venerdì 24 ottobre 2008

La parola alla sorella

Ospito volentieri sul blog il parere della psicologa di casa sul tema delle classi differenziali...

Sono completamente d'accordo con l’arrabbiatura.

Le classi differenziali, o comunque le si voglia chiamare, semplicemente NON STANNO IN PIEDI. Mi permetto di dirlo con la sicurezza di chi da 10 anni si occupa di inserimento scolastico e alfabetizzazione in lingua italiana di alunni stranieri.

Non stanno in piedi prima di tutto da un punto di vista organizzativo. Classi per stranieri ma…per quali stranieri? I cinesi? gli albanesi? i macedoni? gli albanesi di lingua macedone o i macedoni di lingua albanese? Nazionalità plurime, lingue madri radicalmente diverse fra loro e dalla nostra lingua, percorsi di scolarizzazione pregressa (e relativi apprendimenti) variegati.

Come affrontare da un punto di vista organizzativo e didattico questa immensa (e preziosa, e faticosa, ovviamente) eterogeneità? A chi affidare l'insegnamento? Quanto tempo prevedere per la "decompressione", ossia prima di traghettare i malcapitati dal purgatorio alla meta finale (inferno o paradiso?...mah).

Qualsiasi testo sull'argomento (che evidentemente non è stato consultato prima di fare la proposta) dice, senza ombra di dubbio, che l'apprendimento della "lingua colloquiale" (quella funzionale alle relazioni e alla "sopravvivenza") richiede almeno 2 anni, vissuti preferibilmente IN UN CONTESTO DI IMMERSIONE. E ben peggio va per la lingua dello studio, quella che ci permette cioè di apprendere le discipline, che necessita di 5 o addirittura di 7 anni di pratica.... Traete le dovute conclusioni.

La seconda questione è che, ancora una volta, le politiche sull'immigrazione si traducono in un "mettiamoci 'na pezza", atteggiamento emblematico del rifiuto a considerare il fenomeno come stabile, irreversibile, strutturale. Sarebbe come dire: non ci siamo ancora rassegnati al fatto che oggi il 13/16% della popolazione in età di obbligo scolastico non è italiana né italofona (si tratta di una media, in alcuni contesti l’incidenza supera il 50%) e che questo trend non è destinato a decrescere, anzi...

Una società di fatto multiculturale (da ormai 30 anni, alla faccia di chi parla di "fenomeno recente" o di “emergenza attuale”, puri falsi storici!) non può che ripensare se stessa, ripensare i propri sistemi sociali, adeguandoli alle nuove caratteristiche di chi ne può e ne deve fruire.

I diritti di cittadinanza iniziano con il libero accesso ai servizi (non commento neanche la proposta di non iscrizione per chi arriva dopo il 3° mese dall'inizio dell'anno scolastico, pura follia) e continuano con la messa a disposizione di risorse che garantiscano una reale possibilità di fruizione degli stessi. E queste risorse non vanno inventate ex novo, già esistono, già funzionano, si tratta di dare loro continuità, senza tenerle sempre sospese al filo sottilissimo dei finanziamenti a termine, autentica spada di Damocle che pende sulla testa di noi che “lavoriamo sul campo”.

Non c’è nessuna retorica e nessun buonismo: la mediazione linguistico-culturale nei percorsi di prima e seconda accoglienza, il supporto educativo e psicologico agli adolescenti in difficoltà, la formazione dei genitori e degli insegnanti, i laboratori di L2 ad “entrata e uscita”, l’uso di materiali plurilingue e di unità didattiche semplificate: ecco alcuni degli strumenti possibili e già attualmente praticati.

Se si vogliono fare riforme perché non si parte dal potenziare l’esistente?! Perché non si consultano (come in qualsiasi altro ambito) tecnici e specialisti in materia???

Se volete avere qualche esempio di “buona prassi” esportabile (noi siamo ben felici se qualcuno trae spunto dalle nostre esperienze) vi invito a consultare, ad esempio, il sito della Rete per l’integrazione scolastica degli alunni stranieri di Montebelluna www.scuolaacolori.it, quello della cooperativa “Una casa per l’uomo” www.unacasaperluomo.it, quello del CESTIM di Verona www.cestim.it

L’integrazione non è un prodotto ma un processo lento, che richiede reciprocità, specializzazione (non improvvisazione), costanza e fatica, certamente, ma che può dare e dà grandi risultati. Per tutti noi, non solo per “gli stranieri”, qualsiasi cosa questa parola voglia dire.

Come ha detto qualcuno: “ci aspettavamo braccia e sono arrivati uomini”.


L'unica cosa che posso aggiungere è: vai e spiegaglielo! Quando si eleggono delle capre cosa ci si può aspettare?


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