRA 9) GLI EBREI NON APPARTENGONO ALLA RAZZA ITALIANA 10) I CARATTERI FISICI E PSICOLOGICI PURAMENTE EUROPEI DEGLI ITALIANI NON DEVONO ESSERE ALTERATI IN NESSUN MODO.

Che belle parole! Vero? Non fa piacere anche a voi sapere che questi valori sono ancora vivi in mezzo a noi?



Scusate, ma è dall'inizio dell'anno che accumulo rabbia per i continui episodi di razzismo che come un cancro si stanno diffondendo nel nostro amato Paese. Non ne posso più di sentire dei politici che vanno in televisione a difendere le loro posizioni chiaramente razziste con distinguo che suonano ancora più sinistri perché quantomai ipocriti. L'altro giorno proprio non ce l'ho fatta a vedere ospite di Lerner il leghista Cota. Lo confesso: appena ho visto la sua faccia, ho cambiato canale. Se da un lato apprezzo la volontà di Lerner di dialogare con tutti, dall'altro io mi sono scoperto intollerante: dare la parola ai vari Borghezio, Gentilini e quant'altro mi sembra gli attribuisca una patente di credibilità, li avvalori come interlocutori civili, quando le posizioni che sostengono sono del tutto incivili. Se fossi giornalista televisivo, io non li intervisterei mai, neanche per criticarli. Lo so, esagero. Però sento che è giunto il momento di tirare fuori il coraggio dell'intransigenza di fronte a una deriva razzista, o razzismo di ritorno, che pavento per la nostra società. Bisogna avere il coraggio di dire basta!

Ieri a scuola ho cercato di spiegare la bellezza insita nel progetto dell'Unione Europea. Ho detto ai ragazzi che la volontà di unirsi è nata sulle ceneri della seconda guerra mondiale, e sulla presa di coscienza dell'immane tragedia della guerra. Ho cercato di farli riflettere sulla bellezza della conoscenza reciproca delle tradizioni locali, sulla positività della libera circolazione delle persone nei paesi dell'Unione. Non so come, a un certo punto sono venuti fuori gli zingari e si è scatenato l'inferno: sono sudici! puzzano! rubano! i bambini mangiano per terra! a mio zio gli hanno rubato il portafoglio! a mia nonna la borsetta!! fanno schifo! ma perché non vanno a lavorare! ecc. ecc. ecc.

Ho toccato con mano il tasso di regressione culturale della nostra società, nel suo punto più vitale: le giovani generazioni. I miei alunni sono troppo piccoli per esprimere compiutamente il loro pensiero, quindi quello che dicono è in gran parte mutuato dai discorsi che sentono a casa. Purtroppo oggi rischiano di sentirli anche alla televisione.

Per fortuna qualche giornale che ha il coraggio di dire pane al pane e vino al vino c'è, e mi fa piacere costatare che sia Famiglia cristiana, io che sono spesso così critico nei confronti della Chiesa, di cui pur continuo a fare parte. Perciò pubblico l'articolo che troverete nell'ultimo numero e sul sito della rivista:

RISPOSTE SBAGLIATE A PROBLEMI REALI DI INSERIMENTO DEGLI STRANIERI SI DICE "CLASSI PONTE"LEGGASI "CLASSI GHETTO"

Per il ministro Gelmini le "classi di inserimento" per bambini immigrati «non sono un problema di razzismo, ma un problema didattico». Per Alessandra Mussolini, presidente della Commissione parlamentare per l'infanzia, sono «un provvedimento di stampo razzista».

La Lega cavalca l’onda e va all’arrembaggio dell’immigrato. La "fantasia padana" non ha più limiti, né pudore. Prima le impronte ai rom, poi il permesso a punti e i 200 euro per il rinnovo, poi l’impedimento dei ricongiungimenti familiari, e ora una mozione, avanzata a sera tardi in Parlamento, per le classi differenziali, col pretesto di insegnare l’italiano agli stranieri. Il problema dell’inserimento degli stranieri a scuola è reale, ma le risposte sono "criptorazziste", non di integrazione.
Chi pensa a uno "sviluppo separato" in Italia, sappia che quel concetto in altra lingua si chiama "apartheid", andata in scena in Sudafrica per molti anni: autobus, cinema e scuole separati. L’onorevole Casini ha parlato di proposta vergognosa: «Di questo passo, andrà a finire che ai bambini delle classi separate cuciranno sul vestito la lettera "i" come immigrato». E il Secolo d’Italia, quotidiano di An, nel tentativo di frenare la Lega, ha scritto: "Scordatevi l’apartheid".
La questione dell’italiano è solo una scusa. Tutti sanno che le cosiddette "classi di inserimento" non sono efficaci. I risultati migliori si ottengono con classi ordinarie e con ore settimanali di insegnamento della lingua. In Italia questo, in parte, avviene. Lo prevedono le "Linee guida" (2006) dell’allora ministro Moratti per l’accoglienza degli alunni immigrati, approvate anche dalla Lega. C’è un progetto che prevede un finanziamento di 5 milioni di euro per insegnare tre diversi livelli di lingua italiana. Il Governo potrebbe rispolverarlo e far cadere (per amor di patria) la prima "mozione razziale" approvata dal Parlamento italiano. Oppure, guardare a esperienze come a Firenze dove un pulmino passa a prendere i bambini stranieri a scuola, li porta ai corsi d’italiano e poi li riporta in classe.
La mozione, poi, va letta fino in fondo. Prevede che i bambini immigrati, oltre alla lingua italiana, debbano apprendere il «rispetto di tradizioni territoriali e regionali», della «diversità morale e della cultura religiosa del Paese accogliente», il «sostegno alla vita democratica» e la «comprensione dei diritti e dei doveri». Qualcuno sa dire come spiegarlo a un bambino di 5-6 anni, che deve ancora apprendere l’italiano?
Se l’integrazione è un bene (tutti la vogliono), dev’essere interattiva. E allora, perché non insegniamo agli alunni italiani il rispetto delle "tradizioni territoriali e regionali" degli immigrati? Ha detto bene il cardinale Scola: «I buoni educatori devono saper favorire l’integrazione tra le culture, che è una ricchezza per tutti». Il rischio, altrimenti, è una società spaccata in due, di cui una con meno diritti dell’altra.
Alle difficoltà reali si risponde con proposte adeguate, come s’è fatto col maestro di sostegno. In Italia non abbiamo più classi speciali per portatori di handicap, ci sono scuole dove sordi e muti stanno insieme a chi parla e sente. La mozione approvata dal Parlamento fa scivolare pericolosamente la scuola verso la segregazione e la discriminazione. Si dice "classi ponte", ma si legge "classi ghetto".
Negli anni Sessanta, quando bambini napoletani, calabresi o siciliani andavano a scuola a Novara, nessuno s’è sognato di metterli in una "classe differenziale" perché imparassero italiano, usi e tradizioni del Nord, né di far loro dei test d’ingresso. Perché ora ci pensa il novarese Cota?

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